Capitolo 10

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Decisi di andarmene. Salutai il nonno e in sella al motorino svanii nel traffico.
Mi diressi da Pepe, il ritrovo degli universitari.

Quando arrivai, attraverso la vetrata, notai Camilla che era indaffarata ad allestire il bancone del bar.
Entrai.

«Ciao, Cami.»
Si voltò e sorrise.
«Ciao, Viola.»
Un ragazzo che non conoscevo era dietro al bancone.
«Vuoi un caffè?» mi chiese.
«No, grazie. Sono solo venuta a salutare Camilla. Me ne vado subito.»
«Per me puoi anche stare senza consumare» disse, asciugando un bicchiere.
Gli sorrisi.

«L'hai ricevuto il messaggio?» s'intromise Camilla.
«Sì.»
«Vieni, vero?»
«Sì, certo. Lo sai che sono la prima che si butta nella mischia a ballare» dissi con un pizzico di ironia.

Camilla sapeva benissimo che ero negata a ballare e sorrise mentre tentava di staccare con
l'unghia un pezzettino di nastro adesivo dalla parte davanti del bancone.

«Ma quante volte ve lo devo dire di non attaccare i cartelloni sul bancone» disse al ragazzo che asciugava il bicchiere con tranquillità.
Quello fece un'alzata di spalle e andò avanti a contemplare controluce le macchioline sul bicchiere.

«Cosa festeggiate?» chiesi.
«L'arrivo dell'autunno. Lo sai che qui da Pepe ogni scusa è buona per fare baldoria.»
«Già.»
«Ehi, Jimmy, me lo fai un caffè, per favore?» chiese Camilla.
«Sicura che non lo vuoi anche tu?» rivolta a me.
«Ti ringrazio, ma non mi va. Si è fatta una certa» replicai, indicando l'orologio attaccato alla parete.
«Ma è prestissimo!» esclamò Camilla, ridendo di gusto.
Poi si fece seria e chiese: «Devi vederti con qualcuno?» e mi fissò negli occhi, come se volesse trovare un segreto che non c'era.
«No, Cami, non devo vedermi con nessuno.»
Fece spallucce e bevve il caffè.
«Dai, vi lascio ai vostri preparativi. Ci vediamo domani sera» dissi.
«Ci conto.»

Stavo per andarmene ma mi bloccai nel sentire una voce alle spalle che chiese: «Ci fai due caffè?»
Mi voltai.

Dall'altra stanza, quella in cui c'era la pista da ballo, sbucarono due ragazzi. Uno dei due era lo sconosciuto. Mi notò e sorrise. Io abbassai gli occhi. Mi sentivo in imbarazzo. Più che in imbarazzo. E avevo già dato il meglio di me nel pomeriggio. Ero agitata, mi tremavano le gambe, il cuore era salito fino in gola, una vampata di caldo mi investì.
Felice nel rivederlo, terrorizzata nel compiere o dire qualche stupidaggine.
Ero combattuta tra il rimanere lì e magari conoscere meglio lo sconosciuto o scappare immediatamente. Optai per la seconda.
Ma non riuscii a defilarmi.

Si avvicinarono al bancone del bar mentre discutevano tra di loro. E mi accerchiarono, come se in quel bar ci fosse stata una ressa di persone da non riuscire a muoversi, invece c'eravamo solo io e Camilla appiccicate al bancone grigio con quei due che mi intralciavano la fuga.

«Per domani sera abbiamo un sacco di musica, sia quella schifa che piace tanto ai liceali che quella alternativa che piace a noi. Ed è tutto merito suo» disse il ragazzo che era in compagnia dello sconosciuto.
«Devo sempre salvarvi il culo. Se non vi portavo i miei dischi avreste dovuto sentire quella musica che piace tanto ai pivelli» affermò, allungando un braccio dietro di me.

Che fa, mi abbraccia?
Mi pietrificai.
A quel tizio invece scappò una risatina.
Sentii il suo alito caldo vicino all'orecchio mentre mi sussurrava: «Tranquilla, Spaghetti. Non mordo.»

Rimasi in apnea per alcuni secondi e un brivido mi scese lungo la schiena. Dopo di che mi rilassai e mi resi conto che si era solo allungato verso il bancone per prendere una bustina di zucchero.

«E a te che musica piace?» chiese il moretto vicino a Camilla.
«La musica classica» dissi istintivamente. Stavo scherzando ovviamente, ma quel ragazzo ci credette.
«Davvero?»
Ma no, dai! Ho diciassette anni, adoro quella musica schifa che piace tanto ai miei coetanei, come puoi crederci? Era solo una battuta, pensai. Probabilmente possedevo la stessa ironia di mio padre. Per un attimo mi detestai. Anche se, a pensarci bene, mi piaceva ascoltare anche la musica rock degli anni novanta.
Giovanni possedeva un sacco di cd.
Lasciai perdere. E intanto quel tipo continuava a fare delle espressioni strane.

Non risposi, sorrisi e approfittando del vuoto che si era venuto a creare mentre lo sconosciuto si era spostato dietro di me per bere il caffè, salutai e uscii da quell'abbraccio ansioso.

Quel ragazzo mi faceva provare nuove sensazioni. O forse ero talmente terrorizzata da me stessa che me le procuravo io come quando mi venivano gli attacchi di ipocondria.
Ah, il cervello, che organo complicato!

Appena uscii tirai un sospiro di sollievo. Ma sentii una presenza alle spalle. Mi voltai e mi trovai a pochi centimetri dal viso dello sconosciuto.

«Che fai, mi segui?» chiesi, facendo un passo indietro.
«No, sono uscito per fumare una sigaretta.»     «Ah!»
Si accese la sigaretta e lo fissai.

Dio, quanto bello era questo ragazzo!
Troppo, talmente troppo che sarei rimasta ore, ore, ore a guardarlo, ma per evitare una denuncia di stalking avrei dovuto smettere.
E subito.

Mi avvicinai al Ciao e salii sopra.
«Funziona?» mi chiese, indicando il motorino.
«Alla grande!» risposi.
«Sei proprio buffa» disse, trattenendo una risata.
«Ancora? Me lo hai già detto due volte nel giro di poche ore» dissi, pensando che sì, era un bellissimo ragazzo, con quei capelli soffici castani spettinati, quegli occhi verdi-marroni che mi fissavano, e quella bocca carnosa, tanto da provare invidia verso quella sigaretta che poteva tastare la morbidezza di quelle labbra. Però, no, non ero poi così stupida da farmi incantare e lasciargli dire qualsiasi cosa.    «Non volevo offenderti, è un modo per dirti che sei simpatica.»
Non mi fidavo più di tanto.

«E comunque, hai un mezzo del millenovecento, ti piace la musica classica, fai spaventare a morte Moro, sei sempre sola e senza offesa, sei un po' picchiatella. In senso buono.»
Lo sapevo, l'intuito vince sempre. Mi stavo arrabbiando, anzi, ero in collera.
Chi cazzo si credeva di essere questo qui?

«Prima di tutto il mio Ciao non è del millenovecento. È del millenovecentonovantanove. È vecchiotto ma mi porta ancora in giro. La musica classica non mi piace, era solo una battuta. Probabilmente non sono una brava comica o buffa come dici tu. E quel bulletto mi ha istigata» dissi tutto d'un fiato mentre accendevo il motorino.

E sono sempre sola perché sono diffidente.
E faccio bene.

Mi infilai il casco e prima che potesse rispondere gli passai accanto e me ne andai via con il magone che tornava su prepotentemente.

Spazio autrice:
Ehila, Wattpadiani, come state?
Lo sconosciuto è ricomparso e insieme a lui anche Camilla, la migliore amica di Viola.
Secondo voi, lo sconosciuto prende in giro Viola?

ViolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora