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-Che diavolo hai fatto al viso?-

Alessio sussultò e cercò di nascondere il livido voltandosi nella direzione opposta e finendo per dare le spalle a Javier:
-Niente- disse cercando di distogliere la curiosità dell'altro da sé: si trovavano all'interno della sala da ballo dove entrambi insegnavano ai loro adolescenti allievi in attesa che, quest'ultimi, arrivassero per la lezione del pomeriggio.

La stanza era grande e luminosa, come se tutta quella luce fosse un po' il marchio di fabbrica della scuola di Kalisa: anche nelle giornate di pioggia, dove non si presentava il sole a scaldare le pareti illuminando i loro passi di danza, arrivava a sopperire, a tale mancanza, un impianto d'illuminazione da fare invidia.

Il pavimento era stato pulito poco prima dell'arrivo dei due insegnati: era liscissimo ed accoglieva i passi come se fossero carezze sulla pelle.

Alessio accese lo stereo per poi correre al centro della stanza ponendosi davanti lo specchio che riempiva l'intera parete di fondo.

Si pose in piqué ponendo la gamba sinistra in dégagé, ma non arrivò mai a poggiare la punta del piede a terra poiché Javier spense lo stereo.

-Tra poco arrivano i ragazzi- disse incrociando le braccia sul petto ed Alessio sbuffò infastidito:
-E quindi, non posso fare un po' di riscaldamento?-

-Che hai fatto al viso? Sembra che ti sia preso a pugni con qualcuno-

Il ragazzo sbuffò nuovamente e superò il suo collega percorrendo la stanza a grandi passi trovandosi ben presto al fianco dell'altro.

Si trovarono a fissarsi occhi negli occhi: Alessio allungò un braccio sfiorando uno dei fianchi di Javier e riaccese lo stereo.

Tornò al punto di partenza piroettando per la stanza e Javier strinse le labbra in una linea sottile accarezzando con gli occhi le forme delicate del corpo di Alessio e percependo un principio di rabbia solleticargli il petto.

Spense lo stereo.

Alessio interruppe i suoi passi sbuffando e sembrò come sciogliersi sul posto, trovandosi di colpo seduto sul pavimento. Allungo le braccia dietro di sé poggiando le palme delle mani a terra e fissò il volto dell'altro con una punta di rassegnazione a rendergli meno luminosi gli occhi chiari.

-Prima il tatuaggio, adesso questo. Anche la pazienza di Kalisa ha un limite- a quelle parole, il ragazzo scosse la testa e si stese sul pavimento.

-Coprivo sempre il tatuaggio quando mi esibivo: ho trovato un fondotinta niente male-
-Perché non l'hai usato per coprire il livido? Sei così sfacciato da infischiartene del tuo aspetto quando, nel nostro lavoro, è uno degli elementi fondamentali-
-Leggiadro, delicato, sovershenyy... come dice sempre Kalisa-

-Ma tu non mi sembri "perfetto" neanche un po'-
-Devo farti da assistente ad una lezione di danza, non esibirmi... a chi importa se non sono perfetto?-

-Così, hai pensato bene di indispettire noi comuni mortali mettendoti a fare a pugni e presentandoti in questo stato in una scuola come questa dove, cose di questo genere, fatte da qualsiasi altro individuo, causerebbero un'espulsione diretta dello stesso-

-Non sono un Dio- borbottò Alessio tornando a sedersi:
-Però ti comporti come se lo fossi, come se tutto ti fosse dovuto-

Javier scosse la testa e voltò le spalle all'altro uscendo dalla stanza: intravide un paio di suoi allievi avvicinarsi e li salutò da lontano con una mano dirigendosi verso l'area ristoro della scuola.

Arrivato lì, si trovò all'interno di una stanza dalle pareti di colore chiaro, una calda moquette a rivestire il pavimento, un paio di divanetti in un angolo nei pressi dei distributori e tre tavolini con un paio di sedie posti al centro della stanza.

QUANDO TUTTO FINISCE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora