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Una leggera pioggerellina autunnale cadeva dal cielo, fitta e fastidiosa: il clima era mutato di colpo e l'estate aveva lasciato il passo ad un settembre che sapeva davvero di autunno, cosa rara e preziosa in una città come la loro dove, le mezze stagioni, sembravano essersi estinte già da qualche anno.

L'aria era carica di umidità e sembrava che questa fosse peggiorata con il sopraggiungere delle pioggie: l'acqua bagnava l'asfalto, le pareti dei palazzi, le automobili facendo evaporare il calore che avevano accumulato nel corso dell'estate cocente che si erano lasciati alle spalle, di conseguenza pioveva, ma restava ancora impossibile fare un minimo sforzo senza vedere la fronte di chicchessia imperlearsi di sudore.

Alessio stava immobile davanti l'ingresso di un edificio dall'aspetto elegante: grandi finestre si aprivano sul prospetto circondate da mattoni grezzi, i cornicioni erano stati dipinti di un intenso colore verde, le mura erano bianche, il portone d'ingresso quasi confuso tra i vetri che fungevano da pareti esterne per tutto il pianterreno.

Il ragazzo deglutì un paio di volte e chiuse l'ombrello apprestandosi a varcare l'ingresso. Rimandare gli sembrava stupido ed abbastanza controproducente: era arrivato sin lì, non poteva tornarsene a casa senza neanche averci provato.

Sentiva la testa pesante... di niente: era una sensazione strana, come se si ritrovasse il cranio pieno di palloncini e quindi impossibilitato a qualsiasi pensiero; però, sentiva anche uno strano peso di fondo che gli rendeva difficile tenere gli occhi aperti, come se fosse fisicamente stanco e forse lo era.

Era riuscito a rincasare solo intorno alle quattro del mattino, nonostante vivesse nei pressi della pizzeria dove lavorava e si era svegliato molto presto proprio per recarsi in quel luogo.

Eppure... aveva quasi paura.

Si avvicinò alla reception ed una giovane donna, che non riconobbe, gli sorrise in modo professionale ed asettico:
-Buongiorno, posso fare qualcosa per lei?- gli domandò.

Alessio rimase a fissarla per qualche secondo: il viso tondo, le labbra lucide di gloss, gli occhi scuri e grandi, la camicetta senza maniche di un colore neutro, il trucco minimale e lo chignon strettissimo che le lasciava il viso libero dai capelli scuri.

E poi c'era lui, con i vestiti quasi fradici nonostante l'ombrello, quest'ultimo a gocciolare al suo fianco, i capelli arruffati dall'umidità ed un'espressione che oscillava tra incredulità ed imbarazzo.

Il ragazzo scosse appena la testa, ma si bloccò subito nel suo movimento affrettandosi a dire:
-Ho un appuntamento con Kalisa Vasilyev- disse tutto d'un fiato e la ragazza sollevò un sopracciglio scettica. Alessio prese un lungo respiro e ripeté le parole con più calma:
-Ho capito- disse la ragazza anche se sembrava non ancora convinta delle parole del giovane: -Il suo nome?-
-Alessio Terranova- rispose il ragazzo con voce resa insicura da quella situazione: sapeva che stava per commettere una stupidata, ma ormai si trovava lì... stupido sino in fondo.

Poco dopo, la giovane tornò a sorridergli e gli fornì le indicazioni per raggiungere la stanza dove si sarebbe dovuto recare per incontrare Kalisa.

Fu così che, Alessio, si trovò davanti l'ennesima porta in vetro, semplice, con un'unica targhetta di colore rosso posta all'altezza degli occhi e su cui era stato inciso, di colore bianco, il nome della donna che stava per incontrare.

Bussò ed entrò senza aspettare che qualcuno, da dentro, lo invitasse a farlo.

Kalisa rimase sbigottita, con le labbra carnose leggermente schiuse  a formare una parola che, però, non aveva avuto tempo di dire, l'espressione stupita che si andava allargando sempre più nell'emozione che la travolse non appena incontrò lo sguardo del giovane:

QUANDO TUTTO FINISCE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora