Capitolo 41

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Quando superai il cancello di casa sua, Lore mi fece segno di seguirlo. Oltrepassammo la villa, svoltammo a destra e notai una piccola dépandance in pietra bianca con un porticato di legno scuro.
Lore parcheggiò la mini e io mollai il Ciao vicino a una siepe.

Osservavo quella piccola costruzione pensando di non aver mai visto una casetta così bella se non solo sulle riviste.
Sotto al porticato c'era un divano nero moderno con grossi cuscini bianchi, due poltrone e un tavolino di vetro.
La porta blindata era di legno scuro e ai lati due grosse finestre.

«Puoi entrare» mi disse Lore aprendo la porta.
Lo guardai mostrandogli un sorriso e misi piede dentro la dépandance.
Rimasi a bocca aperta.
L'arredamento della sala era moderno e accogliente. Mi sarei sdraiata su quel grosso divano bianco e avrei fissato per ore il camino acceso. Lore mi cinse i fianchi e mi fece voltare. Portò la mano sotto il mento e guardandomi negli occhi mi diede un bacio. Mi sentivo così bene insieme a lui. Aveva la capacità di azzerare tutto il resto. Persino i pensieri tristi che avevo provato precedentemente.

Mi lasciai trasportare dal solito desiderio che esplodeva quando ero con lui.
Gli misi le braccia al collo e lo baciai, lui mi tirò su di peso, allargai le gambe intorno alla vita e mi portò nella stanza da letto.
Se non mi avesse posseduta subito sarei esplosa. Mi sdraiò nel letto e mi sfilò i jeans. Io mi tolsi la maglia e fremevo. Volevo sentirlo dentro di me. Mi guardò e si spogliò.
«Ti voglio» dissi ansimando.
«Per favore?» lo supplicai.

Mi regalò uno di quei sorrisi che mi facevano impazzire. Si mise sopra di me e iniziò a baciarmi il viso, la bocca, le guance, il collo e scese giù. Mi tolse il reggiseno e continuò con quella piacevole tortura. Io lo abbracciai forte e poi con le mani cercai la sua erezione. Afferrò
le mie mani, mi allargò le braccia e continuò a baciarmi fino ad arrivare all'ombelico, alla pancia. Mi sfilò le mutandine, mi allargò le gambe e mi stuzzicò con la lingua. Tremai per il piacere. Avrei voluto gridare. Strinsi le lenzuola e sentii tutti i muscoli del corpo contrarsi mentre venivo travolta dall'orgasmo.

Lore salì sopra di me e entrò con una tale forza che dovetti trattenere il respiro.
«Io sono tuo, soltanto tuo e di nessun'altra» mi sussurrò all'orecchio mentre spingeva con più forza.
«Mi stai facendo male» dissi.
Ma lui continuava a spingere, avanti e indietro, avanti e indietro, stava combattendo contro qualcosa e io dovetti trattenere un urlo di dolore.
«Fermati, Lore.»
Ma lui non mi ascoltò e aggiunse: «E tu sei mia, soltanto mia e di nessun altro» ringhiò fino ad accasciarsi su di me.

Ero scioccata.
Non riuscivo a capire l'atteggiamento che aveva avuto nei miei confronti. Lore era sempre stato dolce e premuroso, e in quel frangente non lo riconoscevo più.

Si sdraiò al mio fianco e mi accarezzò il viso. Una lacrima scivolò sulla guancia e lui la fermò con le labbra.
«Perdonami, non volevo farti del male» mi disse accarezzandomi i capelli.
«Ho un problema con la rabbia» continuò. «E sentirti dire che non me ne frega un cazzo di te, mi ha fatto scattare l'impulso.»
«Mi hai fatto paura» confessai.
«Mi dispiace piccola mia, non era mia intenzione. Non succederà più. Te lo prometto.»
«Non c'è bisogno di promettere. Io mi fido di te» dissi avvicinandomi.
Anche se non ero così sicura.
«Io ti amo da morire» rispose e mi avvolse in un abbraccio.

Lore mi disse che potevo usufruire della doccia, mentre lui avvertiva la madre che saremmo rimasti lì per cena. Dovevamo assolutamente parlare della denuncia di Moro.
Andai in bagno e feci una doccia. Quando tornai in stanza, trovai un pacchettino con un biglietto. Era un regalo da parte di Lore e nel biglietto c'era scritta una frase di Shakespeare: "L'amor guarda non con gli occhi ma con l'anima."

Scartai il regalo e dentro una scatola c'era un completino intimo. Lo indossai.
«Ti sta così bene che sarebbe un peccato togliertelo di nuovo» disse Lore, facendomi voltare.
«Se vuoi me lo tolgo io» risposi con malizia.
«Non mi stuzzicare. Sta arrivando mia madre.»
Lo guardai terrorizzata e mi vestii al volo.

Lore rise di gusto. Io gli tirai un cuscino sulla faccia. Smise di ridere e venne verso di me, mi buttò sul letto e mi fece il solletico.
«Ti prego, basta. Non lo sopporto.»
«È permesso?» disse una voce che proveniva dalla sala.
«Sì, mamma. Entra pure» rispose Lore dandomi un bacio a stampo.
Ci tirammo su dal letto e andammo di là, da Emma.

Quando la vidi sorridente sulla porta di casa, io mi sentii in difetto e le dissi: «Vorrei scusarmi con lei per ieri sera.»
Per aver mandato affanculo suo marito, aggiunsi mentalmente.

«Non c'è bisogno di scusarti. Se non lo avessi fatto tu, l'avrei mandato affanculo io mio marito.»
La sua risposta mi spiazzò.
«Non sai quanto mi hai fatto felice. Lo so che non è normale una cosa del genere, ma mio marito non deve permettersi di fare il padrone della vita degli altri. Odio quell'abuso di potere. E aveva bisogno di una bella risposta per farlo ritornare sulla terra.» e scoppiò in una risata. Sgranai gli occhi e vidi che anche Lorenzo rise di gusto insieme a sua madre.
E alla fine sorrisi anch'io, anche se non capivo molto quella loro reazione.

Ci sedemmo sul divano e la ascoltammo.
Aveva già preparato la lettera di querela da inviare al bulletto e ci stava spiegando come comportarci, soprattutto con Lore, quando venne a sapere che Moro mi aveva minacciata con il coltello.

«Io l'ammazzo! Giuro che lo ammazzo!» disse Lore con rabbia. «Perché non mi hai detto niente?» mi chiese, mostrandomi uno sguardo inferocito.
«Perché avevo paura della tua reazione. Tipo quella che hai appena avuto» dissi, cercando un aiuto da Emma.
«Calmati, Lorenzo! Lo so che ti fa imbestialire questa cosa. Credi che a me non faccia nessuno effetto? Questa volta andremo fino in fondo, lo dobbiamo anche a Elena» disse con un velo di tristezza.
Chi era Elena?
E che cosa era successo?

«Questa volta se non ci riusciamo, io...»
Lore lasciò la frase in sospeso, mentre io lo guardavo stupita. Mi aveva confessato di avere dei problemi con la rabbia e probabilmente quella Elena c'entrava qualcosa.

«Il bullismo è un reato e tu hai tutto il diritto di essere risarcita» continuò Emma.
«Io vorrei solo che Moro mi lasciasse in pace» dissi con un filo di voce.
«Ed è ciò che farà. Non ti preoccupare. Però sappi che non sarà facile, suo padre è molto potente, ma io farò di tutto per vincere la causa. E tu sarai risarcita per i danni morali, fisici, esistenziali.»
Annuii e mi strinsi nelle spalle.
Io tutta sta fiducia nella giustizia non ce l'avevo.
Speravo solo che Moro mi lasciasse in pace.

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
La mamma di Lore aiuterà Viola?
E chi sarà mai questa Elena? ❤️

ViolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora