Eight

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Era  domenica, e stavo uscendo di casa alle cinque e mezza della mattina, cosa che  non avrei mai fatto se non fosse stata un’azione disperata. Dovevo agire  in fretta, ma soprattutto prima che il mio improvviso coraggio andasse a farsi fottere. Cercai di non pensare mentre  salivo sull’autobus, sforzandomi per non pensare a mio fratello, a Fleur e a tutti gli altri. Rabbrividii immaginando cosa mi sarebbe successo se mi avesse scoperto uno degli Skulls, o anche semplicemente Dan. In entrambi i casi avrei potuto dichiararmi morta.

Scesi al capolinea, guardandomi intorno e cercando di orientarmi in quel posto che sembrava tutto uguale. Camminai per un po’ prima di scorgere la piccola piazzetta dove c’eravamo fermati con le macchine il giorno prima.

Mi girai per assicurarmi che non ci fosse nessuno nei paraggi, per poi camminare furtivamente per fermarmi solo una volta arrivata davanti al grande magazzino, che era rimasto impresso nella mia mente pur avendolo visto una sola volta. Feci scorrere rapidamente la mano sul muro, quando trovai la sporgenza creata appositamente da Mike. Spinsi la superficie liscia, aprendo la fessura necessaria a farmi passare, mentre mi sorprendevo del fatto che non si fossero ancora accorti del muro rotto sul retro. Davvero, dovevano ingegnarsi quei tipi, noi eravamo circa dei secoli avanti.

Mi morsi il labbro guardando nella fessura della porta notando, ovviamente visto l’ora, che il magazzino era deserto. L’aprii correndo verso l’armadio nel quale io e Fleur avevamo piazzato quei fottutissimi microchip, o meglio esplosivi. Tirai fuori la limetta per le unghie che mi ero portata dietro da casa, infilando l’estremità nel piccolo buco mentre cercavo di estrarne  uno. Sorrisi soddisfatta quando il piccolo oggetto metallico toccò il palmo della mia mano, ma non mi fermai troppo a contemplarlo perché mi diressi dall’altra parte per ripetere l’azione tirando fuori anche il secondo.

Riposi tutto nella tasca della mia giacca, per poi uscire dal magazzino così com’ero entrata.

Mi diressi in mezzo agli alberi, fino a quando non trovai una grande roccia. Tirai fuori ciò che avevo appena ripreso e poggiai il tutto lì sopra, prima di guardarmi intorno in cerca di una pietra abbastanza pesante. Ne trovai una sotto un albero, così mi avvinai per raccoglierla, tornando poi davanti al masso dove vi erano i microchip.

Presi un respiro, svuotando la mia mente mentre con un gesto secco facevo schiantare la pietra nella mia mano sui minuscoli oggetti in metallo, che si frantumarono in mille pezzetti.

Rimasi scioccata, prima di rendermi conto di ciò che avevo fatto.

-Oh merda- mormorai mettendomi le mani tra i capelli, cominciando a camminare  avanti e indietro.

-No, non posso averlo fatto- continuai a parlare da sola ridendo nervosamente, cosa che mi avrebbe dovuto spaventare visto che lì con me non c’era nessuno.

Stavo diventando matta, era l’unica spiegazione possibile.

Chissà quanto erano costati quei dannati aggeggi.

Quando riuscii a calmarmi decisi di tornarmene a casa, magari per recuperare il sonno perso. Cominciai a camminare alzando il cappuccio della mie felpa, fino a quando non mi scontrai con qualcosa, o meglio, con qualcuno. Alzai lo sguardo, mentre il mio sangue si congelava.

Davanti a me c’era un ragazzo alto e corpulento, capelli biondi e occhi grigio- azzurro, che riconobbi come il ragazzo più grande degli Skulls, se non ricordavo male, Derek.

Trattenni il respiro sperando che non mi riconoscesse, ma ovviamente la fortuna  mi girava alla larga come sempre. Mi scrutò per qualche secondo, quando si rese conto di chi avesse davanti. Non aspettai altro tempo, iniziai a correre più veloce possibile in direzione della piazzetta da dove avrei potuto trovare la strada per la fermata dell’autobus. Mi corse dietro, ma  notai con sollievo che ero molto più veloce di lui.

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