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Carlo scosse la testa rimestando la cannuccia nel bicchiere: mosse il collo da una parte e dall'altra sentendo alcune vertebre della parte superiore della colonna vertebrale schioccare e scrollò le spalle cercando di distendere i muscoli e sciogliere la tensione che stava lì a tenerli rigidi e duri.

Si maledì mentalmente un paio di volte cercando di ignorare il frastuono intorno a lui, scostò la cannuccia con un dito e bevve direttamente dal bicchiere il suo cocktail colorato.

Si lasciò scivolare un cubetto di ghiaccio in bocca ed iniziò a giocarci con la lingua ed i denti cercando di rendere quelle azioni di vitale importanza, tanto da impedirgli di continuare a tenere gli occhi incollati sulla pista da ballo.

Al centro della pista, sotto i riflessi argentei, blu, verdi, violacei delle lampade stroboscopiche che scendevano dal soffitto, stava Alessio.

In pochi secondi, subito dopo aver mosso un paio di passi dopo il loro arrivo, un'oretta prima, si era ritrovato al centro della pista da ballo della discoteca circondato da decine di ragazze e ragazzi: indossava solo un paio di jeans ed una camicia bianca arrotolata sui gomiti, fuori dai pantaloni ed in buona parte aperta sul petto.

Era semplice, con i suoi capelli scuri appena un po' più lunghi sotto le orecchie ed appena un po' umidi sulla fronte, gli occhi che da lontano, a causa della scarsa luce che illuminava la stanza, sembravano scuri ed il sorriso stampato in volto mentre stava lì a muoversi a tempo di musica.

Sembrava che la musica si infrangesse sul suo corpo, venisse assorbita direttamente dalla sua pelle e poi tornasse indietro, miscelando note, suoni, bassi al sangue nelle sue vene, dando nuova vita al suo corpo, plasmandolo e portandolo a muoversi a tempo: e sembrava diverso da tutti gli altri, da tutti quelli che provavano a muovere qualche passo, diverso da tutti quelli che si dimenavano ad un ritmo tutto loro, diverso da tutti gli altri che gli si affollavano intorno e che sapevano ballare davvero.

Alessio sembrava parte della musica stessa, sembrava fatto solo di musica, come se il suo corpo fosse diverso da quello di chiunque altro e non stesse lì sottomesso alla stabilità di ossa e muscoli.

Non l'aveva mai visto così e ne rimase profondamente affascinato.

-Niente male, eh?- gli chiese Tiziano con una gomitata ad accompagnare le sue parole. Carlo si massaggiò il braccio che l'altro gli aveva colpito: non gli aveva fatto male, ma tutto sembrava una buona scusa per cercare di distrarsi.

-Mh- disse semplicemente.
-Lo dicevo io che, quel ragazzo, è un vero ballerino!-

Carlo, questa volta, non ribatté ed, anche se non era sua intenzione, si ritrovò a spostare gli occhi sull'uomo con cui Alessio stava ballando: Javier.

Ora, uscire da solo con Alessio per andare a rimorchiare in una discoteca come se si trovassero all'interno del sequel sfigato del telefilm di cui gli aveva parlato l'amico, non gli era sembrata una cattiva idea.

Alessio non gli era sembrato imbarazzato all'idea di uscire da solo con lui e neanche sembrava essere infastidito dal fatto che, il suo accompagnatore, avrebbe avuto quasi il doppio dei suoi anni.

Chissà perché, una volta davanti lo specchio di casa sua, lì sul lavello del bagno mentre si radeva, Carlo si era ritrovato a fissare il riflesso di un uomo che l'aveva fatto sentire destabilizzato in ogni sua sicurezza.

Sapeva di essere quasi giunto a metà della sua vita, ma ogni giorno si svegliava pimpante, pieno di energie, voglia di fare e strafare: si radeva con meticolosa attenzione perché gli piaceva la pelle liscia del suo viso, gli piaceva che la linea sensuale della mandibola fosse ben visibile e credeva, inoltre, che la barba, tenuta anche solo appena un po' più lunga intorno alle sue labbra, ne celasse e sminuisse le linee armoniose, togliendo anche risalto agli zigomi alti che rendevano il suo viso molto mascolino. Per questo, si radeva ogni giorno.

QUANDO TUTTO FINISCE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora