Capitolo 11

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Natalia
Cammino per le strade di Milano, poco fa io e Clarissa ci siamo divise, lei a scuola e io al lavoro. Fa freddo e la giacca che ho non basta per riscaldarmi, se lo sapevo avrei portato una un po' più pesante di questa. Meglio di così non poteva andare, tra la verità - che ancora non riesco a togliere le parole dei ragazzi - che solo questa persona mi dovrebbe raccontare, e vorrei sapere chi sia. E poi c'è di mezzo Luca, il ragazzo che provo dei sentimenti, ma che non confesso per paura di perderlo. Essere la ragazza di Luca sarebbe fantastico, mi piace come persona, però per come sono fatta io non ci sono opportunità, è una "specie" di amore complicato.

Credo che per stare bene con le altre persone, dovrei prima fare i conti con me stessa, conoscermi a fondo, perché forse nemmeno io mi conosco. Il passato fa schifo, cerco solo di migliorare ciò che ho attorno, anche se con un gesto piccolo, per far capire alle persone che voglio bene che sono seriamente intenzionata a cambiare. La vecchia Natalia, quella sempre arrogante, impulsiva, quella ragazza sola contro il mondo. Quella ragazza che pensa solo a se stessa e che la depressione e il dolore, la tristezza di non aver avuto un padre accanto a me.

A scuola tutte le volte che le lezioni finivano, c'erano i padri delle bambine ad aspettarle con le braccia aperte, accogliendole in un abbraccio. Se penso a papà provo odio, rabbia e ogni volta che immagino di vederlo davanti a me, immagino di sfogare tutto su di lui, voglio delle spiegazioni sul perché se ne andato di casa, di aver reso la mia vita un perfetto inferno, di essere stato assente nel momento in cui avevo bisogno di lui. Desideravo solo un papà che mi volesse bene, che ci fosse sempre stato, che alle fine delle lezioni mi venisse a prendere. E invece ho avuto l' incontrario di tutto quanto. Ma dall'altra parte, una parte di me infondo, li vuole bene nonostante sia lontano da qualche parte del mondo, io lo rivoglio mio padre. Senza accorgermene scendono le lacrime, le asciugo facendo finta di nulla - come ho sempre fatto - e andando avanti per la mia strada. Sono cresciuta in fretta, sono forte e di certo non posso farmi distruggere da uno stupido dolore.

Quando arrivo Gabriele mi accoglie con un caloroso buongiorno, tra i ragazzi lui è quello più simpatico, mentre gli altri tre sembrano più seri, che prendono molto più sul serio il loro lavoro. Intendo quello sporco, mi chiedo come facciano a fare tutto questo. Poso la borsa sulla sedia e vado versa la macchinetta del caffè.

« La notte non ti è bastata per dormire? » domando a Gabriele, che è lì sul divano a dormire, prendo la tazza di caffè e vado verso di lui.

« No, avrò dormito almeno, se non tre o quattro al massimo » dice, si notano le occhiaie, continua a dormire. Gli altri non sono ancora arrivati, inizio a prendere un foglio e una penna che sono sul tavolo, comincio a disegnare. In realtà non ho nulla in mente, la mia mano si muove da sola, nell' attesa che aspetto faccio almeno qualcosa.

« Cosa stai disegnando » il bello addormentato si è svegliato dal mondo dei sogni. Ha i capelli in disordine, indossa la felpa nera dell' Adidas, e si passa la mano sul viso.

« Sai che non lo so » dico, poso il foglio sul tavolo e ritorno a guardare lui.

« I ragazzi torneranno a momenti e anche i clienti. Spero solo che non venga quella bionda rompiscatole » dice.

« E chi sarebbe questa bionda? » li domando divertita, dalla sua espressione sul volto già capisco tutto.

« È una ragazza che si è fissata con me, viene tutti i giorni, ma ringrazio dio non è venuta ieri » spiega « insomma è insopportabile, non lascia la presa. Ovviamente i ragazzi non perdono tempo a prendermi in giro ».

« Chissà magari è il destino » gli dico scherzando.

« Ma quale destino, quella ragazza dovrebbe starmi lontana almeno miliardari di kilometri, metterei una striscia dove non potrebbe oltrepassare ».

Se adesso mi dici ti amo non so nemmeno dirti chi siamo // Capo Plaza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora