"Certe volte Will proprio non lo sopporto" commentò Percy mentre posava le sue mani sulla vita di Annabeth.
Lei rise, le mani allacciate intorno al suo collo.
"Come mai, Testa d'Alghe?" lo rimbeccò, divertita "Perchè ha colto nel segno?"
Lui la guardò male.
"Guarda che sono migliorato rispetto alla festa a Westover Hall! Avevo quattordici anni!"
"Sicuro"
Percy sbuffò, nascondendo un sorriso, e si voltò dall'altro lato, fingendosi offeso.
"E io che credevo mi amassi" l'accusò.
Annabeth sorrise mentre si alzava sulle punte e lo baciava sulla guancia.
Poggiò poi il mento sulla spalla del figlio di Poseidone, continuando a stringerlo.
La musica si estendeva intorno a loro, accerchiandoli e avvolgendoli come un abbraccio.
La figlia di Atena fece vagare lo sguardo intorno a lei, cercando Luke con gli occhi.
Era sicura fosse lì da qualche parte, ma sapeva che non era così stupido da mostrarsi immediatamente.
Li avrebbe condotti da lui, nel mondo in cui voleva.
In qualche modo, lei e Percy sarebbero stati le sue pedine.
Ma Annabeth avrebbe trovato il modo per ribaltare la situazione, lo trovava sempre.
Fu in quel momento che vide un cameriere fissarla.
Capì all'istante che era un'automa, proprio come quelli di Efesto.
Lei ricambiò il so sguardo vitreo, aspettando che facesse qualcosa.
L'automa aveva un vassoio in mano e su di esso c'era qualcosa.
"Percy"
Il suo tono di voce era urgente.
Lui sciolse il loro intreccio per poterla guardare negli occhi.
"Che c'è?"
"Guarda"
Entrambi guardarono nella direzione che Annabeth stava indicando, il semidio con la mano già nella tasca dei pantaloni dove lei sapeva esserci Vortice.
Sul vassoio c'era il pugnale che, anni prima, Luke aveva regalato alla figlia di Atena e che poi era andato perduto nel Tartaro.
L'automa li guardò per un ultimo istante, poi si voltò e sparì dietro una porta.
"Seguiamolo"
I due partirono all'inseguimento, districandosi tra le coppie che ancora ballavano e non parevano fare caso a loro, quasi come i mortali sulla Principessa Andromeda.
Annabeth sentì indistamente un gemito provenire dietro di lei, ma non se ne curò.
Doveva arrivare a Luke.
Spalancò la porta davanti a sè e imboccò il corridoio, facendo frusciare le gonne argentate a terra.
Alla fine si ritrovò in una piccola stanza dorata, illuminata da una serie di candele che fluttuavano a mezz'aria.
"Dove diavolo siamo?" chiese Percy, la spada sguainata.
"Da quanto tempo, ragazzi"
Luke era davanti a loro e aveva un sorriso gelido in viso.
Era il solito Luke.
I capelli biondi più lunghi del solito, una camicia bianca e pantaloni neri, la cicatrice che gli deturpava il volto altrimenti perfetto.
E gli occhi azzurri.
Annabeth fece un passo avanti, come per scagliarsi contro di lui.
Ma si bloccò.
"Sei un vigliacco" mormorò, poi alzò il tono di voce "SEI UN VIGLIACCO! Non ti presenti nemmeno personalmente, usi un messaggio-Iride? Non sei cambiato per niente, Luke Castellan"
La sua espressione si fece triste.
"Sei arrabbiata con me, vedo" constatò.
"Ti credevo morto! Ti ho visto morire, Luke, credi che sia facile vederti qui ora? Specialmente dopo tutto quello che è successo?"
"Mi dispiace tanto, Annabeth, credimi"
Luke fece un passo avanti.
"Vorrei poterti abbracciare"
Percy scattò davanti ad Annabeth, come a difenderla da un colpo.
"No, tu non vuoi" scandì.
Per un istante, nel suo tono di voce, alla ragazza parve di essere di nuovo nel Tartaro davanti alla dea Akhlys.
"Percy" mormorò, scostandolo da sè e mettendosi al suo fianco.
Fissò il figlio di Ermes dritto negli occhi.
"Come fai ad essere ancora vivo? Ti sei sacrificato, per uccidere Crono" disse.
Gli occhi di lui si scurirono.
"Ed è quello che è successo infatti" spiegò "ho ucciso Crono, ma io non sono morto. Una piccola pate di me era ancora viva. Quando le Parche mi hanno portato via, questa parte di me, che era stata incosciente da quando il pugnale mi aveva colpito nel mio tallone d'Achille, si è svegliata. Sono scappato e mi sono nascosto. Delle Oreadi, ninfe di montagna in Canada, mi hanno aiutato a rimettermi in sesto. C'è voluto un anno, ma alla fine sono tornato quello di prima"
"Perchè non ce lo hai detto Luke? Potevamo aiutarti!"
Lui scosse la testa.
"Sarei stato ancora il benvenuto al Campo Mezzosangue, dopo tutto quello che avevo fatto? No, Annabeth. Dovevo stare solo"
"Avresti potuto aiutarci con Gea, l'anno scorso" intervenne Percy, con voce dura.
Luke lo guardò.
"Non sarei stato di nessun aiuto, Percy" rispose.
"Hai detto di essere tornato quello di prima" riprese Annabeth "Provi ancora rancore per gli dei?"
Il figlio di Ermes fece una risata amara.
"Certo che si" disse "e dovreste provarlo anche voi. Cos'hanno mai fatto per noi? Anche mio padre, mi ha riconosciuto come suo figlio solo quando mi ha creduto morto. Lui è uguale agli altri"
"Luke, perchè non capisci..."
"Io non capisco? Oh no, siete voi a non capire. Ma va bene così. Capirete, con il tempo. Ora voglio farti una domanda, Annabeth"
Lei lo guardò.
"Vieni con me" le disse, la voce carica di promesse "governeremo insieme l'Olimpo, creeremo una nuova età dell'oro, io e te"
Percy si girò di scatto verso Annabeth, gli occhi verdi supplicanti.
Ti prego, sembravano dire, non farlo.
Perchè non riusciva ad odiarlo?
Sarebbe stato tutto molto più facile.
"No" rispose lei, fissando il figlio di Poseidone "io non sono come te"
"Lo fai per lui, non è vero?" il tono di Luke era pieno di disprezzo "Per Percy Jackson?"
Annabeth si voltò di scatto verso l'altro.
"Lo faccio" disse "perchè non si abbandonano le persone che si amano"
"Lo ami, dunque?" Luke lanciò uno sguardo all'automa che aveva accanto.
Era lo stesso di prima, ma al posto del pugnale, sul vassoio brillavano due ampolle di vetro piene di un liquido azzurrino.
"Vi racconterò una storia" disse.
Il figlio di Ermes fece vagare lo sguardo sugli altri due semidei, un sorrisetto stampato in volto.
"Millenni fa" raccontò "nell'antica Grecia, un oracolo aveva predetto la fondazione di una città che sarebbe diventata una potenza mondiale. Una volta fondata, i cittadini di essa avevano bisogno di un dio protettore a cui consacrarla. Se ne fecero avanti due: Atena e Poseidone. Atena propose una sfida: chi avrebbe fatto il dono più utile alla città, sarebbe diventato il suo protettore. Poseidone fu il primo: creò una bolla d'acqua battendo il suo tridente a terra e da essa uscì un cavallo. Poi, fu il turno di Atena: creò una semplice pianta chiamata ulivo, dicendo che avrebbe reso la città una potenza nel commercio nel Mediterraneo. Fu lei a vincere, e la città, da quel momento, si chiamò Atene"
"E questo è il motivo per cui i nostri genitori si odiano" commentò Percy "lo sappiamo già, Luke. Come può qualcosa che sappiamo già farci cambiare idea su di te?"
"Non deve farvi cambiare idea su di me" replicò l'altro "ma sugli dei. Questa è solo parte della storia, quella che viene narrata dagli storiografi dell'antichità. Pohissimi sanno che successe qualcos'altro. Poseidone scagliò una maledizione sui figli di Atena: nessuno di loro si sarebbe mai potuto innamorare dei suoi figli. E se questo fosse accaduto, la maledizione avrebbe colpito qualcun altro, qualcuno che ama qualcuno di proibito"
"Di cosa stai parlando?" volle sapere Annabeth.
"Guardate"
Al centro della stanza comparve Julian, che tremolava come una proiezione.
Aveva il volto pallido e gli occhi fuori dalle orbite.
"Julian!" esclamò Annabeth "Siamo qui!"
"È una proiezione" le spiegò Luke "Non può sentirti"
La figlia di Atena prese di scatto la mano di Percy quando si rese conto che Julian teneva in braccio qualcosa.
I capelli di Emma le ricadevano in ciocche bionde arruffate sul volto madito di sudore.
Tremava come se stesse congelando.
"Cosa le sta accadendo?" gridò lei.
"La maledizione sta facendo il suo corso, come vi avevo detto" disse Luke "a quanto pare Emma ama Julian, anche se non può perchè sono parabatai. La maledizione l'ha colpita"
"Andrà tutto bene, Emma" mormorava intanto Julian, mentre entrava in una piccola stanza "Starai bene"
Ad un tratto, crollò in ginocchio con un gemito.
"Anche Julian sta male" esclamò Percy "perchè sono parabatai, sentono l'uno il dolore dell'altro! Dobbiamo fare qualcosa!"
"Qualcosa potete fare, in effetti" osservò il figlio di Ermes, mentre l'automa usciva dall'ombra "l'unico modo per spezzare la maledizione è che voi dimentichiate di amarvi"
"Sei mai stato innamorato, Luke? Perchè ti dico una cosa: non è così facile smettere di amare qualcuno!" gridò il figlio di Poseidone "Dovremmo ucciderti e basta"
Luke guardò Annabeth.
"Lo sono ora, in effetti" rispose "Annabeth, sai che è l'unico modo. E sai che è la cosa giusta. Devi smettere di amare Percy. Vedrai tutto sotto una luce diversa, dopo. Te lo prometto. Non devi fare altro che bere quella pozione, contiene l'acqua del Lete"
"Mi avevi già fatto una promessa" disse la figlia di Atena, la voce un sussurro "e non l'hai mantenuta"
Si voltò a guardare verso la proiezione.
Non aveva idea di cosa fare.
Cosa le garantiva che ciò che Luke stava dicendo fosse la verità?
Se lei avesse bevuto la pozione, se si fosse dimenticata di amare Percy, cosa le garantiva che Emma e Julian sarebbero stati bene?
Ma soprattutto, come avrebbe potuto vivere senza Percy?
Dopo tutto quello che avevano passato, dopo le guerre, Era, il Tartaro, perchè dovevano essere separati ancora una volta?
Vide Julian sedersi con la schiena appoggiata alla parete, sudato e pallido come un fantasma.
Stringeva Emma tra le braccia, che non riusciva a tenere gli occhi aperti.
"Va tutto bene, Julian" sussurrò lei, con voce roca "sono con te"
Julian scosse la testa, gli occhi lucidi.
"Resisti ti prego" mormorò "cosa diavolo ti sta succedendo?"
Lei rabbrividì.
"Rivedrò i miei genitori" disse "rivederò tutti coloro che sono morti nella Guerra Oscura"
"No"
Julian fece in modo che si guardassero negli occhi.
"Non insistere perchè ti abbandoni o rinunci a seguirti" bisbigliò "perchè dove andrai tu, andrò anch'io, dove ti fermerai mi fermerò"
"Il tuo popolo sarà il mio popolo" continuò Emma, con un leggero sorriso sulle labbra "il tuo Dio sarà il mio Dio, dove morirai tu morirò anch'io e vi sarò sepolto"
I loro sguardi erano incatenati e, improvvisamente, qualcosa sul braccio di lei prese a brillare insieme a qualcosa sulla clavicola di lui.
Le loro rune parabatai stavano brillando di luce angelica.
"L'Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te"
Julian si sporse in avanti e le loro labbra si incontrarono.
Fu in quel momento che Annabeth prese una decisione.
Non poteva lasciare che accadesse qualcosa di male a quei due ragazzi, non se poteva impedirlo.
Decise di fidarsi di Luke.
Si voltò lentamente verso Percy e, non appena i loro occhi si incontrarono, capì che anche lui aveva preso la sua stessa decisoone.
Fece un passo avanti, le gambe molli come mai lo erano state.
Annabeh sbattè le palpebre per impedirsi di piangere.
L'espressione distrutta e consapevole negli occhi verdi di Percy, sempre così allegri e ironici, le faceva ancora più male del suo stesso dolore.
Lui cercò di sorriderle, prendendole il viso tra le mani e carezzadole le guance.
"Andrà tutto bene, Sapientona" sussurrò "Dovresti saperlo, no? Sai sempre tutto, tu"
"Percy..."
Lui scosse la testa, facendo un respiro profondo.
"Ti amo, Annabeth. Niente potrà cambiare ciò che provo per te. Non ricordi quando l'anno scorso Era mi ha cancellato la memoria? Oltre al mio nome, l'unica cosa che ricordavo eri tu. Sapevo di amarti, ne ero assolutamente certo. Ti amavo allora, come ti amo ora e come ti amerò anche domani, nonostante tutto. Un po' di acqua del Lete non cancellerà il mio amore per te, capito? Abbiamo sconfitto Luke una volta, e lo faremo ancora. Perchè in qualunque modo, nonostante tutte le difficoltà, noi ci apparteniamo e torniamo sempre l'uno dall'altra. E se dopo questa stupida storia non mi ricorderò di amarti, non importa. Mi innamorerò di nuovo di te, capito? Dimmi che mi credi, Annabeth"
Le lacrime scorrevano copiose lungo le guance della figlia di Atena.
Ma cercò di sorridere lo stesso.
Certo che gli credeva, come poteva non farlo?
Il difetto fatale di Percy era la lealtà, e ciò significava che si innamorava una volta sola della stessa persona.
Era così ingiusto però.
Dopo tutto quello che avevano passato, perchè non potevano essere felici?
Pareva che l'intero Olimpo ce l'avesse con loro.
E, a conti fatti, era più o meno così.
"Ci conosciamo da così tanti anni, Testa d'Alghe" sussurrò scostandogli una ciocca di capelli scurissimi che gli erano ricaduti sulla fronte "come può un semplice intruglio farci dimenticare tutto questo? Fin dall'inizio sapevo che il nostro destino era già stato deciso. L'amore stava arrivando da me, guidandomi verso di te. Ti amo, Percy, con tutta me stessa. Abbiamo attraversato il Tartaro insieme, e ne siamo usciti. Cosa può esserci di peggio?"
Incatenò il suo sguardo grigio con quello verde del figlio di Poseidone.
"Solo..." bisbigliò, la voce rotta "torna da me"
Percy la baciò.
E nonostante tutto, nonostante tutte le parole di incoraggiamento, quel bacio parve un bacio d'addio.
Annabeth allacciò le sue braccia intorno al collo di lui, stringendolo come per diventare una cosa sola.
Così nessuno avrebbe potuto separarli.
Percy l'allontanò delicatamente da lui, guardandola negli occhi.
"Tornerò da te, Annabeth" sussurrò "lo giuro sullo Stige"
Si voltarono verso l'automa che era proprio di fronte a loro.
"Attento ai giuramenti Percy, la dea Stige ti perseguiterà per sempre" disse Luke, con aria trionfante.
"Ci rivedremo Luke e ti sconfiggeremo" disse il figlio di Poseidone.
"Hai promesso, Luke" disse la figlia di Atena.
I due semidei si guardarono un'ultima volta negli occhi.
Poi, bevvero la pozione.
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Lost Love
FanfictionAmbientato dopo "Eroi dell'Olimpo - Il sangue dell'Olimpo" e "Shadowhunters - Signora della Mezzanotte" Narrami, o Musa, del figlio di Poseidone e della figlia di Atena il terribile fato intrecciato dalle Parche. Raccontami, anzi tempo, il loro viag...