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Le grandi finestre che si aprivano sul prospetto dell'edificio riflettevano lame di luce sulla strada, sul marciapiede, sulle automobili e, se non si prestava attenzione, colpivano anche gli occhi del malcapitato di turno annebbiandogli la vista per qualche secondo.

La scuola di danza appariva severa ed imponente, come a voler escludere il resto del mondo da tutto ciò che si muoveva dentro di sé tracciando un confine sociale e culturale.

Sembrava essere stata costruita proprio per porre un divario tra sé e ciò che la circondava: la zona in cui era situata era caotica, piena di negozi e di persone che correvano da una parte all'altra a qualsiasi ora del giorno mentre quella pareva restare composta e distaccata.

Carlo rimase ad osservarne la grande porta d'ingresso che si camuffava bene con le finestre che si aprivano al pianterreno: pochi minuti e Javier sarebbe uscito da lì.

Javier faceva parte di quel mondo: i suoi modi di fare, di parlare, di gesticolare erano sempre ben studiati. Gli zigomi alti e gli occhi scuri, i capelli lunghi e morbidi come la più impalpabile carezza di seta. Altero ed elegante.

Perché aveva scelto di stare con lui?

Perché si accontentava di uno come lui?

Carlo scosse la testa: se qualcuno gli avesse domandato per quale motivo avesse deciso di intrattenere una relazione proprio con Javier, sapeva che non sarebbe stato in grado di fornire una risposta soddisfacente.

Cosa che, di fatto, era accaduta proprio qualche giorno prima con Guido: non aveva mai realmente litigato con il suo migliore amico e mai per questioni di cuore.

Avevano sempre avuto un rapporto aperto, si rispettavano e condividevano in buona parte la stessa visione della vita.

Eppure... a causa di Javier, avevano litigato.

E, se si domandava perché il ballerino avesse deciso di stare con lui, si sentiva ancora più confuso.

Si accese una sigaretta: detestava tutta quella situazione. Detestava quelle emozioni strane ed incomprensibili che lo guidavano senza lasciargli scampo di capirsi davvero.

Ed i suoi sentimenti per Alessio? Che fine avevano fatto?!

Scosse nuovamente la testa: era tutto fin troppo assurdo.

Alla sua età avrebbe già dovuto raggiungere una certa stabilità... eppure, si trovava a che fare con cose che lo facevano sentire come se fosse tornato ad essere un adolescente.

Inspirò ed espirò soffiando una nuvoletta di fumo bianca che si dissolse velocemente nell'aria.

Alzò gli occhi ancora una volta nella direzione della porta d'ingresso e... rimase pietrificato.

La sigaretta gli scivolo tra le dita finendo sul marciapiede, sentì i muscoli irrigidirsi, la pelle ricoprirsi di brividi e le labbra come incollarsi tra di loro mentre la saliva sembrava azzerarsi lasciandogli la bocca asciutta. Il cuore prese come a martellargli nel petto rimbombandogli nelle orecchie e gli occhi si sgranarono appena nel tentativo di riempirsi il più possibile dell'immagine di... lui.

Alessio.

Che non vedeva da un paio di settimane.

Alessio.

Con i capelli scuri legati in una corta e bassa coda, la frangia umida leggermente incollata alla fronte. Gli occhi dall'espressione stupita, limpidi e chiarissimi.

Alessio.

E più si ripeteva il suo nome nella mente, più sembrava che il suo cuore battesse forte, quasi a voler balzare fuori dal petto.

QUANDO TUTTO FINISCE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora