Capitolo 61

117 15 10
                                    

Mandai un messaggio a mia mamma. Le scrissi che dormivo da Mia.
In settimana le avevo detto che da un po' di tempo frequentavo lo skatepark, che avevo dei nuovi amici e Giovanni s'intromise dicendo:
-Frequenti il parchetto oppure qualcuno che va sullo skate?
-Fatti gli affari tuoi, gli avevo risposto.
Quello era ottuso alla quinta potenza, ma quando si trattava di me, sembrava capire tutto al volo.
Mia madre mi rispose con una raccomandazione: -Usa il preservativo.
Seguito da un emoticon che arrossiva.

Giulio che se ne stava di fianco a me, con la schiena appoggiata allo schienale del letto, scoppiò in una risata.
«Forte! Cioè, tua madre ti dice 'ste cose?»
«Non sta scrivendo lei. Vuoi vedere chi è?»
Fece sì con la testa.

Stavo scommettendo con me stessa che Giovanni le aveva preso il cellulare e avesse risposto al suo posto, così ribattei:
-Mio caro Giovanni, detto da te non è credibile. N.B.: guarda la pancia enorme che ha la tua ragazza.
E aggiunsi l'emoticon che si teneva le mani sulle guance.

«Giovanni è mio fratello. E lui, che mi consiglia di usare il preservativo, è come se mi avesse appena detto che è laureato in medicina, con la specializzazione in ginecologia. Ha messo incinta Francesca e da allora l'ha portata a vivere da noi. Capisci?»
«Però è stato premuroso» disse Giulio che si spostò a leggere la risposta di Giovanni.

-N.B. Che cazzo significa? Non bestemmiare? Non barare? È un codice, un nuovo modo per fare le faccine?
Giulio scoppiò in una risata, io lo guardai con una smorfia e risposi al messaggio.
-Significa: Nota Bene.
E portandomi il cellulare vicino alla bocca dissi ad alta voce: Asino!
Non lo scrissi perché sapevo che non mi avrebbe lasciata stare.

-Minchia, sorella. Ma quante ne sai?
-Troppe.
-Comunque...Nota Bene... che cazzo devo notare?
Stavo perdendo la pazienza.
-La frase scritta dopo N.B.
-Non ho capito un cazzo, ma va bene lo stesso.
-Meglio così. Buonanotte.
E chiusi Whatsapp mentre Giulio stava ridendo a crepapelle.

Il giorno dopo, ci venne a svegliare Mia.
Aprii gli occhi e me la trovai sdraiata sul letto che ci sussurrava: «Sveglia, piccioncini.»
Le sorrisi mentre Giulio la implorava di farlo dormire ancora un po'.

Indossavo solo una maglietta, non mia, di suo fratello e sentii freddo alle gambe, così presi i miei leggins e me li infilai. E poi la seguii in cucina.

Mi sedetti su una sedia intorno al tavolo mentre lei versava del caffè dentro le tazze piene di latte. Si sedette di fronte a me e mangiando i biscotti, mi fissava.
Ero rapita dalla sua bellezza e dal suo modo di fare.
Se mi avessero chiesto: «A chi vorresti assomigliare?» avrei scelto lei come modello.

«Sono felice, per voi due» esordì, mentre cercava di tirare fuori dalla tazza un pezzo di biscotto.
«Mi fa piacere» le risposi.
«All'inizio, quando ancora non ti conoscevo, avevo paura che mio fratello avesse scelto un'altra ragazza che lo avrebbe fatto soffrire.
Poi, con il tempo, quando ho iniziato a conoscerti, ho sperato insieme a lui che avresti fatto la scelta giusta.»
«In che senso?»
«Giulio ti aveva vista una sera da Pepe e tu gli avevi rivolto la parola. Era così contento che me lo venne a dire. Poi, ogni volta che passavi dal parchetto, si fermava sullo skate, ti guardava passare, sospirava e ritornava a volteggiare.»
«Non le sapevo queste cose» risposi sorpresa.
Anche se una volta mi aveva confessato che spesso, se non sempre, mi vedeva passare mentre andavo a casa.

«Non dirgli che te l'ho detto. Magari poi lo farà lui. Era solo per spiegarti quanto lo stai rendendo felice.»
«Anche lui mi rende felice. Io mi sento fortunata ad avervi conosciuto.»

«Eccolo qui, il dormiglione!» esclamò Mia, mettendosi il dito sulla bocca, in segno di silenzio.

Giulio venne verso di me, si abbassò, mi diede un bacio sulla guancia e poi andò verso il piano cottura, prese la caffettiera e si versò un po' di caffè.
Rimase appoggiato al marmo della cucina e ci guardò.

Dio, quanto era bello, anche con la faccia stropicciata!
Mi sarei alzata e gli avrei mordicchiato quelle labbra carnose insieme al piercing.

Dopo aver finito di sorseggiare il caffè, diede uno sguardo fuori dalla finestra.
Era una bella giornata di sole e scostando la tenda fu investito dalla luce. Si coprì gli occhi, prese una sigaretta da un pacchetto sopra a una mensola, se la accese e si sedette di fianco a me allungando i piedi sopra una sedia vuota.

«Ciao! Ci  conosciamo?» mi disse sorridendo.
Le fossette ai lati della bocca erano meravigliose.
«Ciao! No, non ci conosciamo. Sono solo di passaggio» risposi non riuscendo a trattenere una risata.
«Beh, approfittiamone!» continuò.
«Vi ricordo che ci sono anch'io con voi, in questa casa» s'intromise Mia.
«Anche tu sei di passaggio?» scherzò Giulio.
«Sì, sono di passaggio, passeggio, sul piaggio, mi atteggio, che oltraggio, e poi volteggio.»
«E spari parole a cazzo. Interessante!»
Scoppiai a ridere.
Li adoravo.
E tanti cari saluti di addio, tristezza.

Dopo aver pranzato, ci mettemmo sul divano a guardare un paio di puntate di Stranger Things.
Si aggiunsero anche Luca e Ginevra.
Passammo il pomeriggio a chiacchierare, a mangiare i popcorn, a farci i selfie, a ridere, a scherzare.

Nonostante ci fosse il sole, decidemmo di stare in casa. L'aria era comunque fresca e invernale.
Mia si mise a trafficare in cucina. Si era messa in testa di preparare l'arrosto per la cena. Doveva solamente scongelarlo, accendere il  forno e metterlo dentro. Non ci voleva una scienza, ma a quanto pare non era portata. Nemmeno io. Così Giulio le mostrò come fare.
Era bello guardarli mentre cercavano di collaborare. Si facevano i dispetti ma si capiva quanto affetto c'era tra di loro. Ti veniva voglia di abbracciarli.

Verso sera decisi di tornare a casa. Salutai tutti quanti, distribuendo baci e abbracci, come se stessi partendo per un lungo viaggio, e poi, sulla porta di casa, Giulio disse:
«Permette, signorina?» e piegò il braccio.
«Molto volentieri» risposi, mentre feci passare la mano sotto il suo avambraccio, mi aggrappai e scesi le scale insieme a lui.

Arrivammo davanti al mio condominio e mi sentii un po' triste.
«Sono stata bene.»
«Anch'io.»
«Talmente bene, che non voglio andare a casa.»
«Non ci andare. Ritorna da me.»
«Glielo dici tu a mio fratello?»
«Perché no? Non mi dispiacerebbe conoscerlo.»
«Un giorno di questi, te lo presento. Ti presento tutta la mia famiglia.»
«Uhh, che onore!»
«Esagerato.»

Giulio mi portò vicino a sé e mi baciò. Era così dolce e amorevole. Io mi persi tra le sue labbra. Giocai con il suo piercing.

Sentii arrivare uno scooter. Mi staccai da Giulio e quando mi voltai, riconobbi Carlo.
«Ciao!» dissi agitando la mano.
Rallentò e passandoci vicini ricambiò il saluto e poi proseguì verso il retro del condominio.

«Quello è Carlo. È il mio migliore amico. Solo che è un po' che non ci frequentiamo. In realtà, è da un po' che non ci parliamo. Esce con una ragazza che odio» dissi a Giulio che se ne stava lì, fermo, immobile, a puntarmi addosso quegli occhioni blu.
«Lo so. Cioè, lo so, non so un cazzo di lui, però so che è tuo amico. Vi ho sempre visti insieme. Ero arrivato a pensare che potesse essere il tuo ragazzo.»
«Chi, Carlo? Nah!»
«Perché, scusa. Che male c'è a pensarla così?»
«Nulla. Però lui è sempre stato solo un amico per me.»
«E invece lui ti sbavava dietro, sicuro.»
«Come fai a saperlo?»
«Beh, è sempre la solita storia. Lui che fa l'amico ma che in fondo la ama.»
«In effetti.»

Prima di entrare in casa desideravo dirgli una cosa.
«Non so dove ci porterà questa nostra storia, so solo che con te mi sento a mio agio, sto bene, sono felice.»
«Idem!»
«Che cazzo di risposta è, idem?» chiesi mostrandogli uno sguardo offeso.
«Volevo fare il figo. » e scoppiò in una risata.

Affondò il viso nei miei capelli, mi strinse forte in un abbraccio e con un tono di voce serio, disse: «Io con te mi sento a casa.»

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Finalmente, Viola ha trovato una persona sincera e che la ama sul serio.
La fortuna è dalla sua parte? ❤️

ViolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora