Capitolo 50

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Appena aprii gli occhi, sentii la suoneria del telefono.
Allungai il braccio verso il comodino e lo presi. Sul display c'era un numero sconosciuto. Rimasi a fissarlo e risposi dopo molti squilli.

Era Emma, la madre di Lorenzo.
Voleva sapere cosa fosse successo.
Voleva una spiegazione sul perché suo figlio stesse soffrendo.

Già, lui soffriva, io invece, come stavo?

Mi disse che Lorenzo aveva preso a pugni il muro di camera sua e si era spaccato la mano. La lasciai parlare restando in silenzio.
Ero sicura che Lorenzo non le avesse detto tutta la verità.

Mi disse anche che potevamo aggiustare qualsiasi cosa fosse successa tra di noi.
Che l'amore che provava suo figlio era vero.

E il mio cos'era, fittizio?

In tutta la conversazione esisteva solo lui, io ero solo una comparsa. Non mi chiese come mi sentivo. Parlava, dava consigli, sparava sentenze. E pensare che mi ero fatta su di lei un'altra idea, invece si stava dimostrando la classica chioccia. E finì la telefonata dicendomi che se non avessi dato un'altra chance a suo figlio, non se la sentiva di andare avanti con la denuncia nei confronti di Moro. Non le sembrava giusto verso Lorenzo.
A me sembrava più un ricatto.
Non dissi nulla e non riuscii nemmeno a salutarla. Riattaccò.

Mi alzai dal letto con la sensazione di amaro in bocca. Mi sentivo delusa, sconfitta, amareggiata.
Non ne parlai con nessun membro della famiglia e nessuno di loro si accorse di niente. In quella casa vigeva da parecchio tempo, se non da sempre, il menefreghismo nei miei confronti.

E per la prima volta, ringraziai Dio per avermi fatto nascere in questa famiglia, cosicché non dovevo dare spiegazioni, a parte Giovanni che appena mi vide spuntare dal corridoio, mi chiese:
«Che cazzo di incubo hai fatto stanotte? Continuavi a urlare: perché mi hai fatto questo, Lorenzo? Perché?» e mimò la frase usando una voce in falsetto.
Francesca era vicino al lavandino e rise.

Urlavo il nome di Lorenzo?
Non me lo ricordavo. Non ricordavo proprio di aver sognato.

«A proposito, come sta andando la vostra love story?» continuò.
«E te da quand'è che parli inglese?» glissai l'argomento, evitando di rispondere.
«Non hai risposto alla mia domanda. Uhm, ho toccato un tasto dolente?»
Mio fratello non era poi così stupido come credevo. Lasciai perdere.

Quando finii di fare colazione, andai sul divano a giocare un po' con Sofia. Dovevo distrarmi. Quella telefonata mi aveva resa vulnerabile. Quando le cose non andavano per il verso giusto, potevano solo peggiorare.

Avevo tralasciato gli studi clandestini, mi era passata la fissa con le parole della lista del giorno, avevo perso il mio migliore amico; Moro, forse, aveva vinto e poteva bullizzarmi di continuo senza il rischio di essere denunciato e ora sentivo di aver perso la speranza di tornare insieme a Lorenzo.
L'amore che provavo per lui c'era ancora ma sentivo che si affievoliva giorno dopo giorno.
E sentivo salire la voglia di ribellione verso tutti. Avrei combinato qualche cazzata, ne ero certa.

Nel pomeriggio rimasi in camera e ascoltai un po' di musica. Giulio mi aveva mandato un sacco di roba nuova. Tanta musica trap. Ascoltai in loop, Cupido di Sfera alternandola con Ninna nanna di Ghali. E gli confessai che avevo una fissa con le canzoni di Fabri Fibra. Tutte, anche quelle più vecchie.

Poi feci un pisolino e come al solito durò parecchio. Mi svegliai che era ora di cena.
Mi feci una doccia e quando andai in cucina mia madre stava tirando fuori dal forno la teglia di pizza e tutti gli altri membri della famiglia erano già seduti per cenare.
Mangiai in silenzio e li lasciai ai loro soliti discorsi e quando finii andai nello sgabuzzino.

Seduta sul letto, con la schiena appoggiata al muro lessi un messaggio di Lore:
-Voglio vederti. Dammi una possibilità, ti prego.
Sospirai e mi si strinse il cuore.
Volevo vederlo, non potevo continuare a negarlo.
Ma avevo paura.
-Stasera vado da Pepe.
Inviai il messaggio e sentii l'ansia alla pancia nel leggere la sua risposta:
-Ci vediamo lì.

Verso le dieci di sera uscii di casa, presi il Ciao e feci un giro.
Diedi un'occhiata verso lo skatepark e notai un po' di movimento. Mi avvicinai, spensi il motorino, misi il cavalletto e notai Mia e Ginevra vicine alla scalinata insieme ad altre persone. Le raggiunsi.
Giulio era in pista sullo skate.

«Ciao!» fece Mia, sorpresa di vedermi.
«Ciao» risposi, salutando anche tutti gli altri, compresa Ginevra che era interessata di più a guardare in pista che a salutarmi.
Ero in imbarazzo e non sapevo cos'altro dire. Non li conoscevo e non sapevo come attaccare bottone. Così andai verso la gradinata e mi sedetti. Mia mi raggiunse.

«Lo sai che quel figo lì è mio fratello?» e indicò Giulio.
«Adesso lo so» risposi sorridendo.
«È un bravo ragazzo, ma essere bravi non significa sempre essere coglioni. Eppure lui fa sempre quella fine lì.»

Non avevo idea sul perché mi stesse dicendo quelle cose, però la ascoltai.

«Sai quante volte gli ho detto di non inseguire l'impossibile? Un sacco di volte. E secondo te lui mi ha dato retta?»
«Non saprei.»
«No, non lo ha mai fatto. È cocciuto. Se si mette in testa qualcosa, vuole ottenerla. E non sempre ci riesce. E io a dirgli: te l'avevo detto! Ma non mi ha mai dato ascolto. Capisci?»

No, non stavo capendo.
Che cazzo di strani discorsi mi stava facendo?Ero venuta qui per distrarmi, per togliermi di dosso la paura che sentivo nel rivedere Lorenzo.

«Comunque, ognuno di noi ha i propri cazzi per la testa. Ma lui è pur sempre mio fratello e vederlo soffrire mi da alla testa.»

Forse ci ero arrivata.
Forse Giulio stava ancora soffrendo per la sua ex, anche se mi aveva detto il contrario.
E lei non sapeva come aiutarlo.

Lo guardai mentre faceva un salto spettacolare sulla rampa. Trattenni il fiato.
Poi scese dallo skate, si tolse il caschetto e venne verso di noi.

«Ehi» disse mostrando un sorriso.
«Ehi» risposi.
«Gin, alza il volume. Ma quanto è bella questa canzone?» urlò Mia, alzandosi dalla gradinata. Raggiunse il gruppetto di ragazzi e si mise a ballare in mezzo a loro. Mi fece sorridere. Ballava la shuffle dance da Dio!
Rimasi incantata a guardarla.

«Che si dice?» mi chiese Giulio che si era accomodato di fianco a me.
«Il mio ex vuole vedermi.»

Non sapevo il perché gli avessi fatto quella confidenza.

«E tu lo vuoi vedere?» mi chiese serio.
Tirò fuori dalla tasca del giubbotto il tabacco e tenendo gli occhi bassi si rollò una sigaretta.
«Non lo so. Sono terrorizzata» ammisi e sentii l'ansia alla pancia.
«Anche la mia ex dopo che ci siamo lasciati mi ha voluto vedere.»
«E com'è andata?»
«Vuoi la verità?» mi chiese mentre leccava la cartina.
«Sì.»
«L'amavo ancora ma non mi fidavo più.»
Giulio accese la sigaretta e dalla bocca gli uscì un cerchio di fumo. Lo guardammo in silenzio.

«Volete bere qualcosa?» urlò Luca, quello con le nocche tatuate e i capelli sparati da una parte.
«Te ne vai o resti ancora un po'?» mi chiese alzandosi.
«Mi godo ancora un po' la festa.»
Mi tirai su anch'io e lo seguii.
Potevo rimandare la paura che provavo a incontrare Lorenzo.
Potevo rimandare l'irreparabile.

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Riuscirà Viola a incontrare Lore? ❤️

ViolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora