Fifty

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Ellen


Senza aggiungere altro corsi via da quella stanza, da quella casa, da lui. Non mi ero mai sentita così ferita in vita mia, era come se mi avessero pugnalato nel punto sbagliato, in modo tale che potessi continuare a vivere portandomi dietro un dolore acuto che lentamente mi distruggeva. Perché questo aveva fatto Justin, distruggermi, e mentre continuavo a morire le lacrime uscivano come se non volessero più smettere. La mia mente mi faceva rivivere quella scena  senza darmi pace, imprigionandomi in un incubo dove ad uccidermi era colui che spesso avevo ritenuto un angelo.

Era incredibile come tutto fosse cambiato da un momento all’altro, perché ora dentro di me nutrivo solo odio verso Justin, un odio che non sarebbe stato facile da annientare.

Avevo visto le sue mani stringere i fianchi di quella puttana che era venuta per rovinarmi la vita, e a quanto pare c’era riuscita. Avevo visto le sue labbra muoversi con foga su quella di una ragazza che non ero io, e questo era opprimente quanto doloroso.

Corsi in sala ignorando gli sguardi di tutti i presenti, dirigendomi verso il piccolo mobile vicino alla televisione da cui presi le chiavi della macchina di Justin.

Derek scattò in piedi quando vide ciò che stringevo tra le mani, ma prima che potesse fermarmi gli diedi un calcio alla gamba facendolo piegare in due, mentre gli altri rimasero troppo scioccati per agire, così potei uscire da quella casa per poi dirigermi velocemente verso la macchina.

Non avevo la patente ma sapevo guidare, e in caso di incidente non mi sarebbe poi importato così tanto. Misi in moto a partii, mentre gli altri uscivano di casa urlando di fermarmi, ma quella era l’ultima cosa che avevo in mente. Iniziai a piangere più forte sentendo le lacrime appannarmi la vista, così me le asciugai con una mano mentre cercavo di capire dov’è che volessi realmente andare.

Mi sentivo morta e non c’era nessun posto che avrebbe potuto farmi sentire a mio agio, così come non c’era nessuna persona che avrebbe potuto farmi sentire meglio, perché l’unica persona di cui avevo sempre avuto bisogno in questi casi era Justin, la stessa che mi aveva distrutto il cuore che ora  sentivo sanguinare.

Affondai il piede sull’acceleratore superando di molto, e forse troppo, il limite di velocità, ma forse in quel momento desideravo solo fare un incidente, il dolore sarebbe cessato, la macchina di Justin sarebbe stata distrutta e magari si sarebbe sentito in colpa per il resto della sua vita.

Quella era la prima volta che desideravo di vederlo soffrire, solo l’idea di lui in lacrime mentre si faceva del male bastava a farmi sentire meglio. Non potevo credere a quello che fosse appena successo, non volevo crederci perché io credevo in Justin, mi ero completamente fidata e lui lo sapeva, avrei dato la mia vita per lui ma adesso lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa.

Era ora di pranzo ma non sarei mai riuscita a mangiare, così continuai a guidare fino a quando non arrivai nella periferia di Stratford, dove gli alti palazzi venivano sostituiti da basse case piene di graffiti. Mentre procedevo potevo notare i ragazzi scherzare tra di loro e ridere sguaiatamente, mentre quelli più giudiziosi si affrettavano per raggiungere la piccola scuola lì vicino. Era ironico come io sembrassi la ragazza fragile e innocente che si stava mettendo in pericolo nel quartiere dei criminali, visto che era l’esatto contrario. Quando notai un gruppo di tre ragazzi intenti a farsi una canna fermai la macchina parcheggiandola vicino al marciapiede, e prima di scendere presi il coltellino che Justin si portava sempre dietro da sotto il sedile.

Sbattei forte lo sportello attirando l’attenzione dei ragazzi che mi guardarono con aria divertita e interrogativa, mentre camminavo verso di loro. Uno di questi diede una gomitata al ragazzo che teneva il materiale per farsi una canna in mano, che annuì ridendo per poi inumidirsi le labbra.

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