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Rachel Elizabeth Dare sbuffò.
Sentiva terribilmente la mancanza della sua grotta vicino al Campo Mezzosangue.
Lì aveva tutti i suoi tubetti di colori e le sue tele e poteva dare libero sfogo alla sua fantasia.
Uscì sul balcone del suo appartamento a Nuova Roma, sentendo l'aria fresca lambirle delicatamente il viso come la carezza di un'amante.
Era una similutidine che trovava divertente, considerando il fatto che lei non poteva innamorarsi essendo l'oracolo di Delfi.
Fece qualce passo avanti, stringendo le mani sulla ringhiera del balcone.
Il vento le muoveva dolcemente i capelli rossi, facendoglieli ricadere sugli occhi verdi.
Sospirò, osservando l'oceano Pacifico che si estendeva oltre l'orizzonte.
Reyna, il pretore del Campo Giove – il campo per semidei romani – le aveva offerto un alloggio nel centro del campo, ma Rachel aveva rifiutato.
Voleva fingere di essere una ragazza normale, vivere a Nuova Roma come una comune adolescente che aveva un segreto ovvero essere un'oracolo.
Ma alla fine, nemmeno la gente che viveva in quella piccola città sulle colline di Berkeley era normale.
Erano semidei con legami con gli dei dell'Olimpo.
Già, gli dei.
L'aiuto di Apollo non avrebbe guastato, essendo il dio delle profezie.
Rachel, insieme a Tyson il ciclope e l'arpia Ella, si trovava in California per cercare di rimettere insieme i Libri Sibillini: i più importanti libri profetici perduti nell'antica Roma.
Non si sapeva ancora esattamente come, ma Ella aveva un'incredibile memoria e a volte ricordava stralci di profezie.
Apollo avrebbe potuto dare loro almeno qualche dritta, pensò Rachel.
"Sei il dio delle profezie no?" borbottò a mezza voce, lanciando un'occhiata al cielo "E allora aiutaci!"
Quasi sperava che Apollo comparisse, anche solo per dirle che non era questo il tono con cui ci si rivolgeva agli dei, ma niente.
La vita sotto di lei tra le strade affollate di Nuova Roma procedeva come sempre.
Rachel scorse Tyson ed Ella passeggiare mano nella mano e si sforzò di sorridere.
Almeno loro erano felici.
Lei si sentiva completamente inutile.
Era quasi un anno che l'oracolo non si impossessava di lei.
Dopo l'ultima grande profezia – chiamata la Profezia dei Sette – prima della guerra contro Gea, l'estate prima, non era successo più nulla.
E non era che volesse l'ennesima terribile profezia su una guerra, semplicemente sperava di poter essere d'aiuto per i Libri Sibillini.
Sospirò, voltandosi per ritornare in casa.
L'appartamento era piccolo, con le cose necessarie.
Una piccola cucina in vista che comprendeva il soggiorno – costituito da un piccolo divanetto e un tavolino – un piccolo bagno e una camera da letto.
Non aveva aggiunto niente di personale per rendere più accogliente casa sua.
In qualche modo, era stato un riflesso inconscio, come un buon auspicio.
Se non personalizzava la sua nuova casa era perchè presto sarebbe tornata in quella vecchia.
Il Campo Mezzosangue le mancava terribilmente.
Si sedette sul divanetto, con un sospiro.
Ormai sospirare era diventata la sua attività preferita.
Senza troppa convinzione, prese una matita e se la rigirò tra le dita, osservando il foglio bianco che aveva davanti a sè, sul tavolino di legno.
Era come se il solo essere l'oracolo fosse collegato al suo lato artistico.
Da quando non diceva più profezie, non aveva più disegnato.
Personalmente, preferiva utilizzare un pennello e una tela, piuttosto che una matita e un foglio: ma poteva fare un'eccezione.
Chiuse gli occhi, lasciando che la mente si liberasse.
Quasi non si rese conto della sua mano che si era posata dolcemente sul foglio bianco nè delle linee che stava tracciando.
Lasciò che fosse il suo cuore a guidarla, che muovesse la mano al posto suo.
Era come se la matita fosse diventata un prolungamento del suo braccio, come se avesse preso vita.
Si muoveva veloce sul foglio, imprimendoci dentro ricordi, sensazioni e desideri.
Non aveva idea di quello che stava disegnando, ma non le importava.
Eppure aveva una sensazione, come una morsa nello stomaco.
Tutta la felicità che aveva provato quando si era resa conto di star disegnando di nuovo, stava presto scomparendo.
Al suo posto si stava avvicinando una terribile sensazione che riconobbe essere paura.
Che cosa avrebbe trovato sul foglio una volta aperti gli occhi?
La mano cominciava a farle male, ma Rachel teneva ostinatamente gli occhi verdi chiusi e non mollava la presa sulla matita.
Ad un certo punto, la matita parve divenire incadescente tra le due dita d'artista.
Con un sussulto, aprì di scatto gli occhi e lasciò la presa, tirandosi la mano al petto.
Chinò lo sguardo e rimase impietrita.
Era un volto quello che si mostrava sul foglio un tempo bianco.
Un ragazzo molto bello, dai tratti decisi e squadrati.
Sapeva che i suoi occhi erano azzurri, nonostante il disegno non presentasse colori e nonostante Rachel non avesse mai visto quel ragazzo se non con gli occhi dorati.
Una profonda cicatrice gli attraversava il viso, sfregiandogli il volto perfetto.
Lei sapeva perfettamente chi fosse.
E non apepna nella sua mente comparve il nome del ragazzo, come un marchio a fuoco incandescente, si bloccò.
E cominciò a parlare con una voce che non era la sua, mentre un leggero fumo verde avvolgeva la sua figura minuta.Un antico nemico si desterà
e i serafini alati in cielo cader farà
La figlia della saggezza e il figlio del mare
la maledizione dovran spezzare
I ricordi perduti riottenere
I figli dell'angelo alleati dovranno avere
L'incontro dei due mondi salvezza porterà
oppure distruzione senza pietàRachel tornò in sè, deglutendo.
Quella era una profezia.
Doveva correre al Campo Mezzosangue ed avvertire Chirone.
Ma soprattutto, doveva avvertire Percy Jackson.
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Lost Love
FanfictionAmbientato dopo "Eroi dell'Olimpo - Il sangue dell'Olimpo" e "Shadowhunters - Signora della Mezzanotte" Narrami, o Musa, del figlio di Poseidone e della figlia di Atena il terribile fato intrecciato dalle Parche. Raccontami, anzi tempo, il loro viag...