"Perchè anche a New York l'Olimpo non è così?" si lamentò Percy "La vita sarebbe più bella se nell'ascensore dell'Empire State Building non ci fossero quelle bruttissime canzoni"
Annabeth lo guardò male.
"Quella che ci è andata ogni giorno per un mesi sono stata io" sottolineò.
Il figlio di Poseidone scrollò le spalle.
"Sei tu l'archietto, non io"
La figlia di Atena scosse la testa.
"Però" continuò Percy "ci sono davvero tante scale"
"Hai finito di lamentarti?"
"Mai"
Lei fece un mezzo sorriso, rassegnata, mentre saliva l'ultima rampa di scala all'interno del Big Ben.
Erano sulla torre dell'orologio, diretti verso l'ingresso del Monte Olimpo.
"Siamo arrivati"
La parte interna dell'orologio si mostrava davanti a loro.
"Suppongo che basti spostare le lancette sul numero tre" pensò Percy, avvicinandosi alla meridiana.
"Aspetta" Annabeth gli mise una mano sul braccio "credo che dobbiamo farlo insieme, altrimenti solo chi sposta le lancette potrà entrare"
Lui fece un sorriso ironico e annuì.
Lei posò la sua mano su quella del ragazzo e la condusse prima alla lancetta che segnava le ore, in seguito a quella che segnava i minuti.
Si allontanarono di qualche passo, mentre entrambe le lancette cominciavano a ruotare come se fossero impazzite – probabilmente un'invenzione di Dioniso.
All'improvviso l'orologio scomparve.
Al suo posto vi era una porta dorata, retta da due colonne ioniche che fungevano da piedritti.
Sull'architrave vi era la scritta in lettere greche Ὄλυμπος.
"Penso proprio sia il posto giusto" commentò Percy.
Annabeth aprì la porta e trattenne il fiato.
Nonostante ormai conoscesse a fondo l'Olimpo, la sua vista non smetteva di toglierle il fiato.
Il sentiero di ciottoli circondato da nubi perlacee, le ninfe che ridevano vicino alla fontana al centro della piazza e gli dei minori che passeggiavano chiacchierando.
Videro le muse che suonavano sedute su una panchina e videro i templi che si ergevano magnifici.
Camminarono mentre alcuni li degnavano di piccole occhiate, ridacchiando oppure indicando Percy e mormorando.
I due aumentarono il passo raggiungendo la loro destinazione.
Entrarono nella casa degli dei e arrivarono fino alla sala del consiglio.
Gli Olimpi erano sui loro troni, alti sei metri e austeri nelle loro vesti bianche bordate d'oro.
"Ragazzi!" esclamò Apollo sorridendo "Siete arrivati!"
"Chi sono questi due semidei?" Zeus, signore del cielo, squadrò il figlio con il suo cipiglio corrucciato che non sarebbe cambiato nei secoli.
"Percy Jackson e Annabeth Chase ovviamente!"
"Chi?" domandò Poseidone, dio del mare.
Annabeth sentì Percy emettere un mugolio accanto a lei.
Sapeva cosa stava pensando.
Non doveva essere arrabbiato che suo padre non lo riconoscesse, perchè in quell'epoca lui non era ancora nato, eppure non era così facile.
"Oh giusto" Apollo si diede un colpetto sulla fronte "mi sono dimeticato di informarvi. Mea culpa. Loro sono due semidei del ventunesimo secolo"
"La profezia di cui mi hai accennato?" si fece avanti Atena "Quella su due semidei provenienti dal futuro? Sono loro?"
Puntò i suoi freddi occhi grigi verso di loro ed Annabeth sostenne lo sguardo della madre.
Riconoscimi, pensò, lo so che senti che sono tua figlia.
"Da quando due semplici semidei possono entrare sull'Olimpo come se niente fosse? Sono il padrone dell'universo e nessuno si è preoccupato di chiedermi se mi andasse bene il loro accesso" disse Zeus, ancor più accigliato.
Era, sua moglie, seduta sul trono accanto a lui alzò gli occhi al cielo.
La dea della saggezza distolse lo sguardo, rivolgendosi a suo padre.
"Padre Zeus, dobbiamo ascoltare cos'hanno da dire" lo persuase "ho la sensazione sia importante"
Il dio sbuffò, facendo un gesto con la mano invitandoli a parlare.
Percy guardò Annabeth, sapendo che sarebbe stata lei a parlare.
"Due anni fa" esordì "un semidio, Luke Castellan, ha riportato in vita la stirpe dei Titani e ha fatto risorgere Crono. Ha causato una guerra a New York, ma è stato fermato. Credevamo fosse morto, ma ci siamo sbagliati: è vivo, è in questa epoca e vuole distruggere l'Olimpo"
"Chi è il suo genitore divino?" domandò Efesto, facendo cigolare la sua gamba di metallo.
"Ermes" intervenne Percy.
Tutto il consiglio degli dei si voltò verso Ermes, che fece un sorriso di scuse.
"Non posso mica controllarli tutti!" esclamò.
"Quindi siete venuti qui per dirci che siamo minacciati da un semplice semidio?" riassunse Zeus, in tono annoiato "Siamo dei, ve lo ricordate?"
"Questo semplice semidio vi ha già quasi annientato" non riuscì a frenarsi Percy "non lo prenderei sotto gamba"
Il dio del cielo scattò in piedi, la folgore gli comparve tra le mani con uno scintillio.
"Come osi..." iniziò.
"Questi due semidei hanno fatto bene a venire qui, padre" intervenne Artemide, in tono conciliante "come ha già detto Atena, questi due giovani fanno parte della profezia fatta da mio fratelo Apollo. Sono destinati a sconfiggere Luke"
"E c'è un'altra cosa" intervenne il dio del sole "la profezia dice che dovremmo dare qualcosa in cambio del loro aiuto. La possibilità di tornare nel loro secolo"
"È impossibile, Apollo" osservò Dioniso, in tono sdegnato "nessuno può controllare il tempo. Il tempo è indomito, non lo si può mettere in catene"
"In realtà, se posso permettermi, ti sbagli"
Tutti gli dei si voltarono verso una dea che non parlava mai.
Al centro della sala c'era un focolare che scoppietava, riscaldandola nonostante fosse pieno agosto.
Estia, la dea più antica, sorrise.
"Un modo per piegare il tempo esiste" spiegò "è una magia antica, di cui pochi sono a conoscenza. Se i sei figli di Crono uniscono i loro poteri, con una precisione millimetrica, potranno piegare il tempo e riportare i due semidei nella loro epoca"
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Lost Love
FanfictionAmbientato dopo "Eroi dell'Olimpo - Il sangue dell'Olimpo" e "Shadowhunters - Signora della Mezzanotte" Narrami, o Musa, del figlio di Poseidone e della figlia di Atena il terribile fato intrecciato dalle Parche. Raccontami, anzi tempo, il loro viag...