Capitolo 44

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Quando arrivai vicino al ritrovo degli universitari, ero congelata.
Mi fermai a guardare la vetrina del negozio dell'usato. C'era una maglietta nera con una stella rossa in centro che mi attirava.
E costava pochissimo.
Decisi di entrare.

In quel negozio si soffocava dal caldo. Mi tolsi la sciarpa e il giubbotto. E nonostante fosse presto, c'erano un sacco di studenti fermi davanti allo scaffale dei giochi per la Xbox. Passai accanto e mi diressi verso la ragazza che se ne stava vicino allo scaffale dei vestiti.

I suoi capelli rasta castani erano raccolti in una specie di coda, sorretta da un grosso elastico nero. Aveva un piercing al naso, uno sul labbro e indossava un paio di jeans strappati e un maglione di lana, giallo limone.
E aveva un sorriso magnifico.
Si accorse di me.

«Ciao! Posso aiutarti?» chiese.
«Sì. Vorrei provare quella maglietta con la stella rossa» risposi, indicando la vetrina.
Andò verso uno scaffale dove c'erano riposte un sacco di magliette. Io la seguii.
«Che taglia?»
«Una M.»
Ne prese una dal mucchio e me la passò.

Lasciai a terra la sacca e il giubbotto, entrai nel camerino e la indossai. Quando uscii mi guardai allo specchio. Ero entusiasta.
Mi piaceva da morire.
«È perfetta!» esclamò una voce maschile alle mie spalle.
Mi voltai e riconobbi quel ragazzo.

L'avevo già visto molte volte da Pepe. E in un'occasione gli avevo chiesto informazioni sulla canzone Killing in the name dei RATM.
E dopo avermi risposto era andato in mezzo alla folla a pogare. Ma non gli avevo più parlato e questa sua affermazione mi fece arrossire. Gli mostrai un sorriso e lo fissai.

Aveva i capelli castani, spettinati, e degli occhi blu che ti catturavano. Dovetti spostare lo sguardo.
«Ti sta proprio bene» insistette.
«Grazie» risposi, mentre fissavo il piercing che aveva sotto il labbro inferiore.
Ne ero attratta e capii che era meglio tagliare la corda.

«Oggi, anche la tua scuola è chiusa?» mi chiese mentre tornai a guardarlo negli occhi.
Le scuole erano chiuse? pensai.
«Non studio» risposi d'istinto.
«Oggi le scuole sono chiuse?» chiesi curiosa.
«Sì, per la neve.»
«Ah!»
Pensai a Lorenzo.
Chissà se anche lui fosse rimasto a casa per il disagio che la neve stava creando.

Entrai nel camerino, indossai il maglione sopra la maglietta con la stella rossa e quando uscii raccolsi la sacca e il giubbotto.
«Io vado» dissi.
Quegli occhi blu mi stavano facendo uno strano effetto. Erano talmente belli che ti potevi perdere.
«Ci si vede in giro, allora.» e mi fece l'occhiolino.
Annuii e andai verso la cassa.

La titolare del negozio era indaffarata a cercare un gioco insieme a due studenti. Osservai con la coda dell'occhio il ragazzo dagli occhi blu. Mi stava fissando. E io mi sentivo in imbarazzo. Non sapevo il motivo, ma ero in agitazione.
Cercai di incrociare lo sguardo della ragazza e appena mi notò le feci cenno di venire alla cassa. Arrivò, mi fece pagare e uscii alla svelta dal negozio.

Quando fui all'aria aperta tirai un sospiro di sollievo.
Che diavolo mi stava prendendo?
E quello che aveva da fissarmi in quel modo?Scrollai la testa e mi avviai da Pepe.

Li osservai tutti quanti attraverso la vetrata. Erano tutti indaffarati a scaldarsi, a fare colazione, a socializzare, a farsi i selfie.
E dalle loro espressioni capivi quanto erano felici della loro libertà.

Sapevo che se fossi entrata avrei rischiato di incontrare Moro e il suo seguito. Ma speravo che in mezzo a tutta quella folla non si sarebbe azzardato a usare la solita violenza.
Forse, solo verbale.

Ma il desiderio di stare in mezzo ai miei coetanei mi spingeva dentro, come se fossi stata a un concerto e mi lasciassi trascinare dalla folla verso il palco. Non era poi così brutta quella sensazione. E io che non vivevo come loro, ogni giorno, avrei rischiato volentieri.

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