Seven

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Mi ci erano volute ben due ore prima che riuscissi a digerire le parole di mio fratello, che mi aveva appena detto, tra le righe, che avrebbe potuto premere quel dannato pulsante da un momento all’altro facendo saltare in aria il loro magazzino, senza curarsi ci quante e quali persone ci fossero dentro. In teoria non mi sarebbe dovuto importare neanche a me, anzi, sarei dovuta essere felice di questo nostro piano perfettamente riuscito, invece non riuscivo a non ripensare e lui. Ogni volta che mi convincevo di aver agito correttamente, per il bene della nostra banda, mi veniva in mente il suo viso, e i sensi di colpa mi divoravano.

In teoria non avrei neanche dovuto averli, visto che era colpa sua per tutto ciò che era successo, e mi ricordai anche che probabilmente mi avrebbe ucciso alla prima occasione che gli si sarebbe presentata davanti.

Grugnii girandomi a pancia in sotto, affondando la testa nel cuscino prima di urlare tutta la mia rabbia mentre prendevo a pugni il materasso.

Perché pensavo a Justin? Avrei dovuto avere solo il desiderio di vederlo morto il prima possibile, magari per opera mia, eppure stavo lì a colpevolizzarmi per un qualcosa che invece mi avrebbe dovuto rendere felice.  A questo punto l’unica spiegazione possibile era il fatto che mi piaceva soffrire, che ero solo una povera scema senza speranza, dato che era da ormai due ore che mi tormentavo con questo solito, snervante, stupidissimo pensiero.

Avevo piazzato praticamente delle bombe dentro il  loro magazzino, e quindi?

Non erano i miei nemici? Si che lo erano.

Non dovrei volerli vedere morti, visto che loro lo auguravano a me e a tutti i miei amici? Si, li volevo morti.

Non avrei dovuto odiarli tutti, dal primo all’ultimo? Si, lo facevo.

“no, non Justin”  ribadì mentalmente la mia coscienza, mentre io resistevo all’impulso di sfondarmi la testa con la sedia.

Stavo superando ogni limite, davvero, non potevo considerarmi normale dopo quell’ultima affermazione. Non c’era un motivo, un fottutissimo e logico motivo che mi avrebbe dovuto portare al non odiarlo, nossignore, neanche l’ombra. E allora perché non lo odiavo, preoccupandomi per lui? Scossi la testa frustrata, camminando avanti e indietro per tutta la mia camera come in attesa di una risposta inviatami da qualche salvatore divino. Peccato che queste cose succedono solo nei film.

Sobbalzai quando sentii il mio cellulare vibrare.

Così oltre a matta e psicopatica dovevo aggiungere anche  paranoica? Benissimo Ellen, sempre meglio.

Rimasi in piedi al centro della stanza, guardando il mio telefono con un misto di curiosità e timore, interrogandomi interiormente per capire se leggere o no il messaggio. Dopo una vita, decisi di optare per la prima. Presi un respiro profondo, prendendo il mio telefono in mano mentre lo aprivo velocemente.

Da: Coglione

Se ti chiedessi di venire da una parte con me, cosa diresti?

Okkey, dopo quella mi dovevo veramente ricoverare in un centro psichiatrico. Non poteva  avermi mandato seriamente quel messaggio, doveva essere tutto frutto della mia immaginazione, per forza. Strizzai gli occhi mentre mi pizzicavo il braccio, per poi riaprirli tornando a guardare lo schermo.

Il messaggio era ancora lì, così come il timore dentro di me.

Mi costrinsi a non rispondere, buttando nuovamente il cellulare sulla scrivania, girandomi per guardare il mio letto cercando di resistere all’impulso di rispondergli. Dondolai più volte sui talloni, respirando con calma, quando mi girai di colpo correndo verso il telefono. Lo presi, cominciando a digitare velocemente la risposta.


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