Capitolo 26

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MARTINA

Vedo Jorge rientrare in casa. Ha l'aria affranta, sembra sul punto di esplodere. Ha quello sguardo perso, quello sguardo che quando lo incontri per la prima volta ti dà i brividi finché non impari a conviverci con quei occhi spenti e vuoti, ma che ogni tanto ti trasportano in un mondo meraviglioso. Senza pensarci lo seguo, anche se abbiamo litigato, anche se non vorrei parlare con lui, non posso essere indifferente quando lo vedo in questo modo, quando crede di portare tutto il peso del mondo sulle spalle. È appoggiato ad un muro nella cucina, dove un sacco di gente fa aventi e indietro freneticamente senza fermarsi mai. Lo osservo prima di avvicinarmi e fargli percepire la mia presenza. Respira profondamente, chiude gl'occhi e si passa una mano fra i capelli, è tormentato da qualcosa, qualcosa che non riesco a capire. Vederlo così mi svuota un po' lo stomaco, vorrei tanto poter far qualcosa, poter cambiare il suo modo di vedere la vita. Mi avvicino a lui lentamente. << Jorge stai bene? >> chiedo io per fargli capire che sono qui, non si volta subito, ci mette un po' a girarsi e quando lo fa guardo altrove, non riesco a guardarlo dritto negl'occhi, mi sento quasi in imbarazzo davanti a lui, anche se non ne capisco il motivo. Mi guardo intorno << Ti ho visto entrare qui di fretta e furia, sembravi scosso >> borbotto, << Sto bene >> ribatte di getto e poi mi volta le spalle, come se anche lui non riuscisse a tenere questo contatto tra noi, come se fosse troppo difficile stare in qualche modo lontani. << Non mi pare che tu stia bene... se vuoi parlarne... >> chiedo borbottando a fatica << Forse ne hai bisogno >> aggiungo poi intimorita. Si volta a guardarmi, questa volta i nostri occhi si scontrano e rimaniamo lì a guardarci per un tempo che sembra un eternità, lui sembra confuso, qualcosa gli passa per la testa e vorrei tanto poter entrarci per capirlo, per sistemare tutto quel casino, quel casino che mi ha catturata in qualche modo. Ad un tratto fa un passo verso di me e qualcosa di strano inizia a volare nel mio stomaco quando la distanza si accorcia. << Vieni con me >> esclama afferendomi la mano e qual contatto mi accende, mi scuote, mi fa venire i brividi, << Dove? >> chiedo poi intimorita aspettando che mi dia una risposta, fa un respiro profondo prima di guardarmi ancora con quei occhi verdi che ora sono pieni di terrore e malinconia, << A scoprire la mia vita >>. Mi trascina per lunghi corridoi, nella mia testa passano un sacco di pensieri mentre mi guardo intorno, questa casa è enorme e credo che non ritroverei la strada per tornare in giardino da sola, anche perché non mi sto concentrando molto sul percorso che stiamo facendo, la mia mente è invasa di pensieri e ogni tanto rimango ammaliata a guardare gli ornamenti di questa casa spettacolare. Entriamo in una stanza e lui si richiude la porta alle mie spalle lasciandomi la mano, quando il contatto termina è come se una parte di me mi fosse stata strappata via. Mi guardo intorno, un enorme letto di trova sulla parete di fronte a me, un enorme finestra dà sul giardino dove tutti stanno partecipando alla festa. Molti fogli sono sparsi in giro, appesi al muro, messi su una scrivania, uno in particolare attira la mia attenzione, è l'unico che è appeso su una bacheca di sughero, insieme a tantissime foto di Jorge, Mechi e la loro famiglia. Il disegno a china ritrae una donna, sembra inerme a terra, dall'alto un soggetto scuro, che non saprei decifrare, sembra che stia risucchiando la sua anima, mentre in parte a lei è come se ci fosse un ombra che rimane li a guardarla. Mi mette i brividi, mi svuota lo stomaco, mi fa venire quasi la nausea. Ormai capisco di essere nella sua stanza, una stanza dai colori cupi, spoglia, circondata da disegni, disegni che ti tirano pugni allo stomaco. Quando mi volto me lo ritrovo davanti e mi scontro contro di lui. Indietreggio piano senza guardarlo. << Mi sei mancata >> dice poi e questo mi costringe a puntare i miei occhi scuri nei suoi, con una mano mi accarezza, << Perché sono qui? >> gli chiedo cercando di mantenere il controllo, di non farmi sopraffare dalle mie sensazioni, non voglio che prendano il sopravvento su di me, non voglio che si impossessino della mia testa e non mi facciano più ragionare, ho bisogno della mia mente lucida quando sono con lui, altrimenti è finita, altrimenti mi lancerei tra le sue braccia. Lui afferra ancora la mia mano e lentamente mi porta vicino al letto, dove mi ci fa sedere, lui piano si accomoda in parte a me. Trattengo il respiro. << Ho bisogno che tu sappia tutto di me, così forse potrai davvero capire come sono e perché sono in questo modo. Il motivo per cui non posso darti ciò che desideri >> mi si spezza il fiato in gola a quelle parole. Non dico una parola, sinceramente non so nemmeno cosa dire, non so cosa aspettarmi. Lui prima guarda a terra e poi con un po' di coraggio mi guarda negl'occhi. Rimane a fissarmi per qualche secondo, credo che stia cercando le parole giuste per spiegarsi e non mi va di mettergli fretta, non ora che di sua spontanea volontà ha deciso di fare questa cosa. << Tutto è iniziato quando ho visto mia madre morire >> dice e un senso di angoscia mi pervade.

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