Capitolo 18

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MARTINA

Sto tornando nel mio alloggio dopo la lezione di fotografia, con la mia macchina fotografica al collo e la borsa pesante sulla spalla. E' metà settimana, quello che è successo lo scorso week-end ancora mi occupa la testa spesso e volentieri. Svegliarmi in quella casa, schiaffeggiare Zane, ubriacarmi e quel leggero e lento bacio. Tutto questo inonda i miei pensieri e li travolge. Come se il fato mi stesse prendendo in giro, mentre cammino per i giardini dell'università, mi imbatto in Jorge. Lo noto da lontano, seduto su una panchina, immerso su un foglio. Non è la prima volta che lo vedo disegnare eppure quando lo osservo in questa circostanza c'è qualcosa in lui di così poetico, di così sensazionale. Ricordo ancora perfettamente quando mi sono avvicinata al suo album da disegno, ricordo le matite e i carboncini sparsi su quel tavolo come se non potesse farne a meno e ricordo come ha reagito quando ho provato a guardare i suoi lavori e lui mi ha subito fermata, come se su quella carta ci fossero impressi dei segreti, il suo essere. Accendo la macchina fotografica e senza farmi notare da lui gli scatto qualche foto, è talmente concentrato, non stacca gl'occhi da quel foglio e continua a muovere la matita come se niente fosse. Lo fotografo in questo momento, perché è come fotografare la sua anima, è come catturare la sue essenza, quella che lui tiene nascosta, che seppellisce dentro di se o che non sa nemmeno di avere. L'adrenalina mi scorre nelle vene e non riesco a capirne il motivo, si passa una mano tra i capelli scuri per sistemarli e scatto ancora, per catturare il suo essere in questo preciso momento, mentre sta facendo quello che più ama. Inizio a chiedermi cosa stia disegnando, cosa stia gettando su quel foglio bianco, mi piacerebbe vedere qualche suo lavoro, per capirlo, per sentirlo, per comprenderlo in qualche modo, per percepire le sue emozioni. Spengo la macchina fotografica e senza pensarci mi dirigo nell'ala di arte. Non so bene cosa ho in testa, ma la curiosità mi sta quasi divorando, ho bisogno di scoprire qualcosa di lui, di sentire la sua natura. Non ero mai stata in queste zone prima d'ora, è tutto molto colorato, sulle pareti ci sono molti disegni stupendi fatti da vecchi studenti. Guardo le classi, sono quasi sicura che tempo fa Mechi aveva detto che Jorge il mercoledì mattina ha lezione di arte, quindi dovrebbe esserci un aula piena ci cavalletti e tele per dipingere. Quando la trovo e noto le tele dipinte, mi guardo intorno prima di entrare. Passo tra le file di cavalletti, scrutando tra i tanti lavori in cerca di quello che mi interessa e poi è come se venissi catturata da qualcosa. Lo riconosco subito in mezzo a tutti, un disegno cupo e pieno di oscurità. C'era qualcosa di angosciante in quel quadro, mentre tutti avevano dipinto vasi o prati pieni di fiori colorati, Jorge aveva dipinto dei fiori che sembrava avessero perso linfa vitale, ma che comunque in qualche modo lottassero per la sopravvivenza. Una strana sensazione mi pervade il corpo, non so per quanto guardo il suo disegno, si nota che ha molto talento, ma si nota anche che qualcosa dentro di lui si è spezzato, come se fosse invaso dall'oscurità, come se non si sentisse vivo abbastanza, ma che lotta comunque per rimanere in piedi. Sento una stretta allo stomaco dopo un po' che lo osservo, come se riuscissi a percepire il suo stato d'animo. Faccio un sospiro prima di andarmene, appena richiudo la porta dietro di me cerco di lasciare quell'angoscia in quella stanza, ma continua a seguirmi. Mi incammino per andare finalmente nel mio alloggio, persa nei miei pensieri. Accendo di nuovo la macchina fotografica e guardo le foto che ho scattato poco fa a Jorge. Quel suo sguardo concentrato, quell'anima dannata. << Martina! >> sento chiamare il mio nome e vedo davanti a me Andrew, << Oh ciao >> lo saluto io spegnendo veloce la macchina fotografica << Scusa non ti avevo proprio visto >> continuo io, << Ho visto che eri distratta >> mi sorride, << Già, stavo guardando le foto che avevo scattato questa mattina >> cerco di spiegare, non stavo guardando proprio quelle, ma non mi sembra il caso che lui lo sappia. << Alla fine non mi hai più chiamato per uscire a bere un caffè >> fa la faccia quasi offesa lui, << Scusami sono davvero molto impegnata in questi giorni, sto facendo di tutto per stare al passo con le lezioni >>, << Capisco, non è semplice, anche noi siamo sommersi di lezioni, ma devi ricordarti di vivere ogni tanto >> lui sorride, << Hai ragione >> gli do corda io. Rimaniamo per qualche secondo in un silenzio imbarazzante e poi lui fa il primo passo, << Facciamo che un giorno di questi ti chiamo e mi dici se sei libera per quel caffè? >> mi domanda entusiasta, non so bene cosa dire, << Ok >> mi esce così senza pensarci, infondo non mi ha mai fatto nulla di male e poi posso sempre dirgli di no. << Allora a presto Martina... non vedo l'ora di uscire con te >> mi fa l'occhiolino e inizia a incamminarsi, << A presto >> faccio da eco io un po' in soggezione. Riprendo il mio cammino e finalmente tra mille pensieri e sensazioni raggiungo il mio alloggio dove posso trovare un po' di pace.

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