13. Anger

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Dovevi essere la mia cura, e invece sei diventato la mia malattia.
- Anonimo

Harry sposta la schiena dal muro e attraversa la piccola strada che ci divide per raggiungermi. Io rimango ferma, incapace di poter fare qualcosa di sensato e con le gambe pesanti tutto ad un tratto.
"Sei bellissima"
Lo vedo squadrarmi da vicino, e alzo gli occhi al cielo senza rispondergli. È sempre stato bravo ad elogiarmi e farmi i complimenti, ma in questa occasione ho la sensazione che ci sia un secondo fine. Sa bene che mi piace quando mi dice questo genere di cose, e forse lo sta facendo solo per addolcirmi.
Indossa dei jeans neri e una maglia bianca come al solito, coperta da una giacca in pelle nera che tiene aperta. In testa porta un cappellino grigio di lana, che lascia vedere dei ricci uscire ai lati.
Tira fuori un mazzo di chiavi e apre quella che deve essere la sua macchina. Nella penombra non riesco a vederla bene, ma deve essere davvero grande. Mi apre la portiera per poi chiuderla quando prendo posto sul sedile anteriore e poi fa il giro per salire. Ha un buon odore, profumo di Harry e della sua Colonia.
"Dove andiamo?"
"A casa mia" sorride
Non pensavo che mi avrebbe portata a casa sua, era l'ultima cosa che mi sarei mai potuta aspettare. Non so esattamente per quale motivo, ma ero sicura che mi avrebbe portata in un ristorante, o in qualunque altro posto nel quale si potesse cenare in modo abbastanza formale. Tutta questa storia è delicata, e dovremmo fare tutto con calma senza fretta, ma evidentemente Harry non la pensa come me.
"Oh" è l'unica cosa che riesco a dire
"Non hai voglia?"
Harry si gira verso di me, e dal tono della sua voce sembra un po' deluso e dispiaciuto.
"No, no. A casa tua va benissimo"
In realtà non va bene, so che Harry è un ragazzo davvero gentile quando vuole, ma stare a casa sua dopo tutto questo tempo è strano. Preferirei decisamente fare qualsiasi altra cosa, ma per qualche motivo non me la sento di dirglielo.
Harry sembra tranquillizzarsi, e riporta lo sguardo sulla strada buia e affollata.
Il viaggio è breve e procede silenzioso, Harry è troppo concentrato a guidare nel traffico newyorkese, mentre io sono impegnata a pensare a cosa potrebbe succede nelle prossime due ore.
Quando la macchina si ferma capisco che siamo arrivati. Dal finestrino vedo i marciapiedi affollati, e capisco che Harry deve abitare più o meno in centro. È comprensibile, ha sempre amato i luoghi pieni di gente.
Usciamo entrambi dalla macchina e mi fa strada verso un palazzo che visto da giù deve essere davvero alto.
Apre il cancelletto con le chiavi e saliamo in ascensore, che ci porta al piano giusto. Il corridoio è vuoto, e seguo Harry dirigersi verso l'ultima porta a sinistra. Con un suono meccanico la maniglia si abbassa sotto le sue mani, la porta viene aperta e mi ritrovo in un bellissimo soggiorno. L'arredamento è moderno, i mobili sono tutti su colori tendenti al bianco e al nero e combaciano perfettamente con la personalità di Harry. Un'enorme vetrata posta di fronte a me da una magnifica vista su tutta la città.
"E questa è casa mia" alza le braccia e sembra imbarazzato, mentre si sfila la giacca e la butta sul divano in pelle bianco in mezzo alla sala.
"È molto bella"
Faccio qualche passo avanti e mi guardo intorno. Solo il soggiorno è molto grande, deve essergli costata davvero tanti soldi.
Vedo Harry scomparire dietro una porta scorrevole e decido di seguirlo. Ho la mente confusa, ho tante domande pronte da fargli, ma non voglio cominciare subito così, sarebbe troppo brusco e voglio prendermi il tempo necessario per abituarmi alla sua presenza. Quando entro in quella che è la cucina, lo vedo intento a preparare qualcosa, mentre mi dà le spalle. Stringo le braccia al petto per riscaldarmi, mentre lo osservo frugare nei cassetti in acciaio. Quando si gira verso di me ha due piatti fumanti in mano, e lo vedo sobbalzare quando si accorge della mia presenza. Prova a sorridermi, chiaramente in imbarazzo, e mi supera velocemente per tornare in soggiorno. Appoggia i piatti sul tavolo già imbandito con cura. Rimango ferma a guardarlo fare avanti e indietro da una sala all'altra per portare le ultime cose, senza sapere cosa fare o cosa dire.
"Spero di piaccia il roast beef" dice sorridendo mentre sposta indietro la sedia per farmi prendere posto. Annuisco e mi siedo cercando di sembrare tranquilla, ma sono sicura che non ci sto proprio riuscendo. Lui prende posto dalla parte opposta del tavolo di fronte a me, e inizia a servirmi. Il piatto di portata sembra buono, ed emana un aroma di peperoni e carne.
Taglio la carne silenziosamente e mi porto impacciata un boccone alla bocca, assaporandone il sapore dolciastro.
"Com'è?" chiede preoccupato che possa non piacermi.
"Buonissimo" gli sorrido per rassicurarlo
Lui risponde al mio sorriso, felice che io apprezzi quello che ha preparato, e a quel punto inizia a mangiare la sua porzione.
"Da quanto vivi qui a New York?" azzardo. Voglio provare ad avere con lui una discussione civile, non ho intenzione di alzare la voce o arrabbiarmi con lui, sono semplicemente curiosa di sapere dove è stato per tutto questo tempo. All'inizio sembra leggermente spiazzato dalla mia domanda che forse non si aspettava, ma poi posa con cura la forchetta al lato del piatto e mi risponde, con lo sguardo fisso sulle sue mani
"Un paio di anni"
"E dove sei stato prima?"
Lui alza le spalle per poi portare lo sguardo su di me, trovando forse la forza di affrontare la situazione e darmi risposte che in fin dei conti mi spettano
"Sono stato per circa un anno a Liverpool da un cugino. Ho provato a cercarmi un lavoro, ma quando ho capito che avevo poche possibilità ho iniziato a viaggiare per l'Inghilterra. Dopo qualche mese ho capito che avevo bisogno di provare cose nuove e cambiare aria, così sono venuto qui, ho trovato un lavoro e ci sono rimasto"
Riprende a mangiare dopo aver finito, e si alza da tavola un attimo per poi ritornare con una bottiglia di quello che azzarderei potrebbe essere spumante tra le mani. Senza dire nulla lo apre e versa un po' del liquido frizzante prima nel mio bicchiere e poi nel suo.
"Tu invece? Vivi ancora a Doncaster?"
Scuoto la testa mentre mando giù l'ultimo boccone di carne.
"No, mi sono trasferita a Londra da un po' "
"Da sola?" chiede immediatamente, e noto nei suoi occhi un velo di curiosità e preoccupazione.
Annuisco semplicemente alla sua domanda senza aggiungere nulla
"Hai conosciuto qualcuno?"
Ecco il solito Harry impertinente, che va sempre dritto al sodo senza pensarci.
"Io, uhm... No. Tu?"
Balbetto senza capire se dovrei rispondere alle sue semplici domande oppure fargli notare che sono alquanto fuori posto.
"Nessuno in particolare" risponde vago. Annuisco e finisco la verdura che ho nel piatto, mentre lui sorregge la sua testa sulla sua mano con il gomito puntato sul tavolo e lo sguardo basso. I minuti successivi procedono silenziosi, e l'unico rumore udibile è il suono provocato dalla mia forchetta che sbatte sul piatto, e i lontani e quasi impercettibili rumori provenienti dalla città sottostante. Quando vede che ho finito si alza velocemente in piedi e comincia a portare i piatti in cucina.
Senza aver finito si allontana verso il divano e vi si siede con molta nonchalance spostando le braccia lungo lo schienale
"Vieni" mi invita ad avvicinarmi, e io mi avvicino goffamente per prendere posto a fianco a lui, attenta a tenere tra noi una certa distanza. Lui sembra accorgersene e si irrigidisce, prima di ritirare le mani e poggiarle sulle sue ginocchia piegate.
"Dov'è Lux?" Harry spezza il silenzio. È strano sentire come suona bello e pulito il nome di mia figlia sulle sue labbra.
"È con Louis a casa"
Lo vedo irrigidirsi e serrare la mascella
"È il suo nuovo padre o qualcosa del genere?" chiede brusco. Rimango spiazzata dalla sua domanda, e per un attimo penso di aver sentito male, ma conoscendolo, so che ha detto proprio questo.
"Che cosa? No, ma che dici, lui-"
"Pensi che sia stupido, Bethany?" mi interrompe.
Non capisco come possa anche essergli passato per la testa che Louis sia più di un amico per me o che abbia scelto di diventare la figura paterna che a Lux è mancata, è davvero fuori luogo e alquanto patetico. Ma poi capisco tutto. Harry se n'è andato quando Louis aveva diciassette anni, come me, e non può sapere quello che è successo dopo. Non ha nemmeno una minima idea del terribile periodo che Louis ha passato, di tutte le domande che ha iniziato a farsi e di tutte le risposte che alla fine è riuscito a trovare.
"Conoscendolo non mi stupirei se scoprissi che ha deciso di prendere il mio posto" continua
"Ma tu non lo conosci" la mia voce si fa più seria e cerco di non lasciar trapelare l'insicurezza che provo. Harry non mi guarda nemmeno, sembra quasi offeso, e tiene lo sguardo fisso davanti a sé, mentre tamburella le dita sulle sue cosce.
"Lo conosco abbastanza da saperlo" ribatte senza guardarmi.
"Vuoi la verità?" mi alzo furiosamente in piedi mettendomi davanti a lui, che ora mi guarda dal basso.
"Ti sbagli di grosso su questo, Harry. La verità é che Lux sta crescendo senza un padre, senza una figura maschile a proteggerla, e quindi smettila di prendertela con tutti, perché è solo colpa tua!" urlo quando sento una scarica di rabbia e adrenalina darmi la forza di tirar fuori tutto quello che sento.
"Smettila di tirare fuori questa storia ogni fottuta volta, ti ho detto che ho fatto quel che ho fatto per un motivo preciso" la sua voce rimane stranamente calma, mentre mi uccide lentamente con lo sguardo.
"Con 'motivo preciso' intendi la tua perfetta vita dallo stronzo totale che sei?"
Harry scatta in piedi, e agita in aria un dito, mentre vedo le sue guance poco distanti dal mio viso diventare rosse
"Ti proibisco di parlarmi in questo modo!" mi mette in guardia e urla più forte di me, e mi ritrovo a fare un passo indietro e a chiudere gli occhi, per respingere tutta la rabbia delle' sue parole.
"Sei solo un ragazzino" sussurro, con la testa spostata di lato per non incontrare il suo sguardo.
"Che cosa?" sbraita.
"Sei solo un ragazzino che non sa prendersi le sue responsabilità. Mi fai pena"
Il tono della mia voce è tranquillo, quasi sereno, e riesco a mettere a tacere le urla che sento dentro.
Harry scatta, prende a muoversi velocemente, facendo avanti e indietro furioso per la sala, per poi colpire con un pugno la parete al suo fianco. Mi scappa un urlo, e mi porto le mani alla bocca. Non riesce mai a gestire la rabbia, e la cosa mi preoccupa.
"Merda" impreca urlando
"Harry..." cerco di richiamarlo, con la voce flebile, spaventata delle conseguenze che potrebbero avere avuto le mie parole su di lui.
"Tu non capisci un cazzo, Bethany! Non fai altro che dirmi quello che devo fare, ti intrometti nella mia vita e pensi di potermi trattare come un bambino! Sono stufo di tutto questo!" urla sollevando le braccia e facendo qualche passo verso di me. Sento la mia schiena entrare a contatto con il tavolo e mi blocco.
Sta sbagliando tutto. Non sono io quella che è rientrata nella sua vita, quello a volere questo appuntamento, se così si può definire, è stato lui. È lui quello che non fa altro che dirmi quello che è meglio che io faccia, quello che si sente libero di poter scegliere al posto mio, e sono incredibilmente arrabbiata perché lui non riesce a capirlo. Non si mette mai in discussione, e questo mi fa uscire fuori di testa. Ma so che in un momento come questo non posso farglielo notare, perché per quanto io possa aver ragione, continuare a fargli capire quanto lui sia pazzo, peggiorerebbe solo le cose. E non voglio sapere cosa succederebbe se Harry perdesse il controllo.
"Harry per favore, calmati. Stai sbagliando tutto, io..." la voce mi muore in gola quando lo vedo avanzare più deciso di prima nella mia direzione.
Quando è ormai vicino mi prende un polso con forza e mi strattona.
"Sei tu quella che sta sbagliando tutto! Hai sempre sbagliato tutto!"
Non riesco davvero a capire da dove possa venire tutta questa rabbia. È esploso in un attimo senza preavviso, e ora non sta facendo altro che attaccarmi senza un valido motivo.
"Harry mi stai facendo male" lo richiamo.
Lui mi guarda con gli occhi sgranati, poi si ricorda della sua presa e porta lo sguardo sulla sua mano stretta al mio polso. La lascia andare velocemente e fa un passo indietro, mentre mi guarda con occhi scuri e mortificati.
"Io... P-perdonami, non so cosa mi è preso"
Balbetta confuso e si passa una mano tra i capelli frustrato. Solo in quel momento mi accorgo del sangue che lento gli solca la mano.
"Harry, stai sanguinando"
Lui aggrotta le sopracciglia e poi si osserva la mano, e noto il profondo taglio che ha sulle nocche.
"Non è nulla" scrolla le spalle
"Devi disinfettarlo" lo riprendo e mi pento subito di averlo fatto. Lo vedo inspirare, probabilmente starà cercando di non ricominciare ad urlarmi contro.
Prende un tovagliolo dal tavolo e con poca cura si toglie i resti di sangue, facendomi rabbrividire.
"Lascia che te lo pulisca"
Lui alza la testa verso di me, e quasi mi sembra di supplicarlo. Per quanto sia un idiota e per quanto dovrebbe imparare a tenere a freno la rabbia, non voglio che si faccia male.
Forse sta male, e forse è solo per questo motivo che non riesce ad accorgersi di quello che fa e di quanto possa farmi paura la sua violenza. Lui annuisce e comincia a camminare, e io lo seguo oltre un piccolo corridoio senza dire nulla.
Ho paura, non posso negarlo. Ho paura che si lasci andare a tutte le emozioni che sta provando. Ho paura che faccia o dica qualcosa di cui potrebbe poi pentirsi. Dopo tutto quello che mi ha detto dovrei solo uscire da questo posto e scappare il più lontano possibile, ma so che non posso farlo e non lo farò. Perché per quanto io abbia paura, sento che non posso lasciarlo andare.

Again? || H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora