03 Rebecca.

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Tolte le punte, Rebecca poggiò la schiena alla parete bianca della piccola palestra che aveva in casa e stese le gambe sul parquet in legno. Sospirò, un po' dal dolore, ma soprattutto dalla soddisfazione. La danza, da sempre, era stata il suo più grande amore. Nonostante la praticasse da quando aveva soli tre anni, quindi da quattordici anni, c'erano ancora così tante cose da imparare e, quando riusciva a portare avanti un obiettivo, anche se piccolo, per lei era sempre una gioia.

Miss Julia era già andata via da mezz'ora ma Rebecca aveva continuato ad allenarsi sul nuovo passo che stava imparando. Per fine anno, miss Julia le aveva promesso che avrebbe partecipato al saggio della sua scuola di danza nonostante non frequentasse quella scuola. Suo padre aveva accettato di farle avere una bravissima insegnante di danza, ma non voleva che frequentasse un corso vero e proprio assieme ad altre ragazze. "Tu hai altri obiettivi nella vita, tesoro. Puoi portare avanti la tua passione, ma solo a casa" le diceva sempre. E Rebecca annuiva, consapevole che non avrebbe potuto fare altrimenti. Suo padre aveva già sofferto per Daniel, che non aveva voluto seguire le sue orme ma quelle della mamma. E per.. Lui.. Non voleva che soffrisse anche per lei.

Dando un'occhiata all'orario si rese conto che fossero già quasi le sette e venti, così decise di alzarsi per andare a farsi una doccia calda e poi scendere per la cena. La sua famiglia era sempre solita mangiare per le sette e mezza esatte, non volevano che nessuno dei due figli facesse anche solo un minimo ritardo. Le regole erano regole e andavo rispettate, sempre, anche se si trattava solo dell'orario per la cena. Soprattutto in una famiglia prestigiosa e di alto rango come la sua.

Tornata in camera, si chiuse subito in bagno per farsi una doccia calda e poi rivestirsi. Essendo settembre faceva ancora molto caldo, infatti decise di non asciugarsi i capelli ma di legarli in una treccia così da averli mossi il giorno dopo. Ci perse un po' di tempo, essendo i suoi capelli abbastanza lunghi, infatti quando si ritrovò a guardare l'orario erano già le 7:31 e sapeva che, se non si fosse data una mossa, suo padre le avrebbe fatto una doppia ramanzina, la prima sul ritardo e la seconda sui capelli.

Scese in sala da pranzo di corsa. La tavola era già imbandita per la cena, ma sua madre e suo padre ancora non erano seduti. «Per un pelo» sospirò lei mettendosi una mano sul cuore. A grandi falcate raggiunse l'enorme tavolo in vetro posto al centro della stanza, anch'essa enorme. Le pareti erano color bianco brillante, l'arredamento moderno ma molto minimal. Anche se erano solo in quattro, sua madre aveva scelto una casa molto grande in cui abitare e, spesso, Rebecca non riusciva a capirne il perché. Perché un tavolo da dodici persone, quando si era sempre e tutti i giorni solo in quattro o meno a mangiare? Perché sette camere da letto, quando a loro ne bastavano solo tre, se non due? Perché la sauna o il piccolo cinema, che non usava mai nessuno? Perché a loro piace spendere, pensò Rebecca. E più diventano vecchi, più diventano ricchi e viziati.

Dalla cucina entrarono in sala da pranzo suo fratello Daniel e Christopher. Stavano ridendo, forse di qualcosa che aveva detto Daniel perché Chris si stava tenendo la pancia con una mano mentre l'altra era sulla spalla del suo migliore amico. Daniel era sempre stato affascinato dalle battute e dalle freddure. Rebecca non riusciva a capire da chi avesse preso, perché suo padre era sempre tremendamente serio anche a casa se non per alcuni momenti sporadici in cui si lasciava un po' andare, mentre a sua madre non piaceva e basta fare battute, solo ascoltarle alla TV quando non aveva niente da fare.

Quando Rebecca era piccola era, decisamente, tutto diverso da quella che era diventata la sua vita. Suo padre, ad esempio, era il suo eroe. La difendeva, sempre. La portava al parco, danzava con lei e le diceva di credere sempre in sé stessa e nei suoi sogni, perché lei sarebbe potuta diventare qualsiasi cosa, qualsiasi persona, se solo lo avesse voluto. Sua madre, invece, era molto di più a casa. La aiutava a fare i compiti, poi parlava con lei sul divano con una tazza di caffè tra le mani mentre Rebecca mangiava i suoi deliziosi biscotti cookies. Una volta sua madre cucinava anche con lei. Invece, da qualche anno a quella parte, niente di tutto ciò che conosceva ed era stata la sua realtà era più la sua quotidianità. Per quanto i suoi genitori le fossero vicini quando lei ne aveva bisogno, niente era più come prima. Rebecca pensava di aver perso tutto quel maledetto giorno di quattro anni prima e non riusciva a togliersi di dosso la sensazione di disagio che la situazione aveva creato. E anche un po' di senso di colpa.

Resta ancora un po'Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora