scream

251 14 5
                                    

Tornai a casa. Ero stanca, stava andando tutto male.
Ero arrabbiata con tutti, con Beck per avermi distratta quella sera, con Dylan per avermi detto quelle cose, con Paul per avermi cacciata, anche se sotto sotto sapevo che aveva fatto la cosa giusta...
Ed era proprio quando quella sensazione di vuoto mi assaliva e non potevo fare nulla per aggiustare le cose che quella voce tornava.
"Ehi Camille" disse Adrian "io sono qui, non ti hanno abbandonata tutti".
"Tu sei una voce nella mia testa" risposi "se lo dicessi a qualcuno mi prenderebbero per pazza".
"Anche se tu dicessi che sei un lupo mannaro, non ci crederebbero, ma è reale" poi scomparse.
"È così che fai, vero?" Urlai.
I miei genitori non c'erano e speravo che nessuno mi sentisse.
"È così che fate tutti!" Continuai ad urlare "quando uno ha bisogno di voi andate via! Io posso sembrare senza emozioni, senza sentimenti, ma ve lo assicuro, anche io soffro per ciò che fate!".
Non so a chi fosse diretta quella frase, forse a tutti.
Mi sentivo male. Stavo per scoppiare interiormente. Le finestre erano chiuse e feci l'unica cosa che in quel momento mi avesse calmata, (o almeno lo avrebbe fatto secondo me): urlai.
Urlai forte, fortissimo.
Sentii la lampadina scoppiare.
Smisi di urlare dopo qualche secondo e mi accorsi di cosa avevo fatto.
Guardai fuori per controllare se qualcuno mi avesse sentita, ma tutto era calmo.
Forse era solo una mia impressione e forse la lampadina era surriscaldata.
Chiusi la finestra che per fortuna essendo aperta non si era rotta e stavo per tornare a sedermi quando iniziai a vedere tutto nero.
Sapevo cosa stava succedendo.
"Cara" disse quell'uomo pallido con le labbra rosse e gli occhi stanchi "sei tornata nel nostro regno, Vet City!".
"Chi sei?" Chiesi.
"Sono Ferdinand" disse l'uomo con una voce che assomigliava a quella di Tremotino "non mi conosci?".
"No" risposi.
"Bhe...conoscerai lui, allora!".
Trascinò uno dei suoi uomini che stavano dietro di lui davanti miei occhi.
"Tu! Sholick!".
"Eh si, il mio aiutante aveva avuto paura di un'Omega".
Risero tutti.
"Camille" sentii una voce familiare "svegliati, devi svegliarti".
La voce veniva al di fuori della visione.
"Oh Camille, non puoi ancora andartene" disse Ferdinand "devi vedere una cosa".
Scoprii quella gabbia dove la volta precedente c'era Adrian legato e di nuovo lo vidi lì.
"Camille" disse flebilmente.
"Adrian" dissi.
Eravamo separati dalle sbarre di ferro.
"Io non so se ce la farò, ma tu devi salvarli, devi salvare il branco".
"Tu ce la farai" dissi "ti salveremo, ti salverò".
"Ho i miei dubbi, Omega" disse Ferdinand.
"Ogni volta che faccio quella cosa" si toccò la testa per farmi capire e tenere all'oscuro gli Incroci di quella specie di nostra connessione "mi indebolisco".
"Tu resisti".
"Ora devi andare, però".
"Si" risposi.
"Oh e ricorda, non far vincere gli altri".
"In che sen-" provai a dire.
"Camille" disse mia madre "che hai?".
Aprii gli occhi ero sul pavimento.
"Andiamo in ospedale" disse con il suo tono calmo.
Da piccola ero un vero maschiaccio e di cicatrici, molte delle quali conservo ancora ora, ne ho avute tante.
Ormai il personale dell'ospedale mi conosceva e lei ogni volta che mi facevo male, conservava quel tono calmo.
"Vieni sali in macchina" disse.
"No, mamma sto bene, sto alla grande. Era solo un calo di zuccheri. Sarò svenuta per qualche secondo".
"Camille, sei rimasta senza sensi per un'ora. C'è qualcosa che non va ".
"No, è solo...il periodo, no?" Dissi "l'adolescenza è un periodo buio".
"Si hai ragione" disse "ma è meglio fare un controllo".
"No, no mamma".
"Perché?".
"Perché no".
"Camille! Entra subito in macchina!".
Entrai. Non potevo spiegare il perché non volevo andare in ospedale. Speravo solo che non si accorgessero di nulla, tipo qualche cosa che facesse sospettare che non fossi umana.
Arrivammo in ospedale e mia madre disse alla receptionist che ero svenuta e bla bla bla.
Mentre continuava a spiegare, vidi di essere vicina alla stanza di Alex.
Essendo in coma irreversibile, non poteva più svegliarsi, ma era sovrannaturale, no? Speravo che prima o poi l'avrebbe fatto.
Entrai.
Vicino a lui c'era qualcuno, qualcuno che voleva fargli del male.
"Sholick!" Urlai "vai subito via!".
Lui, impaurito, se ne andò.
Entrò un'infermiera nella stanza seguita da mia madre.
"Ehm...Camille...vieni" disse mia madre.
"Ha le allucinazioni?" Chiese sottovoce l'infermiera a mia madre.
"Le allucinazioni?" Dissi io arrabbiata "c'era veramente qualcuno!".
"Si, certo...andiamo di là" disse l'infermiera.
Mi trascinarono in una stanza e mi fecero stendere.
"Non sono pazza, lo giuro" dissi.
"Ah questo lo so, è solo shock post-traumatico" disse l'infermiera.
"Io non ho subito nessun trauma" dissi.
"Vuoi dirmi che non conoscevi quel ragazzo in coma?".
"Si lo conoscevo, ma...".
"Sei solo traumatizzata, questo ti calmerà".
Mi iniettò un calmante.
"No...non posso, devo stare vigile...devo salvare tutti" poi svenni.
Durante quel "riposino", se così si può chiamare, sognai tante cose, belle e brutte.
Mi svegliai, ancora in ospedale.
Non aprii gli occhi, perché sentivo qualcuno parlare.
"Ed eccoci di nuovo in un ospedale" disse quella voce "come tutto è iniziato".
Capii che era Beck.
"Con tutto ciò che è successo ti sei dimenticata di dire a tua madre che ci siamo lasciati! Che cosa strana!".
Feci finta di dormire ancora, volevo sentire cosa diceva.
"Magari quando tutto questo finirà...potremo ritornare insieme" disse "se mi perdonerai, ovviamente. Comunque, ho fatto l'inscrizione per quel talent show. Magari mi scriverai qualche canzone, no? Il cantante e la scrittrice".
Feci finta di essermi appena svegliata.
"Beck? Che ci fai qui?".
"Oh ciao, ti sei svegliata! Mi ha chiamato tua madre".
"Ah...sto bene, comunque. Puoi anche andare" dissi scocciata.
"Certo" disse triste.
Tra noi era finita. Umani e lupi? Non sono fatti per stare insieme.
Lui uscii ed entrò mia madre.
"Allora?" Chiese "come ti senti?".
"Peggio di prima, grazie" dissi arrabbiata.
"È per il tuo bene".
"Il mio bene? Mi vuoi far rinchiudere dentro qualche struttura?".
"Io...veramente...ancora non lo so".
"Mamma! Ero ironica e tu fai sul serio?".
"È per te. Quella compagnia che frequenti ti sta mandando sulla cattiva strada".
"Che compagnia?".
"Quella con i due fratelli, quella bionda, quello rosso, quelli con la matita negli occhi".
"Loro?".
"Si".
"No, mamma loro sono...lasciamo stare".
Lei uscì e io rimasi da sola.
"Scappo, ora o mai più" pensai.
Mi vestii e uscii dalla finestra.

You, Me and the WolvesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora