chapter 4

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<<Ciao piccola Bethney! Ti stavamo giusto aspettando>>

Mi spinge dentro per poi chiudere il portone.
<<Siamo tutti in soggiorno a parlare, quando hai finito di sistemarti vieni pure>> Sorride e si tira più giù la gonna.

<<Egor! Frederick! Vienite a fare vedere le camerate a Bethney!>> Urla con tutto il fiato.

Una decina di bambini mi corrono incontro scendendo dalle grandi scale.
<<Avevo chiesto solo a due, ma va bene lo stesso>> Ridacchia, mi da dei colpetti sulla schiena invitandomi a seguirli.

Sono come paralizzata.
Indietreggio fino ad arrivare con la schiena contro il legno della porta.

<<Bravi! L'avete spaventata!>> Esclama una voce familiare.
Dalla "folla" esce un bambino che già conosco.
Cooper!

<<Scusa, non avevamo intenzione di metterti paura>>
Mi prende una mano e mi tira verso di lui.
I suoi occhi sono uguali ai miei.
"Azzurri come il cielo", mi diceva mamma.

<<Vieni ti portiamo al tuo letto>> Comincia a trascinarmi al piano di sopra.
Mentre saliamo sento dei passi leggeri dietro di me.

Mi giro e trovo tutti i bambini che avevo incontrato al parco.
Solo tre non conosco.

Uno con i capelli biondi chiari chiari, un altro bruno e l'ultimo ha una capigliatura scurissima, di un nero neroso, tipo il pelo delle pantere.

Non appena vedo una lunga stanza con letti ai lati mi viene da piangere.
Come diavolo ci sono finita qui?

<<Questa è la camerata delle femmine, quella di fronte e nostra, dei maschi>>

Mi informa gentilmente Cooper.
Annuisco e mi dirigo infondo, verso l'ultimo letto della fila di destra.

Le coperte sono rosse, mentre le lenzuola e le federe bianche.
Almeno non sono grigie come i muri esterni.
Noto che dietro alla testiera c'è un armadio, non troppo piccolo.
Il giusto.

Afferro la borsa e la lascio cadere sopra il materasso.
<<Se vuoi ti aiuto>>

Sento sussurrare davanti a me.
Mi soffio via una ciocca da davanti i capelli e mi ritrovo un capellone biondo.

È un amico di Cooper, sicuro.
Com'è che si chiama?
S qualcosa. Set? Scott?
<<Sebastian>> Si schiarisce la voce e tira indietro la sua massa color oro, che non appena tira via la mano, torna esattamente come prima.

<<Scusa, non me lo ricordavo>>

Ammetto ricominciando a sistemare i vestiti e gli oggetti.
Noto con stupore che si arrampica sull'anta per mettere sopra l'armadio la valigetta.

<<Quelli sono i tuoi genitori?>> Indica la foto più grande, ovvero loro due sorridenti.
Annuisco strizzando gli occhi.
Non piangere, non piangere, non piange!
La rimette dov'era prima e mi guarda.

Aspetto il solito "mi dispiace" ma fortunatamente non arriva.
<<I tuoi? Cos'è successo?>>

Mi avvicino sedendomi davanti a lui.
Non sembra avere intenzione di parlare.
Mi affretto a dire che non ha importanza, ma mi interrompe.
<<Li hanno uccisi>> Parla con sguardo impassibile. [sopra]

<<Oh, chi?>> Chino la testa da un lato sperando di non fare la figura della ficca naso.
Anche se facendo domande sulla vita privata, è quasi impossibile non esserlo.

<<Non lo so>> Scrolla le spalle.
Si alza e io lo seguo.
<<Ti prego non lasciarmi da sola>> Dico velocemente, non voglio passare per quella fifona.
Ma questo posto non mi trasmette sicurezza.

Quando alzo lo sguardo lo vedo sorridere.
Mi prende la mano e si avvia verso il piano di sotto.

<<Non lo farò>>

Tiro un rumoroso sospiro di sollievo.
Dai Bethney, almeno qualche amico ce l'hai.
Non c'è bisogno di essere spaventate.

Quando faccio il mio ingresso in salotto tutti si girano verso di noi.
Maledizione.

<<Bethney, cara, siediti pure>> Mi incita Helen battendo la mano sul posto libero di fianco a lei.
Con la lentezza di una lumaca mi avvicino.

<<Ora si fa il "girone" consiste solamente nel dire il proprio nome, età e come mai siamo qui, va bene?>> Mi appoggia una mano sul ginocchio.
<<Se non te la senti non fa nulla>> Sussurra per poi far partire il giro.

<<Mi chiamo Frederick Collins, ho otto anni e sto qui perché non mi volevano>>
È il bambino biondo chiaro chiaro delle scale di prima.
Mi guarda con i suoi occhi azzurri per poi passare la pallina al suo amico.

<<Sono Brayan Lee, ho otto anni, mamma è morta e credo che papà anche>>
Finalmente qualcuno con gli occhi scuri.

Alza una mano e mi saluta con un cenno.
Ricambio con meno entusiasmo.
Non perché non mi sta simpatico, ma non sono affatto a mio agio.
Cavolo, sono in orfanotrofio.

Andando avanti si presentano, Cooper, Jacob, Yerodin, Shunko e Egor, il terzo bambino delle scalinate.
Ho ascoltato principalmente loro, dato che un po' li conoscevo già.

La pallina arriva ad una bambina rossiccia che cerca subito di passarla a qualcun'altra.
<<Victoria, dai puoi farcela>>
Helen la guarda con gli occhi colmi di comprensione.

Prende un gran respiro e mi guarda.
<<Victoria Jen, ho sette anni, mio padre è morto, la mia matrigna è stata uccisa>> Fa respiri profondi.
Senza dire niente si alza e corre di sopra.

<<Anche lei è nuova, purtroppo le altre bambine la isolano>>

Helen si alza obbligando anche me.
<<Vai da lei, potete aiutatevi a vicenda>>
Se ne va in cucina seguita da tutti gli altri.
Decido di darle retta e lentamente salgo gli scalini.

È stesa sul letto di fianco al mio.
Chiudo la porta alle mie spalle causando un forte rumore.

<<Chi sei?>>

Chiede tenendo lo sguardo verso il muro.
Nonostante sia lontana riesco a sentirla per l'eco.

<<Sono io, Bethney>>
Con passi incerti vado verso di lei.
Non so come si approccia quando qualcuno soffre.

<<Come stai?>>
Tento di farla parlare mentre mi siedo sul mio materasso dando le spalle alla parete.
Non volevo farle proprio questa domanda.
Ma non saprei come iniziare una conversazione.

<<Voglio mio papà>>

Si alza e si sdraia sul mio letto.
Ah, okay.
<<Non è giusto>> Tira su con il naso e mi guarda.
Lo so Victoria, nulla di tutto questo è giusto!
<<Vuoi essere mia amica?>>

Aspetta, cosa?

Batto svariate volte le palpebre per la sorpresa.
Okay, non me l'aspettavo.
Solitamente ci metto tanto, tanto tempo a trovarmi un'amica, data la mia timidezza.

Fortunatamente Victoria è diretta.
<<Si, si, certamente!>> Sorrido allegra.
Ma quella più felice tra le due ora è lei.
Mi abbraccia forte, forse troppo forte.

Non affronterò tutto questo da sola.

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