18. Mess

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Apro gli occhi lentamente e controvoglia, svegliata da un rumore proveniente dalla cucina, e ci metto qualche secondo per capire dove mi trovo. Immagini e ricordi di quello che è successo ieri saettano rapide nella mia testa, e uno strano senso di imbarazzo mi pervade. Mi giro automaticamente per vedere Harry, ma stranamente lui non c'è. Il suo lato del letto è perfettamente ordinato, e la stanza è vuota. Mi stropiccio gli occhi ancora semichiusi e cerco di dare una rapida sistemata ai miei capelli indomabili districandoli con le dita.
Poggio i piedi scalzi sul pavimento freddo e impacciata attraverso il corridoio per arrivare nella cucina.
Noto Harry di spalle appoggiato al bancone e, a giudicare dall'ottimo profumo che mi solletica le narici, è impegnato ad armeggiare con delle padelle per cucinare. Tiro verso il basso la sua maglietta per coprirmi e mi schiarisco la voce per avvisarlo della mia presenza.
Lui si gira, con i capelli arruffati che ondeggiano al suo movimento, e sorride.
"Buongiorno"
Ha la voce ancora rauca e assonnata, e ciò significa che non deve essersi svegliato tanto tempo fa.
Gli concedo un sorriso alquanto imbarazzato e mi siedo goffamente al tavolo della cucina.
"Hai dormito bene?" mi chiede di spalle senza spostare gli occhi da quello che sta facendo.
Annuisco assente, ma quando mi ricordo che lui non può vedermi mi affretto a rispondere.
"Si, tu?"
Sono di poche parole questa mattina, troppo confusa e persa nel ricordo di quello che è successo per poter prestare attenzione al presente.
"Benissimo" ride, e anche se il suo viso è girato dall'altra parte, sono sicura che ora stia sorridendo, con quelle adorabili fossette ai lati della bocca, nel modo dolce in cui solo lui sa farlo.
Si gira e mi porge un piatto, con all'interno delle uova strapazzate e del bacon fumante, prova del fatto che non ha ancora abbandonato la tradizionale colazione all'inglese.
Gli sorrido in segno di ringraziamento, e con le posate che mi porge inizio silenziosamente a mangiare, sentendomi tremendamente in imbarazzo. Sembra quasi che nessuno voglia parlare di quello che è accaduto, ma bisogna farlo, prima o poi. E io sono sempre stata del pensiero 'togliamoci questo dente', e so che più aspetto, più questo dannato dente farà infezione.
Osservo Harry prendere posto a fianco a me e cominciare anche lui a mangiare di gusto quello che ha preparato, per niente turbato, a differenza mia.
"Mi dispiace per ieri"
Poso la forchetta cercando di non far rumore e abbasso lo sguardo, incapace di guardarlo negli occhi mentre lo dico.
Si gira verso di me con le sopracciglia aggrottate e la bocca ancora piena.
"Perché?" bofonchia, come un bambino che non ha ancora imparato a mandare giù il cibo prima di parlare.
Le labbra rosse sono particolarmente bagnate e lucide a causa delle uova unte, rendendolo ancora più attraente.
"Non sarebbe dovuto accadere, sono stata una stupida, mi dispiace"
Mi torturo una pellicina mentre lui ingoia rumorosamente ciò che aveva in bocca e si pulisce le labbra con il tovagliolo di carta.
"Perché dici questo? Pensavo avessi finalmente capito che hai bisogno di me, pensavo mi volessi dare un'altra possibilità"
Non so se quello che ha appena detto abbia suscitato in me più fastidio oppure confusione. Io non ho bisogno di lui, e lo dimostra il fatto che sono sopravvissuta per quattro anni senza avere sue notizie. Ma dall'altra parte non riesco a capire se voglio dargli un'altra possibilità oppure no.
Insomma, sono pronta a perdonarlo? Sono pronta a buttarmi alle spalle tutti i suoi errori per ricominciare con lui? Sono pronta a rientrare in carreggiata, mettermi in gioco per lui e rischiare di perdere un'altra volta?
Non lo so, ho troppe domande in testa e nessuna risposta, e questo non fa altro che aumentare la mia disperazione. Vorrei che lui capisse che la mia non è una posizione facile, ma lui sembra non ascoltarmi nemmeno.
Dà tutto per scontato, ma a questo punto inizio a chiedermi se quella sbagliata sono io, se sono io che mi faccio troppi problemi e troppe preoccupazioni inutili.
"Harry non è facile, perché non vuoi capirlo? Non si tratta solo di quello che voglio io. Ho una figlia da crescere, e non posso permettermi di prendere una decisione sbagliata"
Mi passo le mani sul viso per riuscire a svegliarmi, con il suo sguardo fisso su di me, a captare ogni mio minimo movimento.
"Lux non ha bisogno di un padre, sai quante bambine crescono con un solo genitore? Tantissime, e lei sarà una di quelle. Potremo essere felici io e te, e tu intanto continuerai a prenderti cura di lei"
In un attimo mi sveglio completamente, i residui di sonno arretrato scompaiono e il mio cervello e la mia lingua sembrano riprendere a funzionare immediatamente.
"Stai scherzando, vero? Non puoi comportarti così, come se il futuro di tua figlia non avesse alcuna importanza. È assurdo"
Si alza velocemente in piedi, mentre finisco di parlare, e appoggia i palmi delle mani sul tavolo avvicinando il viso al mio, per potermi guardare dritta negli occhi, come se così potesse farmi capire tutto.
"Lei non è mia figlia" sputa, quasi disgustato.
Cinque semplici parole che in un momento inaspettato mi uccidono, come un colpo di pistola dritto al cuore.
Solo che a differenza del colpo di pistola, non mi uccidono rapidamente, in un modo indolore. Ma mi fanno soffrire, mi divorano lentamente dall'interno pizzicandomi come tanti spilli sulla pelle.
"Come puoi dire una cosa del genere? Lux è tua figlia..."
Sento la mia voce incrinarsi, troppo scioccata per quello che si è permesso di dire senza alcun giro di parole, quasi come a non capire la gravità delle sue parole.
È uno dei suoi difetti più grandi: dice tutto con una naturalezza tale da poter accecare, come se anche le cose più orribili che dice non fossero poi così tanto brutte dette da lui. Non si mette mai in discussione, e siamo sempre al punto di partenza. Se lui non accetta di cambiare, non cambierà nemmeno il nostro rapporto.
"No invece, non lo è mai stata. È meglio che sia così per tutti, anche per lei sarà tutto più semplice"
La sua voce torna calma, il suo corpo rimane fermo nella posizione di prima e i suoi occhi fissi nei miei. Scuoto la testa, affranta.
"Non si tratta di fare la cosa più semplice, si tratta di fare la cosa più giusta"
Abbassa la testa fino a far toccare la fronte con la superficie fredda del tavolo di marmo, e si passa le mani tra i capelli, con il viso nascosto dalle braccia.
Sospira pesantemente e rialza la testa mostrandomi il viso arrossato e ancora stanco.
"Se davvero vuoi fare la cosa più giusta per Lux, allora tienila lontana da me. Non sarò un buon padre per lei, e non mi potrei mai perdonare se dovessi rovinarle la vita provando a darle qualcosa che non ho"
Non riesco a capire il modo con il quale prende le cose con leggerezza, quasi ad avere una risposta a tutto.
"Tu non le rovinerai la vita, devi solo starle vicino come farebbe un padre normale"
"Io non sono un padre normale, Bethany. Ho ventitré anni e una vita fin troppo incasinata"
È convinto che un figlio porti solo dispiaceri, altri problemi da aggiungere ai piccoli drammi quotidiani della vita di ognuno, ma non è così. Un figlio è qualcosa che i drammi te li fa dimenticare, qualcosa di inesprimibile a parole.
Con Lux nella mia vita sono diventata una persona migliore, sono passata avanti, dimenticandomi i problemi che avevo, ponendo al centro della mia vita lei, l'unica persona che amo davvero e per la quale darei tutto ciò che ho.
Capisco che lui sia spaventato, lo ero anche io e per questo non lo biasimo, ma solo io posso sapere che una volta che ti ci ritrovi dentro, succede tutto velocemente e la vita subisce una svolta decisiva. Da quel momento è tutto diverso, ti metti in secondo posto, concentrandoti su di lei, sulla sua felicità, perché se è felice lei, lo sei anche tu. Ed è una delle cose più belle che un essere umano possa provare, ma Harry non lo capisce, si ferma in superficie, rifiutandosi di scavare fino al fondo della questione e provarci davvero.
"Potremmo migliorarla insieme"
Allungo una mano sul tavolo e timidamente afferro la sua, calda e morbida.
Alza lo sguardo, facendolo viaggiare rapidamente dai miei occhi alle nostre dita intrecciate, forse sorpreso e incredulo per il mio gesto.
Sto correndo troppo e se per caso dovessi cadere sono sicura che mi farò male, ma voglio almeno provarci, per una volta.
"Tu non capisci... Come posso prendermi cura di un'altra vita se non riesco neanche a prendermi cura della mia?"
Mi sembra tutto esagerato, le sue parole troppo dure con sé stesso, e non capisco cosa lo spinga a dire tutto questo.
"Qual è il problema, Harry?"
Aumento la stretta sulla sua mano, per ricordargli della mia presenza, fargli capire che può dirmi tutto quello che si sente di dire.
"Non sono pronto" sospira
"Credi che io invece lo fossi? Anche a me sembrava una tragedia dover crescere una bambina, ma adesso so che i miei sforzi sono serviti a qualcosa"
Gli sorrido, cercando di convincerlo, e per un attimo mi sembra che il suo sguardo si sia addolcito, sotto le folte sopracciglia che gli conferiscono un'aria preoccupata.
"E a cosa?"
Mi mordo un labbro, cercando di capire il senso della sua domanda.
A cosa potrebbe mai portarci tutta questa discussione? Sappiamo bene entrambi che lui non cambierà idea, che le mie sono solo parole dette al vento, che Harry dimenticherà tutto nel giro di qualche ora, tornando alla sua posizione iniziale ed irremovibile.
"A cosa ti sono serviti?" aggiunge, dal momento che io rimango in silenzio.
"Ho una ragione in più per la quale vivere"
La mia voce esce flebile, mentre tutte le speranze mi abbandonano, lasciandomi sconsolata, con parole amare in bocca e un sapore fastidioso sulle labbra.
"Ma io ho già te, non ho bisogno di nessun altro"
Ora è lui a sorridere, nel tentativo di convincermi, senza però riuscirci.
"Lux ormai fa parte di me, e se mi vuoi nella tua vita, allora dovrai accettare anche lei"
Mi alzo in piedi lasciando il piatto quasi pieno e mi dirigo nella camera di Harry, con l'intento di rivestirmi e andare via.
Perché con lui deve essere sempre tutto così difficile?
Gli sto solo chiedendo di fidarsi di me, fare uno sforzo e capire quanto quello che gli sto dicendo sia vero. Ma non capisce neanche lo sforzo immane che sto facendo in questo momento, nel tentativo di dargli un'altra possibilità e convincendolo a restare.
Sento i suoi passi alle mie spalle e raccolgo dal pavimento i miei vestiti di ieri sera.
"Dove stai andando?"
Mi blocca il passaggio al bagno, ma lo sposto con un braccio forse in maniera troppo brusca.
"Devo tornare da Louis, si starà chiedendo che fine abbia fatto"
Senza aspettare una sua risposta chiudo la porta alle mie spalle, assicurandomi di girare bene la chiave nella serratura e bloccarla. Mi spoglio velocemente e dopo aver indossato i miei vestiti piego con calma quelli di Harry e li poggio su un mobiletto bianco. Piego il collo per poterli annusare un'ultima volta, lasciando che la sua dolce essenza mi entri dentro, fresca e vitale. Mi sento terribilmente perversa e incoerente nel farlo.
Mi allontano velocemente e scuoto la testa, per poi dare una rapida e rimproverante occhiata alla sua maglia stropicciata piegata velocemente, come a darle la colpa del mio strano comportamento.
Quando esco dal bagno Harry è in piedi, con le mani nelle tasche dei jeans blu e il viso rivolto verso le foto incorniciate poste sulla sua scrivania. Prendo la borsa, attenta a non dimenticarla un'altra volta come è già successo, e passandogli dietro raggiungo il corridoio che mi porta in salotto.
"Te ne vai davvero?"
Sento la sua mano poggiarsi sul mio braccio, e mi giro per poterlo vedere.
"Te l'ho detto, Louis mi sta aspettando" sbuffo velocemente, per poi sfuggire alla sua presa.
Raggiungo decisa la porta aperta, e con un movimento rapido mi ritrovo sul fresco pianerottolo.
Mi giro un'ultima volta per poterlo osservare, prima di lasciarmelo alle spalle e scomparire oltre le scale.

Again? || H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora