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Orgoglioso, sì. Ma fino ad un certo punto.
Mancava poco meno di un'ora alla tanto attesa uscita con Jaebum, e di Taehyung nessuna traccia.
Provai a chiamarlo, ma risultava occupato; ciò poteva soltanto significare che attaccava le chiamate.
Gli inviai 12 messaggi, ma neanche uno visualizzato.
Presi i possibili vestiti che avrei dovuto indossare e uscii di casa, dirigendomi verso la sua.

Io e Yoongi abitavamo ancora insieme.
Stavo impacchettando ancora tutta la mia roba per portarla nell'abitazione del mio migliore amico.
Qualche volta capita che porti anche Jungkook, e passino le serate sul divano, a scambiarsi abbracci, baci.
Ed è lì che mi rinchiudo in camera, oppure scappo, e rimango fuori per più di due ore, da solo.
Potrei chiamare Taehyung in quei momenti lì, ma invece no. Testardo come sono, convinto di potercela fare da solo, mi ritrovo sempre allo stesso bar, a fissare la gente che passa dal vetro che divide i divanetti e la strada.

Suonai e mi aprì la sua amabile madre.
"Ma che sorpresa!" mi regalò uno dei suoi calorosi abbracci.
"Quando vieni qui da noi? Taehyung ci ha informato di tutto."
"Dovrei finire tra qualche giorno. Alcuni scatoloni sono già pronti. Mi manca svuotare l'armadio e poi mi potrete vedere ogni giorno in tutta la mia bellezza" finsi di vantarmi.
Lei mi conosceva, sapeva quando scherzavo e quando no.
Infatti rise con me.
"Il tigrotto è nervoso, raggiungilo e calmalo" mi fece l'occhiolino.
Perché aveva ragione.
Ogni volta che Taehyung era arrabbiato, io ero colui che riusciva a fargli pensare ad altro cosicché da distrarlo. E poi finivamo sempre a ridere.
Aprii la porta della sua camera.
Era chino sulla schiena, che si alzava e si abbassava velocemente. Aveva un libro davanti, gli occhiali e il computer alla sua sinistra che risuonava la playlist che ascoltava soltanto quando arrabbiato.
Mi avvicinai leggermente, e misi le mani sulle sue spalle, e iniziai a massaggiargliele.
"Sei così teso TaeTae."
Non spiccicò parola.
Continuai con le mie mani a procurargli quel senso di benessere, e notando che non si rilassasse, mi calai vicino al suo collo, dove lasciai un bacio. Poi un altro. E un altro ancora.
Cercai di guardarlo dritto negli occhi.
"Che vuoi? Sono la ruota di scorta?".
Sapevo che quelle parole non mi avrebbero scalfito, perché quando era in queste condizioni, diceva frasi che in realtà non pensava, che immagazzinava nel suo cervello per porgerle come insulti alle persone che si trovava davanti.
"Veramente sono venuto a scusarmi." lo guardai con uno sguardo dolce e quasi implorante mentre mi sedetti sulle sue gambe, a cavalcioni.
"Non riesci a resistermi, quindi so bene che se facessi questa cosa" lo abbracciai e appoggiai la testa sulla sua spalla, abbandonandomi completamente "mi perdoneresti".
Lo sentii irrigidirsi, e restare fermo.
Gli feci i grattini sul collo, salendo sulla sua testa.
"Dai TaeTae", ma ancora nulla.
Allora sfoggiai la mia arma segreta.
Il mio allarme rosso.
"Taehyungie..."
Un semplice nomignolo sussurrato all'orecchio e mi prese dai fianchi e aderì il suo corpo con il mio petto, stringendomi forte.
"Sei un bastardo" riuscii a sentire, proveniente dalla sua bocca, ovattata per via della mia maglietta.
Risi , poi appoggiai le mani sul suo petto ed esclamai convinto:"Ora però devi prepararmi"

Quei baci sul collo.
Quei dannati piccoli, lievi schiocchi che si sentivano nella stanza e beavano le mie orecchie.
Lui che cercava i miei occhi.
E poi si mise a cavalcioni su di me.
Ma la fine arrivò quando mi chiamò in quel modo.
Lo faceva soltanto quando desiderava tanto qualcosa, come un bambino che si lamenta perché brama un giocattolo.
Era vero però, ai miei occhi era irresistibile, ma ancora non lo sapeva del tutto.
"Ora però devi prepararmi", gli accarezzai la schiena, lo feci girare e lo invitai ad alzarsi.
"Ho portato il mio pantalone, ovviamente"
Perché Jimin non poteva uscire senza quel famoso capo nero con la striscia bianca ai lati
"Devi semplicemente scegliere la maglietta, o camicia da abbinare."
Cinse le mani ai fianchi e aspettò la mia decisione.
Ovviamente nella mia testa balenò l'idea di dirgli che lui sarebbe stato bellissimo anche con una busta addosso, ma stetti zitto e gli chiesi di provarsi una cosa.
Lo ammirai mentre si toglieva la felpa.
Il suo corpo magro, ma così definito, quasi scolpito, come se fosse di marmo, che davano lungo spazio all'immaginazione.
Le sue braccia, dove avrei potuto rifugiarmi in qualsiasi momento.
Le sue piccole manine che abbottonavano con cura i bottoni, con la lingua di fuori.
"Hai sempre avuto un problema con le camicie tu" gli dissi, confuso anche dalle mie stesse parole.
"Sono così stressanti, però mi stanno bene, ammettilo", concluse l'azione e si girò verso di me.
"Beh sei carino" alzai le spalle.
La parola 'carino' affiancata al nome Park Jimin? Un insulto.
"Solo? Sono spettacolare." corrucciò la fronte e mi diede una spinta, da farmi stendere sul letto.
"Mi hai offeso. Questa la segno proprio qui" e si puntò il cuore.
Salii su di me e facemmo scontrare i nostri nasi, muovendo le teste a destra e a sinistra.
Proprio quando eravamo bambini.
Il mio cuore batteva sempre più velocemente.
Avevo le mie labbra preferite così vicine.
Avrei potuto fare una cazzata, sporgermi e baciarlo.
Ma sarebbe sembrato strano per lui? Gli sarebbe piaciuto? Avremmo continuato ad essere amici?
Quindi mi limitai a dire:"Io opterei per la maglia." e mi alzai, liberandomi della sua presa.
Tanto prima o poi ti bacerò, anche contro la tua volontà.

Salutai Taehyung, abbracciandolo e ringraziandolo per il suo aiuto, lui mi rispose con le solite raccomandazioni e successivamente mi incamminai verso il parco.
Ero in ritardo di 10 minuti.
Però si sa, le cose belle di fanno sempre aspettare.
Infatti trovai Jaebum da solo seduto su una panchina.
Finsi di avere l'affanno e arrivai da lui con il respiro trafelato:"S-scusami...Ho corso".
Lui sorrise, si alzò e mi abbracciò.
"Tranquillo" sussurrò al mio orecchio.
Mi rilassai sul serio.
Quel ragazzo aveva uno strano potere di infonderti serenità con un semplice sguardo.
E questa cosa poteva essere tanto bella, quanto pericolosa.
"Andiamo?" suggerì, per poi iniziare a camminare.
Lo seguì a ruota, curioso di sapere dove mi avrebbe portato.
Nel tragitto, nessuno proferì parola, ma furono i gesti a parlare.
L'apparente timido ragazzo, fece sfiorare le nostre mani, e poi riuscì ad acchiappare la mia.
Non mi opposi, lui lo notò, e intrecciò le nostre dita.
Era una sensazione piacevole.
Se solo non fosse tutto un piano.

Entrammo in un piccolo bar accogliente, contornato da luci soffuse e vari tavolini alti.
Ci sedemmo ad uno di questi e decidemmo cosa prendere.
"Per me semplicemente un caffè con panna e zucchero di canna. Se possibile, una ciambella con zenzero e cannella, grazie" chiesi gentilmente alla cameriera.
"Semplicemente eh?" rise lui "Per me un pezzo di torta alla zucca. Con una spolverata di zucchero a velo" le sorrise, lei si inchinò e corse via.
"Allora" iniziai io "come va?"
"Bene. Tutto molto bene. La squadra di basket è fantastica, a scuola sto ottenendo risultati eccellenti e ammetto di star uscendo con una persona molto attraente" arrossì di colpo.
Mi aveva colpito in pieno.
"Ci stai provando con me?" alzai il sopracciglio, con fare interrogativo.
"Dopo ti va di venire a casa mia?" si avvicinò con le mani giunte.
"Credo di sì" alzai le spalle.
"Allora si, ci sto decisamente provando con te."
"Cambiamo argomento. Lavori?" mi grattai la nuca per cercare di alleviare la tensione.
"Si. Però non da solo. Ho un aiutante. Facciamo a turni. Ad esempio" guardò l'orologio "Questo è proprio il suo orario." poi guardò me.
Un lavoro di coppia?
Allora c'era un altro spacciatore in giro.
E doveva assolutamente essere un suo amico.
Il ragazzo dello spogliatoio.
"Capito. Senti, quel tuo compagno di squadra, bassino, con i capelli rossi, come si chiama?"
"Hongjoong? È il mio migliore amico. Avrei voluto che lo conoscessi in un altro modo. Può esserti sembrato scorbutico, ma non è affatto così."
"Posso immaginare. La stessa cosa vale per Taehyung" risi al sol pensiero di vederlo di nuovo geloso.
Io stavo semplicemente portando a termine il nostro piano.
Arrivarono le nostre ordinazioni e continuammo a parlare.
Ma tutto fu inutile, perché non volle più trattare l'argomento 'lavoro'.
Questo stette a significare che nel suo appartamento non succederà quello che in realtà spera.

 ᴛᴀᴋᴇ ᴍᴇ ʜᴏᴍᴇ; ᴘ.ᴊᴍ+ᴋ.ᴛʜDove le storie prendono vita. Scoprilo ora