15. Unknown Number

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Mi sembra quasi di correre nel disperato tentativo di allontanarmi dalla sua casa. Sono stata troppo dura con lui, ma sento che se lo è meritato. Questa storia è già durata fin troppo a lungo e io non ho più intenzione di continuare in questo modo, dato che quel poco che è successo mi basterà per i prossimi dieci anni. Cammino per i marciapiedi della città sotto la pioggia e spero solo di tornare a casa il prima possibile. Fa troppo freddo fuori e io mi sento morire.
Finalmente arrivo davanti al cancelletto, che apro velocemente con le mani ormai intorpidite e accolgo felicemente l'aria calda del pianerottolo. Salgo le scale e vittoriosa raggiungo finalmente l'appartamento. Quando entro regna il silenzio, vedo Lux addormentata un'altra volta sul divano con la televisione accesa su qualche canale di cartoni animati e la tavola ancora apparecchiata. Vado in camera e trovo Louis sdraiato sul letto a pancia i giù immerso nella lettura di un libro. Indossa dei pantaloni grigi della tuta e una felpa blu incredibilmente larga, e sembra terribilmente tenero visto così. Quando lancio la mia borsa su una sedia lui si accorge della mia presenza e alza lo sguardo dal libro verso di me.
Gli sorrido debolmente e lo vedo scattare e sedersi impaziente sul letto.
"Allora?"
Scuoto la testa sconfitta, e lui dà dei leggeri colpetti sul materasso per invitarmi a sedermi. Prendo posto a fianco a lui, e sento il suo braccio avvolgere calorosamente il mio corpo.
"Cos'è successo?"
"Non lo so nemmeno io"
Lo sento sospirare, forse in cerca delle parole da dire, delle quali sono a corto anche io. Semplicemente non c'è nulla da dire, perché le cose sono andate così, e non posso farci nulla. Ho fatto la cosa migliore che avrei potuto fare, e potrei quasi essere felice e fiera di me se non fosse che non mi sento pronta a dirgli addio ora che l'ho ritrovato.
Prendo tutta la forza e il coraggio che mi sono rimasti e gli racconto tutto, dalle sue nocche insanguinate al modo brusco in cui l'ho attaccato. Louis rimane in silenzio ad ascoltarmi, aspettando che il racconto volga ad un termine, e quando finalmente finisco, lui scuote la testa.
"Sei stata troppo dura con lui"
"Lo so... È solo che ho pensato che fosse l'unico modo per convincerlo a starmi lontano"
"E pensi di averlo convinto?"
Scuoto la testa, e quando ritrae il braccio mi lascio andare sul letto, sdraiandomi completamente e chiudendo gli occhi.
"Ormai non lo so più. Sembrava davvero scioccato quando gli ho detto tutte quelle cose. Ma forse non è bastato neanche quello"
Mi sento sconfitta, in un limbo tra inferno e paradiso, felicità e dolore. La mia testa lotta per qualcosa, e il mio cuore per altro. Non riesco a mettere d'accordo le due voci, sono spezzata a metà incapace di decidere se quello che ho fatto è stata davvero la cosa giusta.
"Forse in questi casi è solo meglio aspettare. Il tempo ti dirà tutto, e forse entrambi capirete a cosa siete destinati"
Indietreggia sul letto e punta il palmo della mano sul materasso per reggere il suo peso mentre mi osserva dall'alto.
"E se fossimo destinati ad amarci ancora, nonostante tutto quello che è successo?"
Mi mordo un labbro mentre lo chiedo, torturano una pellicina fastidiosa che mi brucia su un dito e tengo lo sguardo basso sulle mie mani, come a proteggermi da quello che Louis sta per dire.
"Allora vorrà dire che vi ritroverete, in un modo o nell'altro"
Lui sorride, e mi porta una mano tra i capelli per spostarmi una ciocca ribelle dietro l'orecchio.
Annuisco senza dire nulla, sono stanca e troppo abbattuta per continuare a pensare a tutta questa storia. E solo il pensiero di doverlo vedere domani mi impedisce di dormire tranquilla. Mi alzo dal letto e vado in bagno per prepararmi, mi lavo e indosso la mia camicia da notte. Prima di tornare in camera vado in soggiorno e con la massima delicatezza prendo in braccio Lux e la porto in camera sua. La sento mugolare qualcosa tra le mie braccia, ma si tranquillizza quando la poso sul suo letto e le do un bacio sulla fronte per poi lasciarla dormire. Torno da Louis e mi fiondo sotto le lenzuola, ancora tremante e infreddolita per la pioggia che mi ha bagnato tutti i vestiti. Louis mi raggiunge e poggia una mano sulla mia schiena per spingermi contro il suo petto.

***

Qualcosa mi dice che questa giornata non finirà bene. Sono preoccupata di rivedere Harry, di cambiare idea e pentirmi di quello che ho detto.
Batto freneticamente il tacco delle mie scarpe sul pavimento, mentre aspetto nervosa che arrivi qualcuno. Mi hanno detto di aspettare qui, ma inizio ad avere seri dubbi che si siano dimenticati di me.
"Bethany" una voce familiare mi chiama alle mie spalle.
Quando mi giro, Jace corre affannato verso di me, con una pila di libri in mano e la camicia stropicciata.
"Scusa il ritardo, ma ho avuto delle cose da fare per Harry" si scusa con ancora il fiatone.
"Lavorate tutti per Harry, qui?" rido nervosa.
"È un pezzo importante alla Stratton, quindi sì, molte persone lavorano per lui"
La mia domanda doveva risultare ironica, non mi aspettavo di certo che Jace confermasse.
"Oh"
Lui mi sorride e poggia i libri che tiene in mano su una scrivania vuota, dietro alla quale vedo seduta una donna di mezza età.
"Seguimi"
"Quindi sarai tu la mia guida per il prossimo mese?"
Non riesco a nascondere la mia felicità nel saperlo. La cosa positiva è che Jace sembra gentile, ha la mia età e per questo potremmo anche diventare amici, e cosa fondamentale, non è Harry. Dio solo sa cosa avrei potuto fare se mi avessero affidato a lui.
"Precisamente"
Mi sorride un'altra volta, quasi come se fosse un tic, mostrandomi i suoi denti bianchi.
Jace mi porta in tutti gli uffici più importanti, mi parla dei computer della Stratton e della loro importanza fondamentale nel mondo della borsa, mi racconta di tutto, dimostrandosi anche un perfetto compagno di chiacchierata, dagli affari interni della società, al modo ossessivo in cui i suoi genitori lo stiano convincendo a trovare una ragazza. Mi chiede anche un po' della mia vita, sulla quale gli dico le cose più importanti, tralasciando la mia relazione con Harry e la figlia che ho avuto da lui. Mi fido di lui, è genuino e sprizza felicità da ogni poro, ma penso che per ogni cosa ci sia un tempo, e per ora non è decisamente il momento di parlare di cose del genere.
Quando penso di aver raggruppato insieme un certo numero di idee e aver buttato sul mio block notes qualche appunto, decido che per oggi può bastare.
"Penso sia ora"
Lui osserva l'orologio appeso alla parete e annuisce
"È ora anche per me"
Mette in una valigia alcune cose, e dopo aver preso la sua giacca apre la porta del suo ufficio e mi lascia passare avanti con un gesto teatrale e galante.
Esco dalla porta ridacchiando come una ragazzina, e cerco di darmi un minimo di contegno. Dalle finestre si riflette una luce tendente all'arancione, che mi fa capire che inizia a tramontare il sole. Saranno circa le sette, ma questo freddo inverno rende tutte le giornate un po' più brevi.
"Come ti è sembrato questo primo giorno?"
Usciamo dall'ascensore e ci ritroviamo al piano terra, che mi sembra più vuoto rispetto agli altri giorni.
"Interessante e rilassante. Mi hai davvero riempito la testa di informazioni, il che vorrà dire che lavorerò tutta la settimana"
"Mi dispiace" ridacchia mentre estrae qualcosa dalla valigetta. È molto elegante, e lo noto solo adesso. Indossa un completo nero e una semplice camicia bianca, ma ha comunque un'aria davvero seria e dolce allo stesso tempo. Anche se gli abiti sono quasi gli stessi, lo vedo in modo completamente diverso da Harry. Sono sempre stata abituata a vederlo vestito come un semplice liceale, con le sue felpe larghe e i suoi jeans attillati, e vederlo ora con i capelli ordinati e degli abiti estremamente eleganti è davvero strano. Non è il suo genere, e mi chiedo come possa conviverci tutti i giorni, calcolando la sua testardaggine.
Mentre attraversiamo il piano per arrivare alle porte d'uscita, il mio sguardo cade su un ammasso di capelli disordinati a qualche metro di distanza.
Noto Harry girato di spalle, preso a gesticolare animatamente con quella che sembra Jodie vista così da lontano.
La ragazza castana sembra addocchiarmi, e mi saluta con un lieve movimento della mano. Sorrido educatamente, anche se mi sento morire nel momento in cui Harry si gira nella mia direzione e si accorge di me. Lo vedo alzare un braccio e fare qualche passo verso di me, ma abbasso la testa e aumento il passo, finché finalmente non esco dall'edificio.
"Tutto bene?"
Jace mi raggiunge affannato, forse devo essermi messa quasi a correre senza neanche accorgermene.
"Certo" sfoggio uno dei miei migliori sorrisi e lui ricambia.
"Dove abiti? Posso accompagnarti"
"Un mio amico mi ospita a casa sua, si trova a qualche isolato da qui, vicino al parco, ma posso andarci da sola"
"Voglio accompagnarti, non è davvero un problema, potremmo conoscerci un po' meglio"
Non voglio che si disturbi ad accompagnarmi fin lì, ma non mi farebbe male un po' di compagnia e qualche amico nuovo qui a New York.
"Okay, non è molto distante da qui, possiamo andare a piedi"
Mentre camminiamo, degli schizzi d'acqua mi bagnano la gonna, in seguito a tutta la pioggia che è scesa ieri e durante la notte.
"Allora Bethany, di dove sei esattamente?"
Jace si infila le mani nei pantaloni perfettamente stirati
"Inghilterra, a Doncaster per l'esattezza. Solo uno dei tipici paesini inglesi, pieni di parchi e villette a schiera. Quattro anni fa mi sono trasferita a Londra, dove ho iniziato a lavorare seriamente"
"Perchè hai deciso di trasferirti così giovane? Se fosse per me, passerei tutta la vita sotto il tetto sicuro di mia madre"
Ride imbarazzato e si passa una mano tra i capelli castani.
"Semplicemente non era il posto che faceva per me. Mentalità troppo strette, avevo voglia di respirare" mento.
"Sei... Intrepida" commenta, e mi fa ridere. Non sono intrepida, se solo sapesse la vera versione dei fatti, cambierebbe idea. Il fatto che io mi sia allontanata dal luogo nel quale sono cresciuta, dalla mia famiglia e dai miei amici più cari solo per paura di essere giudicata, è la prova evidente che dimostra che non sono per niente coraggiosa. Avrei potuto tranquillamente decidere di non dare ascolto alle voci che giravano, andare avanti con la mia vita e non farmi influenzare, ma non ci sono riuscita.
"Non credo di esserlo" rido
"Pensaci, chi mai si trasferirebbe in una città come Londra da sola così giovane? Io non lo farei mai"
Scuoto la testa mentre ancora rido per l'assurdità di tutto questo. Mi dispiace non avergli potuto dire come stanno davvero le cose, ma non voglio che sappia di Harry. Potrebbe venire fuori con il tempo e se Harry scoprisse che gliene ho parlato potrebbe anche arrabbiarsi davvero molto con me.
"E guardati, lavori per il giornale più importante di tutto il Regno Unito!"
Sembra quasi più felice di me, e mi fa distrattamente pensare a Louis, e al suo modo sempre allegro di riconoscere ogni singola cosa che faccio, facendomi passare per la persona fantastica che in realtà non sono.
"E tu lavori a Wall Street, Jace!"
Gli dò una leggera spinta sul braccio, e lui scuote la testa.
"Siamo arrivati" dico quando vedo il palazzo alto alla nostra sinistra.
"Abiti qui, allora"
Si infila le mani nelle tasche della giacca nera e si dondola sui talloni
"Un mio vecchio amico ha un appartamento qui, e si è offerto di ospitarmi. Se non fosse per lui non sarei qui, calcolando i prezzi impossibili degli appartamenti qui in centro"
"Avrei potuto ospitarti io. Saremmo potuti andare al lavoro insieme tutti i giorni" arrossisce e mi mostra un sorriso leggermente storto, piegando le labbra.
"Potremmo farlo l'anno prossimo, se mai dovessi tornare"
"Tornerai?" chiede
Non penso di tornare, dato che in tre anni di carriera questa è la prima volta in cui è stato chiesto a qualcuno di trasferirsi per un periodo così lungo a New York, ma mai dire mai. Sarebbe carino tornare qui tra un po' di tempo, sapere di avere degli amici e di non dover stare da sola.
"Non lo so. Dipende da come andranno le cose i prossimi mesi"
Alzo le spalle mentre osservo un gruppo di bambini attraversare la strada correndo e gridando.
"Per ora rimaniamo a vederci settimana prossima"
Sorride e schiocca le dita, facendomi ridere un'altra volta. Non che sia terribilmente comico, ma i suoi tentativi di dimostrarsi gentile e disponibile mi rendono particolarmente di buon umore, e mi fanno sorridere in continuazione.
"Nel frattempo spero di poter iniziare a scrivere qualcosa a casa. Questa storia della biografia mi farà uscire pazza"
Lui sembra pensarci un po' e poi ricomincia a parlare, con un sorriso sul volto
"Non dobbiamo vederci per forza una volta alla settimana. Potremmo... Non so, uscire tra un paio di giorni, per discutere del materiale che hai raccolto. Potrei darti una mano, se tu volessi"
"Sarebbe magnifico"
Sollevo entrambi i pollici in senso di approvazione.
"Facciamo sabato alle 7.00?"
"Perfetto"
Jace si sistema la valigia sulle spalle, e fa qualche passo indietro.
"Vengo a prenderti in macchina. Ci vediamo, Bethany"
Mi fa un piccolo gesto di saluto con la mano e io lo imito, mentre lo vedo fare dietrofront e scomparire dietro ad un gruppo di persone per strada.

***

Louis saltella per la casa come un bambino, con le urla e le risate di Lux nel vederlo così. Non capisco perché abbia reagito in modo così esagerato. Appena gli ho detto che sarei uscita con Jace ha subito iniziato a dare segni di chiara felicità per me, e davvero non lo comprendo. Secondo lui è una buona occasione di farmi nuovi amici quando tornerò l'anno prossimo per il mio compleanno, e soprattutto un modo per dimenticare, o almeno diminuire il numero dei miei pensieri rivolti ad Harry. Dice che potrebbe essere una distrazione, qualcosa che possa aiutarmi, ma lui vede sempre positività anche quando non ce n'è nemmeno un po'. Io e Jace non ci conosciamo nemmeno, ci siamo accordati per una cena che dovrebbe essere principalmente di lavoro, e non credo ce ne saranno tante altre dopo questa. Non è niente di più che un normale incontro per discutere di alcune cose, ma Louis sembra non riuscire a capirlo.
"Quello stronzo impara" dice, e Lux lo guarda subito imbronciata. Le ho detto chiaramente più volte di non ripetere mai le parole che sente uscire dalla bocca di quel pazzo di Louis, dato che la finezza é una delle tante qualità che gli mancano.
"Cosa dovrebbe imparare? Te l'ho detto Louis, non lo faccio di certo per fargli un dispetto. È un normale incontro di lavoro, quindi piantala con questa idiozia"
Mi porto le braccia incrociate al petto e appoggio la schiena contro il muro.
"Spero solo che Harry vi veda insieme"
"Dacci un taglio" sbotto, e lo sento ridere sul divano.
"Che c'è?"
Alza le mani in segno di resa e cerco a stento di trattenere una risata.
"Il fatto che la tua vita sentimentale faccia schifo non ti autorizza ad immischiarti nella mia"
Apre la bocca sorpreso e si porta una mano sul petto all'altezza del cuore, fingendosi profondamente offeso.
"La mia vita sentimentale va a gonfie vele, sei solo invidiosa"
Mi scappa una risata, interrotta dalla suoneria fin troppo alta del mio cellulare, nella tasca dei miei pantaloni.
"Chi diavolo ti chiama a mezzanotte?"
Louis solleva le braccia
Alzo le spalle ed estraggo il telefono
"Numero sconosciuto" rispondo leggendo la scritta che appare sullo schermo.
"Chi può essere?" mi chiede con le sopracciglia aggrottate.
Alzo le spalle e rimango ferma ad osservare il numero illuminato. Potrebbe essere qualcuno di Londra o di Doncaster che mi cerca che magari si è dimenticato dell'orario diverso che c'è qui negli Stati Uniti.
"Rispondi"
Un po' insicura e preoccupata di qualche brutta notizia dall'Inghilterra, annuisco e faccio come mi dice.
"Pronto?"
Sento un fruscio dall'altra parte e dopo qualche secondo mi risponde una voce che non mi sembra di aver mai sentito.
"Pronto, Bethany?"
La voce deve appartenere ad un ragazzo, che urla al microfono del cellulare per sovrastare la musica assordante che deve esserci dove si trova ora, che riesco a sentire.
"Si, sono io. Chi parla?"
Louis mi guarda senza capire, per poi alzarsi velocemente dal divano e gattonare per terra fino ad arrivare contro la parete, dove sono seduta io. Mi prende il cellulare dalle mani e prima che io gli imprechi contro mette il vivavoce, e la musica alta e uno strano ronzio prodotto dal telefono diventano più forti.
"Sono Niall, un amico di Harry. Mi dispiace chiamarti a quest'ora, ma qui abbiamo un problema"

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