Punto di rottura[2/3]

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Si svegliò che era di nuovo nella sua stanza. Niente foresta, vento o erba sotto i piedi, solo il calore rassicurante delle lenzuola. Socchiuse le palpebre e si raggomitolò sul fianco, ginocchia al petto e braccia sotto il cuscino per proteggersi dai residui del freddo. Lo sentiva ancora nelle dita dei piedi e delle mani, conficcato nelle ossa in minuscoli chiodi.

- Batuffolo? -

Il caracal aprì un occhio. Uno solo, come ogni mattina. Il filo d'argento brillava tra di loro, sparso un po' sul cuscino e un po'sulle lenzuola.

- Non so come tu abbia fatto, ma mi hai salvato la vita. Grazie. - 

Protese la mano da sotto le lenzuola e gli sfiorò la coda in una lieve carezza.

L'elementale l'aveva chiamato Anil. In jinianico significava "brezza". Nemeria lo scandì a fior di labbra, più d'una volta per dare modo alla lingua di riappropriarsi di quel suono. A-n-ì-l. Le veniva difficile dirlo senza il ruvido accento siham.

Batuffolo le leccò le dita. Il cuore batteva tranquillo, in linea con il respiro e con la quiete che regnava dentro di lui.

- Anil... -

Stavolta lo disse ad alta voce. Attese, ma non accadde nulla. Non sapeva nemmeno lei cosa aspettarsi, ma qualsiasi cosa sarebbe stato meglio del groviglio di domande che aveva in testa.

Si tirò a sedere. Le dita erano ancora umide. Nemeria le aprì e le chiuse finché il sangue non le scaldò di nuovo. Nella sua mente si definì il ricordo di lei e sua sorella mentre stendevano i panni. Srotolavano lacci di corda lunghi e spessi e li legavano tra le palme dei datteri. Poi la lingua di Krittika sibilava, la sabbia s'alzava e la brezza del deserto gonfiava le tuniche e i calzoni. Allora Etheram si metteva a rincorrerla tra quegli impalpabili festoni di tela e cotone. "Anil, anil!" chiamava.

- Aghà. - la testa di Bahar sbucò tra stipite e porta, - Dovete alzarvi, è già tardi. -

- Ci sono, ci sono. -

Scese dal letto e si vestì con gli abiti del giorno prima, mentre Batuffolo le girava tra le gambe in cerca di attenzioni. Quando s'avvide che non avrebbe ricevuto neanche una carezza, tornò ad accoccolarsi sul letto.

- Non farti trovare quando torno. Non voglio che Noriko... - 

Si bloccò con la fibbia della cintura aperta e gran parte della cinghia ancora in mano. 

- Esci e basta, per ora. -

Il caracal le lanciò una lunga occhiata, come se la volesse sfidare. Nel suo animo scoppiettava una voglia di giocare quasi da cucciolo, frizzava sotto la lingua come una caramella di zucchero.

- Mi dispiace, devo andare. - sospirò Nemeria e imboccò la porta.

Quando arrivò in cucina, Merneith stava già lavando i piatti. Il posto di Noriko era vuoto. Nemeria perse all'istante l'appetito, nonostante il cibo che la serva le aveva offerto avesse un ottimo profumino.

- Non è di vostro gradimento, aghà? - domandò Merneith.

- No, no, è davvero buono. - la rassicurò e inghiottì a forza un altro boccone di carne.

- Ho notato che avete poco appetito negli ultimi giorni. Volete che chiami Kamyar? -

- Non serve, davvero. E poi è colpa mia. Lo spuntino notturno di ieri sera valeva come un pranzo e una colazione. -

L'occhiata carica di compassione di Merneith la fece vergognare. La casa era piccola e troppe le bocche su cui rimbalzavano le voci. Le sembrava di coglierle anche nell'abbaiare dei cani.

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