Stretta nel mio giubbotto di pelle nero, cammino velocemente per arrivare il prima possibile a scuola. Cole mi aveva chiesto un passaggio, ma avevo gentilmente rifiutato. Avevo voglia di fare due passi da sola, per dedicarmi a me per pensare a quello che stavo andando incontro.
L'unica cosa che volevo fare - da persona codarda quale sono - era quella di scappare a gambe levate, rinchiudendomi nella mia stanza a piangermi addosso. Eppure, la Ester forte e determinata che dominava - poche volte - anima e corpo di me, aveva preso il sopravvento.
Quella mattina indossavo un jeans chiaro stretto, che fasciava alla perfezione le mie gambe corte e un po' tozze, ma che a me andavano bene così. Ci avevo abbinato un paio di stivaletti bassi neri, ed una canotta del medesimo colore, completando poi il tutto con il mio caro e fidato giubbotto di pelle. Mi ero truccata leggermente, applicando solo del mascara sulle mie ciglia e un rossetto ciliegia sulle mie labbra un po' troppo poche carnose.
Arrivai davanti ai cancelli di entrata della scuola, attraversando a passo svelto il piccolo cortile, ricevendo delle occhiate da parte di qualcuno. Quella che non mi passò inosservata, però, fu quella di Savannah. Era in compagnia delle sue auricolari, mentre era appoggiata ad uno dei muri lì presente. Distolsi lo sguardo dal suo, prendendo un respiro profondo, prima di varcare la soglia d'entrata di quello che - d'ora in poi - sarebbe stato il mio piccolo inferno personale.
"Ehi, nanerottola." La voce di Edward comparve al mio fianco, e insieme ad essa, la sua muscolatura che non passava inosservata. Non era nulla di esagerato, ma abbinata a quel bel faccino che aveva lo rendeva un ruba cuori perfetto. "Gigante." Sussurrai, in cenno di saluto. "Sei pronta a rientrare nel mondo dei comuni mortali?" Scherzò, regalandomi una gomitata amichevole. Gli tirai uno schiaffo leggero sulla nuca, che lo fece ridacchiare. "Sai, ti vedo un po' ingrassata." Iniziò a toccarsi il mento, fermandosi ad osservarmi. Una O perfetta si disegno sulle mie labbra sottili colorate di un rosso leggero, guardando prima la mia pancia e poi lui. "Non è vero!" Mi difesi.
"Sei sicura?" Domandò lentamente Edward, alzando un sopracciglio mentre si abbassava alla mia altezza. Incrociai le braccia al petto. "Ne sono sicura." Socchiusi gli occhi, sfidandolo con lo sguardo.
Si strinse nelle spalle, chiudendo per poco gli occhi. Guardo dietro le mie spalle, per poi spostare lo sguardo su di me. Mi poggiò le mani sulle spalle, iniziando a trascinarmi lungo il corridoio, verso direzione opposta a quella precedente. "Ho voglia di caffè latte, tu non hai voglia di caffè latte? Il caffè latte è buono!" Parlò velocemente, continuando ad alternare lo sguardo dalla mia figura a qualcosa dietro le mie spalle."Ma che ti prende?" Domandai confusa, inclinando di poco la testa. "Prima mi dici che sono ingrassata, poi mi vuoi portare a bere un caffè latte." Chiusi gli occhi in due fessure, portandomi le mani sui fianchi. "Credimi, mi ringrazieresti." Scosse lentamente e di poco la testa, tenendo lo sguardo fisso dietro di me.
Con un sopracciglio alzato seguii il suo sguardo, scontrandomi con gli unici occhi che avrei preferito evitare per il resto della mia vita. Socchiusi le labbra, cercando di far azionare le mie rotelle. Pensa Ester, pensa!
L'unica cosa che feci, fu quella di afferrare il polso di Edward, iniziando a correre lungo i corridoi. Le gambe andavano veloci, lo zaino leggero sbatteva contro la mia schiena, e la mia risata era in perfetta sintonia con quella di Edward.
Spintonammo un paio di persone nel tentativo di scampare il prima possibile da quella situazione, chiudendoci poi nel primo sgabuzzino che trovammo.Immersi da scope, stracci, detergenti di ogni tipo e un forte odore di candeggina ci appoggiammo in due muri diversi, trovandoci - per quanto lo spazio ristretto ci permettesse - di fronte.
Mi piegai sulle ginocchia nel tentativo di recuperare del fiato, mentre un'altra risata rilasciava le mie labbra. Edward fece la mia stessa fine, riempiendo, insieme a me, quello spazio triste e vuoto di leggere e vere risate. Ci battemmo il pugno per congratularci. "Caffè latte?" Domandò. "Andata." Annuii, uscendo insieme a lui da quel microscopico spazio.
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RomanceUna rottura di fidanzamento, una festa, un cattivo ragazzo. Andrew Sullivan, che veniva soprannominato così dagli studenti presenti nella scuola, aveva in pugno il cuore di Ester. Poteva scegliere due strade: tenerlo con se è curarlo, o romperlo co...