Capitolo 62

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Vivevo le mie giornate con spensieratezza, buttandomi alle spalle tutto ciò che era successo. Non ero rimasta ferma a piangermi addosso. Avevo diciassette anni, avevo trovato degli amici meravigliosi e un ragazzo di cui potermi fidare e perdere la testa semplicemente guardandolo negli occhi.

E se avessi potuto pescare dal dizionario una sola e semplice parola di otto lettere che racchiudeva un mondo, avrei scelto, felicità:
lo stato d'animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri, la cui radice "fe" significa abbondanza, ricchezza, prosperità.
E io mi sentivo abbondantemente felice.

Passai la giornata di lavoro con il sorriso stampato in faccia. I miei colleghi si erano accorti del mio stato d'animo e gioivano con me senza motivo.
Forse, la felicità si trasmetteva come un virus e io li avevo contagiati.

Durante la pausa pranzo mandai un messaggio a Giulio:
-Non vedo l'ora di vederti, per poterti abbracciare, per poter stropicciare quei capelli soffici. A dopo, occhi blu.
Mi rispose subito:
-Anch'io non vedo l'ora di stropicciarti un po'. A dopo, mio più dolce pensiero.

Sorrisi e tornai in reparto.
La giornata volò, stranamente. E quando uscii, mi diressi a casa. Desideravo fare una doccia e poi correre al parchetto e abbracciare Giulio.

Quando arrivai davanti al condominio, mi diressi nel retro dove c'erano i garage e parcheggiai il motorino, al solito posto.

Scesi e mentre mi dirigevo alla porta, sentii una voce che mi chiamava: «Viola!»
Mi voltai e vidi la signora Faina, affacciata al balcone di casa sua. Con lei c'era Sofia che mi salutava con la manina.

«Giovanni ha accompagnato tua madre all'ospedale, insieme a tua cognata» urlò.
«Come mai? Che succede?» chiesi allarmata.
«Le si sono rotte le acque.»
«Oh, cazzo! Grazie per l'informazione. Sofia, ci vediamo dopo» dissi, e senza pensarci due volte, ritornai verso il Ciao, lo accesi, infilai il casco e partii.

Ero elettrizzata, stava per nascere il mio fratellino.
Qualcuno avrà informato mio padre?
Uscii dalla via e m'immersi nel traffico.
Sì, qualcuno lo avrà fatto.

Dai, vecchietto, parti che il verde è scattato!
Lo sorpassai da destra, schivando una macchina parcheggiata, continuai, ma subito dopo rallentai e alla fine mi dovetti fermare, osservando una donna con il passeggino che attraversava le strisce pedonali.

Cazzo stai facendo, la leggendaria passeggiata dei Beatles?
Muoviti, dai!

Quando mi trovavo in mezzo al traffico, in sella sul motorino, cercavo sempre di stare attenta, ma in quel momento, avevo l'adrenalina a mille e non vedevo l'ora di arrivare in ospedale.

Superai la statua della Minerva, proseguii per un paio di chilometri, e arrivai alla grande rotonda che portava al Policlinico San Matteo. Si iniziava a scorgere la facciata.

Avevo la precedenza e svoltando di poco verso sinistra, vidi arrivare uno scooter che mi tagliò la strada e continuò il suo percorso.
Non feci in tempo a frenare, persi l'equilibrio e una macchina che arrivava dalla parte destra dell'incrocio, mi prese in pieno, a tutta velocità.

Sbalzai dal motorino per parecchi metri e caddi sull'asfalto.
Ero immobile, scioccata, sentivo il gusto del sangue in bocca, ma non il dolore.
Come se fossi anestetizzata.

In lontananza, con il viso appoggiato sull'asfalto, osservai il mio Ciao, compagno di mille avventure.
E distesa a terra, in mezzo a quella strada trafficata, pensai: «Non voglio morire!»

Spazio autrice:
Ehilà, Wattpadiani, come state?
Chi guidava lo scooter secondo voi?
Vi aspettavate un fine simile?
Voglio ricordarvi però, che Viola è tenace, leggete il capitolo finale, ve lo consiglio. 😂❤️

ViolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora