Forty-nine

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Ellen

Rimanemmo a scrutarci per un tempo che mi parve infinito, quando lei si illuminò di un sorriso.

Mi irrigidii sentendo la folle voglia di prendere un coltello e piantarglielo dritto in gola, eppure mi trattenni limitandomi a fulminarla. Non capivo perché invece di essere terrorizzata stesse sorridendo. Pensava forse che non avrei avuto il coraggio di ucciderla? Se era così allora non mi conosceva per niente, non era consapevole di ciò che avrei potuto farle. Nella mia mente contorta si erano già presentati circa cinquanta modi diversi per ucciderla, uno più doloroso dell’altro.

Era un peccato doverne scegliere solo uno quando avrei voluto farglieli provare tutti, uno per uno.

-Hai un carattere molto simile a quello di Justin, ora capisco per quale motivo lui sia attratto da te- disse inclinando la testa da un lato, senza smettere di sorridere.

-Innamorato- la corressi sorridendo a mia volta, mentre incrociavo le braccia davanti al petto.

Lei annuì –E’ lo stesso- mormorò infastidita, mentre io scuotevo la testa –Non è lo stesso. Essere attratti non comporta nessun coinvolgimento emotivo,  a differenza dell’essere innamorati. Per farti un esempio potrei dirti che anni fa Justin era attratto da te, mentre ora è innamorato di me- dissi con cattiveria, mentre lei mi scrutava stringendo le mani in due pugni.

Sapevo di aver toccato il tasto giusto, come sapevo che tra noi due era appena nata una competizione che avevo già vinto in partenza.

-Si vede che il tuo posto è qui. Justin ti vedrà anche come una ragazza dolce, ma secondo me sei solo crudele e anche un pochino sadica. Sembra quasi che provi piacere nel veder soffrire me, o forse gli altri in generale- sputò fuori con rabbia, mentre io mi trattenevo dallo scoppiare a riderle in faccia.

Cos’era quella ragazza, un profeta? Sembrava che volesse cercare il mio punto debole, un tasto dolente, senza sapere che in quei sedici anni ne avevo passate talmente tante da non poter provare nessun tipo di dolore. Quel potere ce lo avevano solo le persone che amavo, loro solo potevano ferirmi e lei non sapeva nulla di me, ne tantomeno era mia amica.

Aveva detto bene dicendo che quello era il mio posto, dopo anni ero arrivata ai livelli di mio fratello e se fossi stata in lei avrei avuto paura nel trovarmi nella mia stessa stanza, da sola.

-Celine- pronunciai il suo nome per poi sospirare e sorridere –Io a differenza tua sono capace di portare testa a tutti qua dentro, partendo da Justin. So benissimo escludere i sentimenti dal lavoro e con i nemici, e fidati che quando questo accade non diventa un bello spettacolo avermi tra i piedi. Quindi ti auguro di non diventare mia nemica. – mi bloccai ammirando la sua espressione contrariata, prima di continuare

–Sai, ora capisco in pieno il motivo per il quale tu servivi qui. Sei bella, sei attraente- le girai intorno per poi fermarmi davanti a lei –Ma sei anche inutile. Non saresti capace di affrontare uno come mio fratello, uno come Justin. La differenza è questa Celine. Io non ho bisogno della protezione di nessuno e tu si. Tu sei debole e io sono forte, quindi non ti conviene insistere con me, sono decisamente fuori dalla tua portata- conclusi sorridendo soddisfatta di me stessa, mentre lei si irrigidiva –sei troppo convinta di te stessa. Scommetto che saprei affrontarti ad armi pari- ribadì lei, ma era palese che non credeva alle sue parole.

Il mio sorriso si allargò –Non vedo l’ora- mormorai mentre lei assottigliava gli occhi.

Rimanemmo a guardarci in cagnesco fino a quando non entrò Derek che ci guardò preoccupato.

-Tutto bene qui?- domandò soffermandosi su di me.

Annuii –Stavamo facendo amicizia.- risposi sorridendo affabilmente –Vero Celine?- chiesi conferma guardandola.

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