Thirty-eight

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Dan

Stavo tranquillamente contando i soldi ricavati dall’ultima vendita di droga del giorno, quando la porta del magazzino si spalancò ed entrò Fleur in lacrime. Mollai immediatamente i soldi sul tavolo, scattando verso di lei che si fiondò tra le mie braccia iniziando a piangere.

-Non piangere, va tutto bene- la tranquillizzai accarezzandole i capelli.

Sciolsi l’abbraccio per guardarla negli occhi, e in quel momento il mio corpo si irrigidì.

Il suo volto era rosso e gonfio, le guance cerchiate da un’ombra scura e violacea.

I suoi vestiti erano stropicciati, la maglietta aveva una manica strappata. Rimasi a guardarla mentre sentivo la rabbia impossessarsi del mio corpo –Chi ti ha fatto questo?- domandai incupendomi.

Lei continuò a piangere senza rispondermi.

-Rispondimi!- urlai dando un pugno al muro, facendola sobbalzare.

Tentai di calmarmi per non spaventarla, mentre mi avvicinavo nuovamente a lei.

Il silenzio intanto proseguiva, e io rischiavo di impazzire. dovevo sapere chi diavolo si era permesso a toccarla, nessuno doveva sfiorare Fleur.

-E’ stato Bieber?- chiesi sentendo il mio stomaco contorcersi solo nel pronunciare quel nome, che ormai odiavo più di qualsiasi altra cosa.

Era colpa sua, tutta colpa di quel bastardo se la persona a cui tenevo di più se ne era andata. O meglio, era morta ormai, per me non esisteva più.

Lei scosse la testa, mentre scivolava giù lungo la parete per poi rannicchiarsi portando le ginocchia al petto.

Presi la mia testa tra le mani, iniziando a tirarmi i capelli per la frustrazione. Non riuscivo a capire chi diavolo avesse potuto farle quello, oltre a Bieber.

-Chi è stato Fleur?- chiesi inginocchiandomi vicino a lei, che si asciugò le lacrime scansando i capelli da davanti il viso.

La vidi indugiare mente mi guardava negli occhi, come se stesse valutando se dirmelo o no.

Alla fine prese un grande respiro – Ellen- mormorò con voce tremante, per poi rabbrividire e iniziare nuovamente a piangere.

Sentii la mia vista appannarsi. Mi alzai di scatto, barcollando verso l’uscita del magazzino.

Mi mancava l’aria.

Una volta fuori cominciai a respirare a fatica, sentendo il mio cuore accelerare i battiti.

La mia mente stava facendo di tutto per allontanare qualsiasi pensiero potesse portarmi a lei, ma fallì miseramente quando mi arresi lasciandoli fluire incontrollatamente.

Lei non poteva essere capace di fare una cosa del genere.

Lei non aveva fatto ciò a quella che un tempo era la sua migliore amica.

Lei non poteva essere diventata quello che per anni avevo evitato diventasse.

Non aveva senso, era tutto fottutamente sbagliato,  e forse la colpa era proprio mia.

In quel momento sentii un sentimento diverso dall’odio, qualcosa che mi spingeva a smettere di credere ad una soluzione diversa da quella che mi balenò in testa in quel preciso momento.

Non avevo altra scelta.

Dovevo muovermi, e anche subito.








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