SEDICI

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Il rumore del martello e delle voci nella sala da tè non sono il massimo alle 6.30 del mattino. La voce di Franco si distingue perfettamente in mezzo a quella di altre persone. Saranno i suoi aiutanti? Gli altri nani! Penso, e mi viene da ridere. Sposto il telo trasparente che serve da protezione fra la sala da tè e la sala principale. Un ragazzo giovane dagli occhi scuri e la carnagione olivastra con diversi piercing qua e là  mi guarda stupito, e si alza in piedi facendo segno a Franco di voltarsi verso di me.
- Anna! Ecco, hai visto? Ho mantenuto la parola!-
- Non credo che avessi altra scelta no?- sorrido e tutti gli occhi degli altri operai sono puntati su di me.
- Ragazzi, questa è Anna Manfredi, la signorina che ci paga e che accontenteremo ad ogni richiesta.- il ragazzo di prima fa una smorfia strana e si tira su i jeans che sembra gli siano caduti. O è stato solo un gesto per attirare la mia attenzione?
- Samuele, vieni qua!- Franco chiama proprio lui.
- Questo è uno dei miei figli, il minore, lui studia...che studi?- oddio, non sa neanche cosa studia il figlio.
- Ingegneria...- risponde con fare da saputello che ha voglia di mettersi in mostra.
- Che bravo...- commento.
- Grazie...- risponde e mi lancia uno sguardo strano e mi sorride.
- Bene, hai bisogno di qualcosa Anna?-
- Vi ho portato la colazione. Vi va di fare una pausa?- chiedo e non ho il tempo neanche di finire la frase che sono già tutti in piedi a ripulirsi le mani per mangiare. Caspita sono davvero sette! Mi seguono nella sala principale e servo cornetti al cioccolato appena sfornati, rustici ripieni, e tolgo via la torta al cioccolato. Quella per Cesare meglio metterla da parte, non sia mai che la mangi qualcuno che non deve.

-E quella?- mi chiede Samuele.

-Questa è per i clienti della caffetteria, ma ce n'è un'altra anche per voi. Eccola qua. E' la specialità della casa.- dico fiera di me stessa. Lui mi fissa e mi sorride ancora. Se non fosse così giovane potrei pensare che ci stia provando con me. Ma io non è che sia così avanti con gli anni, in fondo manca poco al mio ventinovesimo compleanno. E lui? Quanti ne avrà? 20? Ma che pensieri sto facendo? Scrollo le spalle per distrarmi e preparo i caffè per i miei cari operai.

-Anna!- mi chiama Franco.

-Dimmi...- gli servo il suo caffè della buona volontà.

-Ecco...- mi porge una busta bianca. La apro e dentro ci sono dei soldi in contanti.

-I soldi della festa...perfetto.- affermo e prendo la busta per metterla via. Lui mi guarda con aria interdetta.

-Eravamo d'accordo che ti avrei pagato io. Non guardarmi come se fossi io la ladra.- Mi appoggio al banco e gli sorrido.

-Eh, lo so, ma c'è la retta di Samuele che è scaduta da un po'...dovrei rimettermi al passo.- mi confessa a bassa voce diventando rosso.

-Non preoccuparti. Voglio solo capire se pagarti in contanti o con assegno. Ne devo parlare prima con l'Avvocato Colaci, poi ti darò quello che ti spetta, ma non mettermi pressioni o finirò per cambiare idea.-

-Certamente...non sia mai. Sei proprio uguale a tuo padre. Lui onesto e preciso su tutto...- non finisce la frase. Forse lui stesso percepisce l'imbarazzo dovuto alle sue parole. Mio padre tanto onesto si è meritato un lavoratore altrettanto disonesto.

-Va bene, meglio ritornare al lavoro.- mi dice e io annuisco.

-A dopo.- rispondo mentre Samuele si avvicina a me per riportarmi la tazza del caffè.

-Era ottimo, mio padre dice che è miracoloso.-

-Bè miracoloso mi sembra eccessivo. Comunque grazie per il complimento.-

-E' stato lui a farlo non io. Per me è solo caffè.- si allontana e si tira su di nuovo i pantaloni. Ma non può mettere una cinta? Si volta per verificare se io lo stia guardando e mi coglie in flagrante. Accidenti. Abbasso lo sguardo ma mi accorgo che sta sogghignando. La cosa mi mette a disagio e mi fa pensare a quanto le cose siano cambiate rispetto a dieci anni fa. Sicuramente non avrei notato un ragazzo come lui, e sicuramente non lo avrei guardato sistemarsi i pantaloni passando per una maniaca. Si cresce e si cambia, le parole sagge di mia mamma risuonano nella mia testa sempre, come quel martello che ha ripreso il ritmo fastidioso. Cambiata o no, stare in questo posto è l'unica cosa che mi importa e per cui darei tutto. anche l'intera eredità se fosse necessario. Una figura piccola e magra entra improvvisamente rimettendomi in riga coi pensieri.

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