II. Parabatai

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Lo riscrivo anche qui.
Se per caso non avete letto il prologo andate a leggerlo!

Emma e Julian, i due Shadowhunters vestiti in nero, camminavano davanti a Percy e Annabeth, le teste chine come se stessero confabulando tra loro.
E probabilmente era così, pensò la figlia di Atena.
Come dar loro torto?
Di punto in bianco erano spuntati due ragazzi che avevano ucciso una larva gigante con una spada che tecnicamente non avrebbero dovuto avere, e avevano detto loro di essere figli di divinità greche.
C'era da diventare pazzi.
Eppure, Annabeth suppose che di stranezze ne avessero vissute anche loro.
"Ti fidi di loro?" le chiese Percy, a bassa voce.
La ragazza alzò lo guardo e lo puntò in quello verde mare del ragazzo.
"Non lo so" ammise "sai che per me non è facile fidarmi... però sembrano brave persone"
Il figlio di Poseidone annuì e la prese per mano.
Stavano camminando su una lunga strada di ciottoli, tra le colline.
Dietro di loro si estendeva la Pacific Coast Highway, così come l'oceano pacifico.
"Tu?" chiese Annabeth.
Percy scrollò le spalle.
"Sono simpatici" decise "Emma... mi ricorda te, avete gli stessi modi di fare. Quel qualcosa nello sguardo che incute timore"
Lei rise.
"Sono sempre contenta di farti paura, Testa d'Alghe" commentò.
Lui le diede un bacio sulla testa.
"E poi, insomma, hai visto i tatuaggi che hanno sulla pelle? Quelle strane linee? Roba da far impazzire Talia"
Annabeth annuì.
"Le piacerebbero, è vero" ammise "voglio sapere cosa sono però"
Si appuntò mentalmente di chiedere ai due cosa fossero, una volta arrivati all'Istituto.
"È strano che i ragazzi del Campo Giove non li abbiano mai incontrati" disse Percy, sovrappensiero.
"Magari è successo ma non hanno detto nulla, anche se... be' mi sembrano guerrieri, avrebbero potuto darci una mano con Gea l'anno scorso, oppure con Crono" la figlia di Atena corrugò la fronte "o forse non si sono mai incontrati per davvero, magari è come se vivessimo in due mondi separati"
"Penso che lo scopriremo presto"
Julian stava andando verso di loro.
"Ehi ragazzi" disse "siamo arrivati"
Annabeth guardò davanti a sè e inarcò un sopracciglio.
"Qui è dove abitate?" Percy diede voce ai suoi pensieri "Non prenderla male, amico, ma dovreste dare una sistemata. Questo posto mi ricorda..."
La figlia di Atena gli strinse più forte la mano, sapendo cosa stava per dire.
Il Tartaro.
Era passato un anno, ma era ancora un brutto ricordo per lei e temeva che lo sarebbe stato per sempre.
Qualcuno avrebbe potuto darle torto?
"Non dirlo, Percy, ti prego" supplicò.
Gli occhi verdi del figlio di Poseidone erano mortificati, illuminati dalla comprensione.
"Scusa"
Julian si mosse sui piedi in evidente imbarazzo, capendo che tra i due era in corso una muta conversazione di cui lui non faceva chiaramente parte.
Pensò a come dovessero essersi sempre sentiti i suoi fratelli o Cristina quando lui ed Emma facevano così.
Chissà se anche loro si guardavano in quel modo.
Si schiarì la voce.
"Ehm... vedete delle rovine non è vero?" domandò.
"Tante rovine" precisò Percy.
Julian sorrise.
"E' perchè non sapete come usare la Vista" spiegò, pratico "dovete concentravi. Se avete visto il demone Drevak nelle sue vere sembianze significa che la possedete. La Vista è quella cosa che fa vedere ai mondani ciò che vogliono vedere, riguardo il Mondo delle Ombre"
Annabeth annuì.
"Noi la chiamiamo Foschia" disse, poi si rivolse a Percy "usiamo il trucchetto che ti ho insegnato"
"Provate a immaginare di grattare via la superifice delle rovine, come una carta da parati vecchia che va tolta" li aiutò il Nephilim.
La figlia di Atena si concentrò, guardando le rovine davanti a lei.
Piano piano, l'immagine cambiò e riuscì a vedere la verità.
L'istituto di Los Angeles era un capolavoro di architettura.
Era circondato da muri di pietra e pesanti cancelli.
Oltre la porta principale, vi era un cortile erboso che proseguiva fino ad una rampa di scale che conduceva ad un portone d'ingresso.
Dietro di esso, vi era il deserto e Annabeth scorse perfino una statua di marmo bianco che scommetteva raffigurasse il poeta Omero, data la benda sugli occhi per indicarne la cecità.
"E' stupendo" esalò, sorridendo.
"Scusala, si emoziona sempre quando si tratta di architettura" commentò Percy, lanciando un'occhiata di intesa a Julian che rise.
Annabeth gli diede una gomitata.
"Ragazzi venite! È ora di pranzo!" li chiamò Emma, che stava aprendo il cancello in ferro.
"Per l'Angelo, spero non abbia cucinato Mark" borbottò il Nephilim, scuotendo la testa.
"Mark?"
"Mio fratello, lui è un po'... ha avuto un passato difficile, ma avrete modo di conoscerlo"
I due semidei annuiono seri e Julian fu grato non facessero domande.
Si capiva che ne avevano passate anche loro delle belle e passati difficili dovevano essere le storie delle loro vite.
"Andiamo" li esortò "voglio farvi conoscere la mia famiglia"

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