Wild sentiva una forte nausea. Lacrime perlacee gli inumidivano il pelo bianco del muso, rendendogli languidi gli occhi neri come l'ala di un corvo. Continuava ancora a gridare i nomi degli amici, che però non potevano sentirlo in alcun modo.
I mostri non facevano altro che gridargli contro di stare in silenzio, ma lui non li stava a sentire. Lo spingeva la forza della disperazione. Sapeva bene che quelle urla andavano disperse nel vento, ma almeno gli permettevano di sfogare in qualche modo la grande paura che provava.
Non poteva neanche godersi la piacevole carezza dell'aria, rinchiuso in quello stretto sacco. Il respiro gli mancava e si sentiva soffocare da un forte caldo. L'odore insopportabile della iuta lo circondava, opprimendolo.
Passò altro tempo, forse minuti, forse ore. Tutti tra loro uguali. Lunghi, infiniti istanti di tristezza, dolore, terrore. Il dalmata smise di dar sfogo inutilmente alla sua voce e nascose il muso tra le zampe sottili, uggiolando.
~•~•~
All'improvviso, Wild sentì le ali dei mostri smettere di battere: erano arrivati. Il dalmata si costrinse a riaprire gli occhi carichi di lacrime, e vide che sopra la sua testa si intravvedeva un'apertura nel sacco. Un filo d'aria penetrò nel contenitore e gli accarezzò il muso.
Poi, una grande zampa artigliata afferrò Wild per la collottola. Per un momento il cucciolo si sentì soffocare poi, dopo pochi istanti, percepì il vuoto intorno a sé: era stato scaraventato lontano. Un dolore acuto gli avvolse il corpo non appena toccò terra. Un forte rumore di cancelli che si chiudono scosse prepotentemente l'aria, per poi svanire in un sussurro d'eco. Tremando, si alzò in piedi e si guardò intorno.
Riconobbe subito il luogo in cui si trovava: era il Castello dalle Guglie Infuocate, la casa dei mostri. Era un luogo spaventoso: sulle guglie ardevano delle alte fiamme incandescenti che spandevano nell'aria circostante scintille sanguigne. L'interno era grigio e triste, privo del minimo spiraglio di luce. Grandi gabbie d'acciaio contenevano cani alati destinati ad essere soppressi e mangiati. E adesso contenevano anche Wild. Gli ululati e i mugolii disperati dei prigionieri rendevano l'atmosfera ancor più inquietante.
"Bel cagnolino, hai voglia di mangiare un bel pollo arrosto..." cominciò Storm rivolgendosi al dalmatino che continuava a spostare lo sguardo da un angolo all'altro.
"...e di una saporita bistecca?" continuò Scarlett con tono falsamente mellifluo. Sul suo muso mostruoso era dipinto un sorriso nel quale spiccavano zanne enormi e macchiate di sangue. Tra le sue zampe portava un grande vassoio su cui era adagiato del cibo. Lo appoggiò accanto al cucciolo, che si avvicinò lentamente e fiutò. Fissò per un momento prima la carne, poi i mostri.
"No, non ho fame" rispose Wild timido, spaesato e tremante.
"Mangia se non vuoi morire! E smettila di tremare!" gli urlarono contro in coro i due malvagi.
Il cagnolino, terrorizzato dalle loro grida, mangiò tutto senza lamentarsi. Sapeva che il suo nome significava Selvaggio, ma le zampe gli ballavano così tanto da non riuscire a reggersi in piedi. La timidezza era propria del suo carattere, del suo animo. Una lacrima cadde piano e delicata sul cibo, scomparendo a poco a poco.
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"Cara, tu non temi che i suoi 'amici' possano venire a liberarlo?" disse Storm un po' preoccupato.
"Se vengono, non hanno possibilità di salvezza. Il banchetto diventerà più ricco" esclamò Scarlett convinta. Ed entrambi scoppiarono in una fragorosa risata. Avendo ascoltato tutto, il cane rizzò i peli. Sentì le sue ali chiudersi e appoggiarsi delicatamente sulla sua schiena pezzata. Le palpebre si assottigliarono in fessure intimorite e la mente cominciò a rimuginare quanto appena accaduto.
Disperato, sussurrò: "Sissi, Ettore. Ovunque voi siate, scappate finché siete in tempo!". Sapeva che le sue ultime speranze di un felice ritorno a casa erano appese a un sottile filo di seta, ma era convinto che nulla avrebbe impedito ai suoi compagni di riuscire nella missione. Accompagnato da questi pensieri, si addormentò.
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Ettore nel Regno dei Venti
Fantasia"Noi non abbiamo padroni. Siamo liberi. Nessuno ci può comandare. L'avventura è l'unica guida. Non puoi tirarti indietro. Tu sei il prescelto!". Ettore rimase a bocca aperta. Avrebbe voluto parlare nuovamente, ma il tono di Sissi non ammetteva repli...