Capitolo 4

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Continuo a mangiare come se niente fosse, facendomi trovare sempre con la bocca piena così da non dover rivolgere la parole a nessuno.
Come riesce a restare seduto accanto a me senza nemmeno provare a darmi una spiegazione? Come può essersi dimenticato così facilmente di tutto quello che avevamo?
"Giorgia smettila di ingozzarti." mia madre mi schernisce con una delle sue espressioni più serie.
È la terza fetta di carne che mangio, e credo proprio che tra non molto rigetterò tutto quello che ho appena mangiato.
"Lasciala mangiare Catia." mia nonna la rimprovera, facendo ammutolire la diretta interessata mentre io le sorrido in modo complice, afferrando subito dopo una bottiglia di vino e riempiendomi il bicchiere per metà.
"Giorgia.." mio padre mi lancia un'occhiata.
"Papà, è solo un bicchiere di vino." sbuffo.
Lasciatemi bere in santa pace.
Sorseggio il vino lentamente, giusto per apparenza: non credo sia la cosa migliore berlo tutto in un sorso di fronte a tutti.
"Gio vieni con me?" Fede, mia cugina, mi chiede di uscire fuori per qualche minuto.
Uscite finalmente fuori, sospiro sollevata "Speravo che me lo chiedessi."
Ci allontaniamo dal piazzale della casa, e andiamo a sederci su un muretto di pietra fra il campo di girasoli. Federica tira fuori un pacco di Camel e mi porge una sigaretta.
La prendo senza esitare e aspetto che mi passi il clipper viola.
"Immagino non abbiate più parlato tu e..." dice mia cugina indicando con un cenno della testa la casa di nostra nonna.
"Decisamente no, e non credo di volerlo fare per ora." guardo la sigaretta consumarsi e sospiro un paio di volte.
Parlare di quel ragazzo mi irrita perché mi ricorda tutto quello che ho provato mentre non c'era, e tutto quello che ci siamo persi in questi sei anni.
"Sai come la penso Giorgia, non ti dirò cose del tipo vedrai che si sistemerà tutto o ritornerete più forti di prima e bla bla. Ti conosco, e a te non serve compassione né pietà, quello che so è che ogni cosa ha il suo tempo e anche voi ne avrete abbastanza per riflettere."
"Vedremo." sussurro piena di rabbia e tristezza non sapendo che altro dire.
Passati almeno dieci minuti torniamo dentro ed emetto un sospiro abbastanza rumoroso non appena mi risiedo accanto a Riccardo.
"Abbiamo finito, possiamo aprire i regali!" grida impaziente mio fratello, che si affretta a finire il suo pezzo di dolce per potersi alzare e correre in salotto.
Io e Federica ci sediamo sul divano, difronte a me, accanto a mio cugino, si trova Riccardo. "Grazie zia." mia cugina ringrazia mia madre per la felpa che le è appena stata regalata, e con la coda dell'occhio noto mio fratello montare la sua nuova pista per le macchinine.
"Ti sta guardando." Federica mi tocca il braccio e parla senza farsi notare.
Sposto lo sguardo su di lui e lo trovo a fissarmi, ma in modo assente, quasi come fosse imbambolato.
"Si sarà incantato." alzo le spalle indifferente.
Qualche minuto dopo, Laura, la madre di Riccardo, mi porge una busta bianca con un fiocchetto rosso appiccicato sopra: "Questo è per te Giorgia, da parte nostra"
Apro la busta e afferro il vestito bordeaux. Lo guardo e ne sono piacevolmente sorpresa: non sembra molto corto, e ha uno scollo a V sul petto.
"È davvero stupendo, grazie mille." sorrido sincera, quella donna ci sa fare per quanto riguarda l'abbigliamento.
L'ultimo regalo sotto l'albero lo afferra mia madre e lo porge a Riccardo.
"Ecco Riccardo, un piccolo pensiero. Prendilo come un regalo di ben tornato!" sorride mia madre, facendomi pensare che non fosse così ignara del fatto che anche lui e la sua famiglia sarebbero stati lì.
Scarta il regalo e tira fuori una felpa bianca e nera, con il cappuccio e una scritta dietro la schiena. Lo fissavo mentre se la rigirava nelle mani e non riuscivo a fare a meno di pensare a quanto fosse cambiato in quegli anni.
Aveva i capelli più scuri rispetto al biondo miele di quando era piccolo, era cresciuto molto da quando lo avevo rivisto l'ultima volta. Ricordo che era decisamente più basso di me a sei anni, insieme all'altezza, era anche diventato molto muscoloso.
Mi era parso di sentire che aveva praticato nuoto per tre anni e poi aveva smesso. Per quanto mi sforzassi di non pensarlo, era terribilmente sexy.
"Grazie, è molto bella." fu la prima volta da quando aveva messo piede in casa che riuscii a sentire chiaramente la sua voce, bassa e roca.
"Per noi è arrivata l'ora di andare, dobbiamo sistemare i bagagli nella nuova casa." afferma Laura infilandosi il giaccone e la sciarpa.
"Se vi è più comodo potete rimanere da noi, vi fermerete nella tavernetta fino a quando non vi sarete sistemati per bene." propone mia madre senza esitazione.
"Non ti preoccupare, grazie comunque Catia." l'abbraccia lei.
Provo invidia nel vederle così unite dopo più di vent'anni di conoscenza e amicizia.
Si sono conosciute al liceo, prima di incontrare i loro attuali mariti.
Avevano frequentato entrambe l'università di lettere per potersi laureare e insegnare, poi però Laura era rimasta incinta di Riccardo e non era riuscita a conseguire la laurea, mentre io sono nata l'anno dopo, quando mia madre era già riuscita a laurearsi e ad avere un piccolo incarico in una scuola media.
Perché io e Riccardo non potevamo essere così legati come loro? Semplice, perché lui mi aveva lasciata sola, ecco perché.
"D'accordo, ma sappiate che la nostra casa è sempre aperta per voi." sorride in fine mia madre, prima di salutare tutti e seguire mio padre in macchina.
"Ciao Giorgia." sussurra Riccardo con un quasi impercettibile sorriso prima che la macchina in cui era comodamente seduto, sparisse nel buio della notte.
"Chicco vieni." chiamo mio fratello e lo prendo per mano.
"Giogio ho tanto sonno." si stropiccia gli occhi e sbadiglia rumorosamente.
"Vieni qui." gli faccio posto tra le mie braccia in cui si accoccola immediatamente, circondandomi la vita con le sue esili braccia.
"Giorgia devo dirtelo, sei stata maleducata oggi." afferma mio padre dopo qualche minuto
"Tuo padre ha ragione, potevi almeno ascoltare quello che stava raccontando Riccardo." aggiunge mia madre guardandomi dallo specchietto.
"E di cosa stava parlando? Sentiamo." domando ironicamente.
"Ha detto di aver passato gli esami di terza media con il massimo dei voti, ma che poi è stato sfortunatamente bocciato in seconda superiore." mi spiega mia madre lasciando perdere la mia espressione totalmente disinteressata.
"Oh, poverino." fingo di essere dispiaciuta.
"Smettila Giorgia." mi rimprovera mia madre
"Come fate a dirmi di smetterla? Come se non sappiate tutto quello che ho passato, come se non riusciate nemmeno a immaginare come mi sono sentita quando l'ho visto tutto tranquillo dopo sei anni. Scusatemi, ma voi non capite proprio un cazzo!" urlo come una pazza e con le lacrime agli occhi.
Fortunatamente mi accorgo di essere appena arrivati difronte il mio condominio, quindi sposto delicatamente Francesco dalle mie ginocchia, ed esco dall'auto prendendo velocemente le chiavi di scorta dentro la cassetta delle lettere per poi correre in camera mia ignorando le grida dei miei genitori. Sbatto la porta della stanza e mi chiudo a chiave.
Scivolo lentamente sul pavimento cominciando a percepire l'affannarsi del mio respiro.
Le lacrime escono ormai incontrollate e faccio fatica a trattenere i singhiozzi.
Mi passo le mani tra capelli continuando a piangere lacrime amare, pensando a quei bellissimi momenti con Riccardo che non torneranno mai più.

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