Capitolo 2

127 19 0
                                    

Emily stava tornando a casa dopo otto ore di lavoro in lavanderia. Camminava lentamente, quasi zoppicando. Il suo impiego era rischioso e le ore di lavoro superavano il limite. Sempre. Lavorava in condizioni disumane. La sua vita privata era un totale disastro. Madre di cinque figli e abbandonata dal marito doveva mantenere la famiglia col misero salario che guadagnava. Mentre pensava a questo incominciò a sentirsi male, un forte capogiro la destabilizzò, subito dopo sentì le forze mancare e svenne. Aprì lentamente gli occhi e capì che non si trovava a casa sua. La stanza in cui si trovava era ampia e elegante. Il letto era molto confortevole e c'era un'atmosfera di pace e tranquillità. Inoltre c'era silenzio. Ormai con i rumori delle macchine, i getti di vapore in lavanderia e le urla a casa, lei non aveva più il concetto di silenzio. Ma questa calma fu interrotta dalla padrona di casa che entrò.

"Ah! Ti sei svegliata?" disse "Stavo iniziando a preoccuparmi!" continuò posando una tazza di thè caldo sul comodino affianco al letto. 

"Mary? Mary Walker?" domandò l'altra sorpresa

"Si, sono io Emily!" rispose con un sorriso gentile sulle labbra "Ma adesso il mio cognome è Anderson. Mi sono sposata" aggiunse lei mostrando la fede

"Sono così felice per te, amica mia!" esclamò Emily "Da quando sei partita per l'università non ci siamo più viste. Dai parlami di te! Cosa hai fatto tutti questi anni?" chiese l'operaia entusiasta.

"Bhe! MI sono iscritta all'università di lettere perciò mi sono trasferita ad Oxford. Lì ho incontrato James, mio attuale marito, che frequentava l'università di economia; conclusi gli studi ci siamo sposati e abbiamo avuto tre figli. Ecco. Questo è quanto!" raccontò Mary. "Tu invece? Che mi racconti?" domandò lei

"Purtroppo la mia non è una storia felice... mi sono sposata molto giovane con un uomo che non amavo. Ho un lavoro d'inferno e un salario minimo e con quello devo sfamare 5 figli. Mio marito ci ha abbandonati qualche mese fa per un'altra donna. Sinceramente io non lo biasimo, non lo amo e mai lo amerò, ma almeno con il suo stipendio riuscivamo a mettere qualcosa sotto i denti, potrò sembrare egoista per aver detto questa cosa ma io lo penso sul serio! È colpa sua se ci troviamo in questa situazione." raccontò 

"Mi dispiace, ma non potresti chiedere aiuto economico al tuo datore di lavoro?" chiese Mary sconvolta dalla storia che le era stata appena raccontata.

Emily scoppiò in una risata nervosa. "Tu non sai com'è fatto Mr. Smith. È un mostro!" esclamò. "Ci fa lavorare per più di otto ore al giorno, compiti impegnativi e stancanti che dobbiamo svolgere perfettamente onde evitare le sue urla e i suoi comportamenti sgarbati nei nostri confronti! Sai quante donne ho visto ustionarsi a causa di un malfunzionamento delle macchine? E quante neo madri ho visto lavorare con il loro neonato attaccato alla schiena? E soprattutto ho visto cose che nessuna madre vorrebbe vedere: Mr. Smith approfitta di alcune operaie, soprattutto delle ragazzine quattordicenni e sedicenni che lavorano in lavanderia. Io, come madre, non vorrei mai che succedesse una cosa del genere a mia figlia!" raccontò tutto d'un fiato la ragazza. 

"Mio Dio! Ma voi non vi ribellate a questi abusi?" chiese Mary ancora sconvolta

"Certo! Io sono una suffragette!" esclamò orgogliosa "Io e moltissime altre donne occupiamo le piazze e diamo luogo a manifestazioni in cui chiediamo i nostri diritti." aggiunse Emily.

Ci fu un breve silenzio tra le due poi Mary ruppe il ghiaccio. "Voglio partecipare anche io a queste manifestazioni. Più ne siamo meglio è, no?" domandò retoricamente.

"Sono contenta della tua decisione, ma sappi che le forze dell'ordine potrebbero arrestarti e la vita in carcere è dura!" l'avvertì Emily.

"Allora correrò il rischio" disse Mary sorridendo fiera e facendo l'occhiolino.


VOTES FOR WOMENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora