Eighteen

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E con mio grande orrore era arrivato il sabato mattina. Mi alzai dal letto leggermente esitante, come se temessi che quello sarebbe stato l’ultimo giorno della mia vita.

Mi sentivo cambiata, sebbene fossi sempre io, me stessa.

Mi guardai allo specchio girando su me stessa, confermando ciò che avevo appena affermato. Non presentavo cambiamenti notabili esteriormente, ma dentro di me sentivo di essere una persona completamente diversa rispetto a un mese fa, quando tutto quello che mi interessava erano i The Cross, il mantenere alto il nostro nome e nient’altro.

Ora era tutto diverso, e il centro del mio mondo si era spostato fino a racchiudere me e quel ragazzo dagli occhi color caramello. Mi sentivo avvolta in una bolla di cristallo, come a proteggere il mio mondo da eventuali aggressioni. Ma quella sera sarei dovuta uscire, e sarei dovuta stare attenta a non farla rompere, perché per quanto fosse belle e brillante, era anche fragile  e delicata.

Con un sospiro mi chiusi nel piccolo bagno, canticchiando sotto il getto caldo della doccia mentre mi godevo il profumo del bagnoschiuma alla vaniglia.

Uscii dopo circa venti minuti, notando con orrore che ero in ritardo, per l’ennesima volta.

Mi vestii in fretta e furia, infilai quattro libri dentro lo zaino per poi guardare rassegnata verso lo specchio.

Ormai ero in ritardo, tanto valeva entrare in grande stile. Passai lucidalabbra e il mascara, prima di tirare fori il phon per asciugare i miei lunghi capelli scuri. una volta completata la mia opera, sorrisi soddisfatta afferrando lo zaino prima di scendere con passo pesante le scale.

-Alla buon’ora- mi prese in giro Dan squadrandomi.

Alzai gli occhi al cielo –ho ripreso da te- ribattei facendogli una linguaccia, mentre lui scuoteva il capo tornando alla sua tazza di cereali fingendosi deluso.

I miei genitori avevano chiamato la sera precedente, tanto per accertarsi che io e mio fratello non avessimo fatto saltare in aria la casa, e ci credettero dopo circa ottanta tentativi di persuasione.

Arrivata a scuola notai i corridoi completamente vuoti, segno che lezioni erano già iniziate da un pezzo. Sarei entrata in seconda ora, così mi poggiai all’armadietto tirando fuori il cellulare.

A: Justin

Ho saltato la prima ora, io si che sono una dura, mica come te.


Inviai il messaggio ridendo soddisfatta.


Da: Justin

Così mi deludi, io ho una fedina penale da rispettare se voglio ottenere una borsa di studio per Oxford.

Non posso credere di averlo scritto davvero

.


Risi leggendo il messaggio, ma prima che potessi rispondere sobbalzai ritrovandomi il vicepreside davanti che mi guardava con aria infuriata.

Ma che palle, possibile che non avesse nulla di meglio da fare?

-Buongiorno anche a lei- salutai sarcasticamente riponendo il mio telefono nella cartella, prima di distogliere lo sguardo sulle mie vans nere.

-Mi spieghi per quale motivo non si trova in aula, signorina Jenksey- disse duramente scrutandomi con quei grandi occhi da gufo.

-sono arrivata in ritardo, quindi entro in seconda ora- risposi evasiva sbuffando senza preoccuparmi di sembrare maleducata.

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