OTTO

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Quando Cesare raccoglie tutta la documentazione che ha letto per filo e per segno fino a farmi sbadigliare, lo osservo con un'unica idea in testa: dei soldi non mi importa, ho sempre lavorato e lo continuerò a fare, potrei perdere questo posto forse se non accettassi l'eredità, ma io voglio solo una cosa, o meglio solo una persona, Cesare. Le cose non sono cambiate per  niente da quella sera alla festa, da quella maledetta lotteria. Lui non sa quanto tutto questo sia pesante per il mio povero cuore.

-Adesso basta che tu metta la tua firma e potrai fare tutto quello che vuoi.- sembra la frase di una favola.

-Devo farlo a quest'ora?- prendo tempo. Ho paura.

-Io lo farei, non fosse altro che sono stato qui quasi tre ore e mezzo a leggerti tutto senza pensare che poi avresti detto una frase del genere. Stai tranquilla Anna, nessuno penserà mai che sei una disonesta, resterai sempre tu...chi mai potrebbe giudicarti?-

- Perché pensi che io mi stia facendo questo tipo di problema? -

-Perché un'altra al tuo posto non avrebbe voluto nemmeno che leggessi le postille, come hai fatto tu, e si sarebbe presa una bella vacanza ai caraibi con biglietto di sola andata.- sorride e beve un sorso d'acqua.

-Non puoi biasimarmi se voglio il mio tempo prima di decidere. Tu hai fretta per caso?- gli chiedo concentrandomi sul suo viso.

-No, nessuna...però non puoi startene così per un mese.-

-Un mese è troppo anche per me Cesare. Non ti terrei così a lungo sul chi vive, è che non so a chi chiedere consiglio, se sto facendo la cosa giusta o no...chi può dirlo?-

-Io, posso dirti io cosa fare. - si alza rimettendosi la giacca. Mi metto in piedi anche io e inizio a sparecchiare.

-Pensi che voglia prendermi gioco di te?- mi chiede seguendomi e aiutandomi con le altre stoviglie.

-Ma no, non è questo il punto. E' una grande responsabilità e chi ti dice che non mi metta nei guai proprio perchè ho tanti soldi?-

-Ci sono io a controllare che tutto vada bene. Sai, volevo tornare  a casa  a fare una bella doccia e rimettere insieme i pensieri, invece adesso io e te faremo una bella passeggiata.- mi dice togliendomi i piatti di  mano e poggiandoli nel lavello.

-Io e te?-

-Sì, prendi una giacca a quest'ora l'aria è piuttosto frizzante. Avanti, non guardarmi come se fossi un extraterrestre!- ridiamo mentre infilo il cardingan nero e prendo la borsa. Spengo le luci e chiudo tutto, mentre lui mi guarda con l'aria distrutta. E' stanco e i miei capricci lo tengono sveglio ancora a quest'ora della notte. Faremo l'alba?

- Possiamo andare a piedi, restiamo in zona.- mi informa.

-Ma dov'è che andiamo?-

-Non essere impaziente e seguimi.- allunga la mano come a voler afferrare la mia. L'invito che in genere un genitore fa a un figlioletto, o un fidanzato premuroso alla sua ragazza. Faccio finta di non aver intuito e lo seguo affrettando il passo. Mi sembra che lui ci sia rimasto un po' male, ma forse è solo la stanchezza a farmi credere certe cose. Lui non voleva darmi la mano! Camminiamo per le vie strette e solitarie per circa quindici minuti fino ad arrivare ad un palazzo nel centro storico con un portone in legno massiccio ben tenuto e dall'aria imponente. Cesare apre la sua borsa e ne tira fuori un mazzo di chiavi. 

-Ecco, questa è la chiave di questa casa, a te l'onore Anna.-

-A me? Non lo so se ho il coraggio...sembra un posto abitato dai fantasmi...- rido e intanto mi avvicino a prendere la chiave.

-E tu sei affascinata dai fantasmi a quanto pare..- commenta mentre infilo la chiave nella toppa. Il rumore è quello stridulo e antico delle serrature fatte come questa. Il silenzio della strada si riempie della sua eco e io mi volto verso Cesare.

Il caffè dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora