Emily aveva appena varcato la porta di casa. Doveva recarsi dagli Anderson ed era anche in ritardo, quindi borbottò qualche raccomandazione e uscì. Per qualche secondo nessuno parlò, come per accertarsi che lei se ne fosse davvero andata, poi con uno sguardo malandrino Anne esclamò:
"L'hai presa?"
"Mantengo sempre le mie promesse, prinzessin" scherzò Jack con un finto tono solenne portando la mano al cuore, subito dopo le fece un occhiolino e le afferrò il naso con il pollice e l'indice in un gesto affettuoso e giocoso.
Jack si allungò cercando di raggiungere il piano più alto mai utilizzato della credenza.
"Dovrebbe essere qui" mormorò tastando la superficie con le mani
"Ecco" esclamò
"Questa è la tempera, come promesso, oggi pomeriggio coloriamo un po'. Mi raccomando: state attenti, la pittura sporca e se vostra madre scopre che vi ho comprato una cosa del genere...non oso immaginare come si arrabbierà."
"Va bene, va bene, staremo attenti, ma adesso ci dai la pittura?" lo pregò Joe "Per favore" aggiunse frettolosamente
"Su, andate a prendere dei fogli."
I bambini entusiasti fecero come gli era stato detto, mentre Jack sistemava sul tavolo tempere, acqua e pennelli.
Subito iniziarono a colorare quando Ronald intinse una mano nella tempera rossa e la poggiò sulla faccia dell'imprenditore sporcandolo. Calò un silenzio imbarazzante. A spezzarlo fu Jack che rise. Così iniziò una vera e propria battaglia, c'era più colore sui vestiti che sui fogli. Per un attimo persino Jack dimenticò le sue stesse raccomandazioni.
David, il più grande insieme alla sua gemella Susan, se ne stava in disparte. Jack lo notò e si avvicinò.
"Non vieni a giocare con noi?"
"No" rispose dandogli le spalle, ma Jack non demorse
"Non ti piace il gioco?"
"No, non voglio sporcarmi con quella robaccia"
"Guarda che dopo andiamo a lavarci"
"Non voglio, basta, non insistere"
"Dai, gioca con noi" continuò sporcandogli la punta del naso con il colore
Aveva fatto quel gesto con buone intenzioni, ma per il bambino fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Adesso basta, mi hai stancato" urlò correndo di sopra
Ancora una volta un silenzio assordante cadde nella stanza.
"Direi che può bastare per oggi, andiamoci a sciacquare, forza" li incitò
Dopo aver sistemato tutti i bambini, stava per prepararsi per darsi una lavata, ma sentì bussare e sperò solo che non fosse Emily.
Aprì e si ritrovò davanti una signora elegante, che non appena lo vide gli tirò un colpo con la sua borsetta e lo colpì in piena faccia.
"Chi è lei? Cosa ci fa qui?"
"Io ci vivo qui, piuttosto lei chi è!" esclamò massaggiandosi la guancia
"Mrs Cook!" esultò Susan quando vide la signora
"La conosci?"
"Si Jack, passavamo con lei interi pomeriggi prima che arrivassi tu"
"Lei chi sarebbe?" chiese accigliata Mrs. Cook
"Oh, lui è Jack Meyer" lo presentò la bambina
"E dice la verità? Vive qui?"
"Si, la mamma ha deciso di ospitarlo, lavora insieme a Mr. Anderson."
"Bene, questo cambia tutto" la signora entrò in casa e si diresse in cucina
Era la prima volta che entrava in quella casa, ma conosceva così tanto Emily che era molto prevedibile per lei.
"Allora giovanotto, sarò molto diretta...sei il fidanzato di Emily?"
Jack stava prendendo delle tazze in cui versare del tè e appena sentì quella domanda stava per far cadere tutto.
"C-certo che no! Ci conosciamo da qualche settimana" balbettò in imbarazzo
"E perché avrebbe dovuto accoglierti in casa sua?"
"Me lo chiedo anche io, quando ci siamo incontrati per la prima volta sono stato molto sgarbato"
"Perché sei ancora qui? Insomma, non dovresti alloggiare in un albergo?"
"Si avrei dovuto, ma per un equivoco mi sono ritrovato qua, lei mi ha proposto un patto e ho accettato"
Mrs. Cook gli lanciò un' occhiata molto eloquente. Non voleva sembrare invadente chiedendo del patto, ma voleva saperlo.
"Posso vivere qui, in cambio tengo i bambini quando lei non c'è."
Lo scrutò con occhi profondi come se avesse voluto leggerlo dentro e vedere ogni sua imperfezione. Improvvisamente scosse la testa come a voler scacciare un pensiero.
"Tratta bene questi bambini e Emily"
Si avviò alla porta e quando sembrava stesse uscendo annunciò: "Alla prossima, signor Meyer"
Jack chiuse la porta e sospirò.
"Che donna strana" pensò
Si lavò e sistemò tutto prima dell'arrivo della padrona di casa che dalla stanchezza, non notò nemmeno qualche piccola macchia. Dopo una veloce cena, portò i bambini nella loro camera, mentre Jack si fermò in cucina per scrivere una lettera.
"A chi scrivi?"
"Alla mia famiglia e...alla mia fidanzata" non sapeva perché pronunciare quelle ultime parole gli costarono così tanta fatica
"Spero che non fraintenda la tua permanenza qui"
"In realtà non lo sa"
"Perché no? Se hai paura di una sua reazione negativa, puoi tranquillizzarla. Tra noi non potrà mai succedere niente." disse quella frase con spensieratezza, gli augurò la buonanotte e andò a dormire.
Jack non dormì sereno. La sua mente ripeteva quella frase, lo stomaco si chiudeva sempre di più e il cuore martellava nel petto.
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VOTES FOR WOMEN
Historical FictionLondra, 1926 Mary Anderson vive una vita felice con suo marito James e i suoi tre figli. Con suo marito, un ricco imprenditore, ha un rapporto di parità. Proprio per questo motivo, non si è mai interessata alla lotta femminile per il suffragio univ...