Tessa si guardò allo specchio, pensando a quanto fosse impallidita da quando era arrivata a Londra, mesi prima.
L'abito celeste che Sophie le stava facendo indossare, preoccupandosi di renderlo perfetto per il ballo, faceva risaltare la sua palle diafana.
Le maniche leggere le avvolgevano le braccia magre e i punti luce intono alla vita davano un tocco in più al vestito.
"Siete bellissima, Tessa" le disse la cameriera, mentre si alzava per acconciarle i capelli castani.
Tessa sorrise debolmente.
"Se solo il signorino Jem vi vedesse così" continuò "impazzirebbe d'amore"
La mutaforma la guardò intrecciare abilmente le ciocche scure in una morbida crocchia non troppo alta.
"A te fa davvero piacere il nostro matrimonio?" chiese "Non... non sei arrabbiata con me?"
Sophie le lanciò uno sguardo divertito.
"Oh no, signorina" replicò "non lo amo più. Con voi sarà felice"
"Per caso Gideon Lightwood c'entra qualcosa?"
La cameriera arrossì, ma non rispose.
Poi si allontanò e prese dei fiori che aveva portato nella camera da letto, senza che Tessa se ne accorgesse.
"Volete che ve li intrecci tra i capelli?" domandò "Si intonano all'abito"
La mutaforma di voltò.
E fece un passo indietro, mentre improvvisamente la ferita che ormai non intravedeva quasi più del tutto sul palmo della sua mano pareva incadescente.
"Sono viole del pensiero" disse, la voce ridotta ad un sussurro.
Sophie inizialmente corrugò la fronte, chinando lo sguardo per trovare il difetto che quei fiori possedevano.
Poi la consapevolezza l'avvolse e quando guardò Tessa, di scatto, i suoi occhi castani erano mortificati.
"Mi dispiace tanto, signorina" disse, esitanto "io... non ci ho riflettuto. Scusatemi. Non ho pensato al fatto che le viole del pensiero..."
"Potessero ricordarmi Will" finì per lei Tessa.
Si girò verso la finestra, portandosi la mano sinistra al petto, nel punto vicino al cuore, e osservando il paesaggio oltre l'Istituto.
Il cielo si stava scurendo, tingendosi di un magnifico color cobalto.
"Hanno il colore dei suoi occhi" sussurrò.
Sentiva le lacrime bruciarle, come se Will si fosse dichiarato solo da qualche minuto – e non da qualche settimana – e lei lo avesse respinto, provocandosi poi quella ferita con l'attizzatoio rovente.
L'ho fatto perchè ti amo! Io ti amo, Tessa, ti ho amata quasi dal primo momento che ti ho vista.
Sophie le posò una mano sulla spalla, con fare rassicurante.
"Io so perchè vi siete fatta quella ferita" disse, con calma "e so quanto dolore portate dentro"
Ho provato ad odiarti, ma non ci sono mai riuscita.
La cameriera le prese delicatamente la mano ferita, strigendola tra le sue.
"So che amate Will, ma amate anche Jem" disse.
Con la mano libera Tessa strinse tra le dita il ciondolo di giada che le pendeva al collo.
"Come posso rendere felice Jem se amo anche il suo parabatai?"
Era strano, dirlo ad alta voce.
Era come rendere tutta quella terribile situazione reale una volta per tutte.
Eppure, una volta dette quelle parole, una volta lasciato che riempissero l'aria con il loro peso e il loro dolore, si sentì più leggera.
Come se fosse Atlante e per un istante qualcuno la stesse aiutando a portare il peso del mondo sulle proprie spalle.
"Sono sicura che ci riuscirete" la rincuorò Sophie "se non aveste amato così tanto Will – e non continuaste ad amarlo – non amereste così tanto Jem. Non sono due cose che si escludono a vicenda, sono due cose che si completano"
La ragazza le rivolse un sorriso dolce, che fece quasi del tutto scomparire la terribile cicatrice che le deturpava il volto angelico.
"Grazie Sophie" le disse "davvero"***
La villa Sambourne Family Home era magnifica, pensò Will mentre sentiva il rumore degli zoccoli di Balios e Xanthos che si allontanavano nel buio delle strade della campagna londinese guidati da Cyril.
L'architettura non era mai stata una sua particolare passione, ma notava dallo sguardo estasiato che Annabeth aveva dipinto in viso mentre faceva scorrere gli occhi grigi sulla figura della dimora che era un'opera architettonica degna di nota.
"È bellissima" disse lei alla fine, con un sospiro "in perfetto stile palladiano. Guardate le colonne ioniche che si ergono sul portico all'ingresso e oh! La volta a cupola che svetta in altezza, circoscritta in un quadrato perfetto. E, Di Immortales, ci sono addirittura quattro logge! Non avevo mai visto niente del genere in America e..."
Annabeth si gurdò intorno, osservando i volti perplessi dei Nephilim e della mutaforma.
"Scusate" disse, arrossendo "non mi rendo nemmeno conto di quanto io parli quando si tratta dell'architettura"
Percy rise passandole un braccio intorno alle spalle lasciate nude dall'abito che indossava.
"Tranquilla, Sapientona" le disse, con complicità "ci penserò io a fermarti"
Lei alzò gli occhi al cielo, sorridendo.
"Te ne sono grata, Testa d'Alghe" replicò "d'accordo, non era il momento e chiedo scusa. Ora dobbiamo pensare alla missione"
"Dobbiamo entrare e comportarci normalmente" intervenne Will "fingere di essere ospiti qualunque"
"Probabilmente Mortmain si presenterà ad un certo punto della serata e prenderà da parte Tessa, portandola lontano da occhi indiscreti" aggiunse Julian, intuendo il piano del Magister "e sarà allora che interverremo"
"Senza farci vedere li terremo d'occhio e saremo pronti ad intervenire" concluse Emma, sfiorando la spada che aveva legata alla chiena.
Will non l'aveva mai vista da vicino, ma sapeva che era dorata e corta, con un'aria importante.
Si era chiesto se non fosse per caso una delle leggendarie spade di Wayland il fabbro.
Percy aveva praticato un trucco chiamato Foschia che la nascondeva a chiunque non fosse un Nephilim, per evitare situazioni spiacevoli.
Così Emma pareva una semplice fanciulla avvolta in un ampio abito rosato, non una temibile guerriera figlia dell'angelo.
I marchi sulle braccia nude e sul collo erano anch'essi tenuti nascosti dalla Foschia.
"Mortmain non mi farà del male" osservò Tessa "mi vuole viva"
"Viva non è sinonimo di tutta intera" replicò subito lui, voltandosi a guardarla.
E desiderò non averlo fatto, perchè il fiato gli mancò.
Era bellissima avvolta in qull'abito ampio.
Ma per lui lo sarebbe stata anche con indosso un semplice straccio.
Tessa non replicò, ma distolse lo sguardo.
Will fece un respiro profondo, imponendo ai suoi nervi di rilassarsi, e si infilò i guanti bianchi a coprirgli le rune.
Poi offrì il braccio avvolto in una giacca nera a Tessa, che lo prese un po' timidamente.
Non era un mistero che entrambi stessero ripensando all'ultimo ballo a cui avevano partecipato e al bacio che gli aveva posto fine sulla terrazza della casa dei Lightwood.
Entrarono in un enorme salone, illumanato da un lampadario di cristallo che creava un atmosfera degna di un romanzo romantico.
Tessa si lasciò sfuggire un'esclamazione di stupore, mentre si guardava curiosamente intorno.
Sembravano persone assolutamente normali quelle che si trovavano all'interno della villa.
Donne avvolte in splendidi abiti e uomini in redingote che chiacchieravano sorseggiando liquori.
Che diavolo aveva organizzato il Magister?
D'improvviso, dal grammofono posto in un angolo della sala si levarono dolci note musicali.
Tutte le coppie abbandonarono i loro calici sui vassoi dei camerieri che giravano, perfettamente sincronizzati.
Con orrore Will si rese conto che quelli erano automi, così simili agli umani da parere tali.
"E ora cosa facciamo?" domandò Percy, a disagio.
"Quello che stanno facendo tutti gli altri" rispose il giovane Herondale "balliamo"
"Oh no"
"Qualche problema? Non sai ballare per caso?"
Lo sfidò con lo sguardo.
Percy si raddrizzò.
"Certo che so ballare" replicò indispettito.
Annabeth lo prese per mano, fiutando aria di litigio e portandolo via.
Julian porse la mano ad Emma che gli fece un sorriso divertito e l'accettò.
Fu allora che Will si voltò verso Tessa.
Solo in quel momento si rese conto che anche loro due avrebbero dovuto ballare.
Fu lei la prima a fare un passo avanti, quasi esitante.
Con lentezza avvolse le sue esili braccia intorno al collo di lui, serrando le labbra.
Non era un valzer ciò che il grammofono stava producendo.
Era una musica che Will non aveva mai sentito prima.
Era dolce, armoniosa e lenta.
E sembrava che il modo in cui loro stavano ballando — stretti in un morbido abbraccio — fosse quello corretto.
"Da quando hai rivelato a tutti della maledizione" esordì Tessa, incatenando i loro sguardi "sei cambiato, Will. Sembri più libero, come se non avessi più timore di mostrare ciò che realmente sei. Era da un po' che volevo dirtelo"
"Allora sono proprio un bravo attore" commentò lui "non è facile cambiare modo di essere dopo cinque anni passati a fingere di essere qualcun altro"
Lei si limitò a fissarlo per un po', come se lo stesse studiando.
"Non ti credo" concluse.
Will fece un mezzo sbuffo divertito.
"Credi che io non stia fingendo? Credi che il modo in cui io mi comporto quando ti vedo con Jem sia naturale? Credi che io non finga di essere felice per voi? Che il vostro matrimonio non sia ciò che mi ha spezzato il cuore?"
Tessa si allontanò di poco, attonita.
"Io non intendevo..."
"E sai qual è la cosa peggiore?" la interruppe lui, il tono di voce basso come quello di chi vorrebbe solamente urlare ma non può "Che non posso darvi la colpa di nulla, maledizione. Voi non avete colpe, perché la persona sbagliata sono io, perché è tutta colpa mia. Se solo non avessi creduto a quel dannato demone..."
"Eri un bambino Will!" disse lei, risoluta "Stavi per essere ucciso! Eri sotto shock e..."
"Ero abbastanza intelligente da rendermi conto di aver fatto un errore madornale, avrei dovuto capire che Marbas non aveva la forza necessaria per una maledizione di quel calibro"
"Will perché non mi ascolti..."
Lui scosse la testa.
"Vorrei tanto darvi la colpa, Tessa" continuò "vorrei che Jem non ti avesse mai chiesto di sposarlo. Ero così preso dal nascondere i miei sentimenti che non mi sono nemmeno reso conto che lui ti guardava nello stesso modo in cui ti guardo io. E mi dispiace tanto, Tess, davvero"
L'aveva fatto.
L'aveva chiamata Tess, anche se si era ripromesso di non farlo più.***
Emma era arrivata alla conclusione che il corsetto, nel diciannovesimo secolo, era uno strumento di tortura non autorizzato.
Non c'era altra spiegazione, pensò.
Julian le stringeva delicatamente la vita mentre ballavano eppure il fiato continuava a mancarle.
Okay, forse il corsetto non era il colpevole.
Forse era il fatto che il cuore le batteva all'impazzata nel petto come un tamburo.
Temeva che prima o poi le sarebbe uscito dalla gabbia toracica.
"A cosa stai pensando?" gli chiese, per evitare di pensare ai suoi sentimenti.
Julian si riscosse.
"Stavo pensando ai miei fratelli" rispose "chissà cosa penseranno. Ormai sono due giorni che siamo qui"
Emma fu assalita dal panico.
Era stata così presa da se stessa, dal fatto che fossero nel passato, da Jem, che non si era nemmeno ricordata di pensare a Cristina o a Mark che non avevano idea di dove fossero finiti lei e Julian.
"Penseranno che ci siamo fermati a New York da Clary" disse, cercando di sembrare fiduciosa.
Lui scosse la testa.
"Senza mandare un messaggio di fuoco? Sanno che non sarebbe da me" replicò "Tavvy, come farà da solo? E Ty, senza di me? E Dru, con chi guarderà i film dell'orrore? Livvy, con chi parlerà? E Kit, Emma, Kit era appena arrivato e contava su di me"
Lei strinse di più le braccia posate sulle sue spalle, per fermare i pensieri vorticosi del parabatai.
"Andrà tutto bene, Jules, torneremo a casa d'accordo?" disse, in tono chiaro "E i ragazzi non sono soli. C'è Mark con loro"
Julian la fissò senza espressione.
"Lo ami, Emma?" chiese, senza preamboli.
Quelle parole parvero alla giovane Carstairs come una pugnalata alle spalle: inaspettata e dolorosa.
Deglutì.
"Io..."
"Guardami negli occhi e dimmi che lo ami"
Lei lo guardò.
E non una sola parola uscì dalle sue labbra.
"Perché stai con lui allora? Perché giochi con lui? Emma, è mio fratello" il tono di voce di Julian era duro, come non lo era mai stato con lei "Puoi spezzare il mio cuore, Emma, ma non quello di Mark"
Emma trattenne il fiato.
L'unico cuore spezzato, in quella terribile situazione, era il suo.
"Noi non stiamo insieme" sussurrò.
Ce l'aveva fatta, lo aveva detto.
Il suo cuore, per un solo istante, fu di nuovo leggero.
Eppure, dopo, non appena la consapevolezza delle conseguenze l'avvolse, si fece pesante il doppio.
Ora che Julian sapeva che lei e Mark non stavano insieme, era in pericolo.
Ma come poteva nascondere ciò che provava per lui?
Tutto l'amore che nutriva nei suoi confronti?
Il cuore è il peggior nemico che si possa avere.
"Cosa?" Julian era confuso.
"Noi non stiamo insieme" ripetè "è tutta una recita. Io non lo amo e lui non ama me"
"Ma... perché? Credevo..."
"Credevi che non ti amassi più?" Emma fece una risata amara "Ti amo più della luce delle stelle, Julian Blackthorn, e questo niente lo potrà cambiare. È così e basta, anche se è sbagliato. Ma non posso cambiare ciò che sento"
Julian la guardò per un lungo istante.
Emma poteva scorgere la battaglia in corso dietro i suoi occhi verde-azzurri.
La consapevolezza avvolgerli, poi la speranza, la paura, il desiderio.
E infine la vista più bella che lei potesse desiderare.
Vi scorse l'amore, quel magnifico sentimento che li aveva legati anzitempo.
Quando erano bambini ma non l'avevano riconosciuto, compiendo l'errore madornale di prestare giuramento nella Città di Ossa.
Se solo non fossero mai diventati parabatai, sarebbero potuti essere felici.
Essere una vera coppia, baciarsi nei corridoi dell'Istituto senza il terrore di essere visti, tenersi per mano in spiaggia sotto la luce del sole oppure abbracciarsi senza che nessuno li guardasse con disgusto.
Perché non potevano avere tutto questo?
Tutto ciò che Emma desiderava era un bacio.
Un semplice incontro di labbra per dimostrarle che tutto ciò che provava non fosse frutto della sua immaginazione.
Dopotutto, in quel secolo, nessuno sapeva delle rune che li legavano.
Anche Julian sembrò pensare la stessa cosa, come se le loro menti — e i loro cuori — fossero collegati.
"Posso..." esitò, facendosi più vicino "Posso baciarti?"
Emma annuì impercettibilmente, mentre già si sporgeva in avanti.
E fu proprio mentre anche lui si chinava, che un terribile dolore al ventre le mozzò il respiro.
Si aggrappò a Julian, con un gemito.
"Emma!"
Il ragazzo la sorresse, voltandosi a cercare con lo sguardo Percy ed Annabeth, qualcuno a cui chiedere aiuto.
Ma i due semidei, che ballavano accanto a loro fino a qualche minuto prima, erano spariti.

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Lost Love
FanfictionAmbientato dopo "Eroi dell'Olimpo - Il sangue dell'Olimpo" e "Shadowhunters - Signora della Mezzanotte" Narrami, o Musa, del figlio di Poseidone e della figlia di Atena il terribile fato intrecciato dalle Parche. Raccontami, anzi tempo, il loro viag...