VIII. Un antico nemico

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Le parole danzavano in complicate spirali e occupavano completamente il campo visivo di Percy.
Lui sospirò, tentando di concentrarsi.
La sua dislessia non gli aveva mai creato grandi problemi – anche perchè a scuola di solito riusciva benissimo a farsi espellere incendiando qualcosa, piuttosto che a causa dei suoi pessimi voti – ed essa era la controparte dei suoi riflessi in battaglia, quindi era una fortuna che fosse dislessico.
Eppure, in quel momento, non riusciva a leggere più di qualche parola che subito esse cominciavano a vorticare impedendogli di concentrarsi.
Era in pensiero per Annabeth, come sempre nell'ultimo anno.
E doveva fare qualcosa per distrarsi, per permettere al tempo di scorrere come suo solito, nel modo più velocemente possibile.
Eppure gli sembrava di essere tornato a due anni prima, quando Crono era risorto e con i suoi poteri era in grado di congelare il tempo.
Sbuffò, chiudendo di scatto il libro.
"Will ti infilzerebbe con la spada per aver trattato così un libro" commentò una voce.
Percy alzò gli occhi verdi e ne incontrò un paio argentati.
Gli ricordavano gli occhi di Artemide ed inesorabilmente pensò a suo fratello Apollo, chiedendosi se avesse ancora la passione per gli haiku.
"Non sarebbe l'unico" replicò lui, posando il libro sul tavolo basso che aveva di fronte "Annabeth mi strangolerebbe"
Jem si sedette sulla poltrona accanto a lui.
"Vedrai che tornerà presto" lo rassicurò "e con buone notizie"
Pery lo fissò per un istante, allibito, chiedendosi se per caso quel ragazzo dall'aria così fragile non fosse un satiro, capace di leggere le emozioni.
"Come facevi a sapere ciò che pensavo?" chiese.
Jem scrollò le spalle.
"L'ho intuito" disse "non credo sia un segreto il fatto che tu tenga a lei, altrimenti dovresti proprio smetterla di guardarla come la guardi"
Il figlio di Poseidone fece un sorriso mesto, poggiando la schiena sulla poltrona di pelle.
"Annabeth mi sembra una buona guerriera" aggiunse poi l'altro "credo che sia assolutamente in grado di proteggere se stessa, e lo stesso Emma"
Poi puntò il suo sguardo argentato, dello stesso colore della luna, sulla finestra del salotto.
Il cielo che avvolgeva Londra era color cobalto e l'aria sembrava pulita, molto più di quella di New York, pensò Percy.
"È strano" mormorò Jem "una follia, in realtà, eppure mi sembra di conoscere già Emma. Come se ci fossimo incontrati in una vita passata"
Il semidio si raddrizzò, a disagio.
Julian lo aveva informato del fatto che Emma e Jem erano parenti alla lontana, aggiungendo di non fare domande perchè si trattava di una storia lunga: al che Percy aveva annuito, comprensivo, poichè in quanto a parentele strane lui ne sapeva qualcosa.
Chissà come se la passava Tyson, a Los Angeles.
"Anche a me capita a volte" osservò quindi, cercando di usare un tono leggero "incontro qualcuno per la prima volta e mi sembra di conoscerlo già. Poi scopro che è il mio vicino di casa"
Jem scoppiò a ridere e Percy vide le sue esili spalle sobbalzare sotto la camicia bianca.
Stava per aggiungere qualcosa d'altro, ma la porta del salotto venne spalancata.
Una ragazza alta vi entrò, facendo un piccolo inchino.
"Signor Jackson, signorino Jem" disse "la sigorina Chase e la signorina Rosewell sono tornate"
I riflessi del semidio scattarono in azione prima ancora del suo cervello.
Non ricordava il tragitto – nè come avesse fatto a trovare la strada fino al portone d'ingresso – sapeva solo che ora Annabeth si trovava davanti a lui, pallida come un fantasma.
Aveva la schiena appoggiata al portone in legno di mogano, come se non riuscisse a reggersi in piedi, gli occhi chiusi e le mani strette a pugno.
Emma era accanto a lei e cercava di spostarla.
Sentì un rumore – probabilmente i passi di Percy – e si voltò, mentre sul suo volto si apriva uno spiraglio di sollievo.
Gli si avvicinò, scuotendo al testa e lo bloccò prendendolo per il braccio con una presa ferrea, mentre lui tentava di avvicinarsi alla sua ragazza.
"Non so cosa le stia succedendo" disse, incatenando i loro sguardi "al Mercato ha visto qualcosa ed è corsa via. Per fortuna ricordava la strada verso l'Istituto e siamo tornate qui. Dobbiamo fare qualcosa, Percy, subito"
Percy spostò lo sguardo su Annabeth, desiderando ardentemente esserle accanto e stringerla tra le braccia.
Respirava in modo irregolare, come se stesse avendo un incubo nonostante fosse sveglia.
"Lasciami Emma, devo andare da lei" disse a denti stretti.
Emma lasciò la presa e il semidio scattò verso la semidea.
"Annabeth?" domandò, a voce bassa.
Sentì indistintamente i passi della Nephilim che si allontanavano: tutta la sua attenzione era puntata sulla ragazza che aveva davanti.
Era sconvolta.
"Percy?" sussurrò lei, aprendo gli occhi.
I suoi occhi grigi erano rossi, mentre le lacrime cominciavano a scorrerle lungo le guance.
Fu in quel momento che il cervello di Percy si disconnesse completamente dalla reatà.
Senza pensare oltre, l'attirò a sè e la strinse tra le sue braccia.
Annabeth cominciò a singhiozzare, stringendosi di più a lui e affondando il viso bagnato nell'incavo del suo collo.
Percy le carezzò i capelli che le si erano sciolti sulle spalle in biondi ricci ribelli, cercando di tranqulizzarla.
"Va tutto bene" sussurrò "siamo insieme adesso"
Un doloroso ricordò gli attraversò la mente.
La figlia della saggezza da sola camminerà.
Ricordò quando Annabeth era dovuta andare nei sotterranei di Roma, per seguire il marchio di Atena, e quando finalmente lui e il resto dei sette erano andati a salvarla, lei gli si era gettata tra le braccia, in lacrime proprio come in quel momento.
Ricordò di averle detto quelle stesse parole, perchè sapeva che l'unica cosa importante non era che stessero bene, ma che fossero insieme di nuovo.
"L'ho visto, Percy" mormorò lei, la voce spenta "l'ho visto"
Si scostò delicatamente da lei, per poterla guardare negli occhi.
Un presentimento – un terribile presentimento – si fece largo nei meandri del suo cervello, ma Percy si sforzò di scacciarlo immediatamente.
Era impossibile.
Eppure non riusciva a trovare nessun'altra spiegazione al perchè Annabeth evitasse il suo sguardo.
"Chi, Annabeth?" chiese, in tono dolce "Chi hai visto?"
Finalmente i loro sguardi si incontrarono e per un istante rimasero incatenati.
Erano solo loro due, in un mondo senza divinità che tentavano di rovinare le loro giovani vite, in un mondo senza mostri o viaggi nel tempo.
Erano solo due ragazzi che si amavano e volevano stare insieme, essere felici.
Fu in quel momento che arrivò quella risposta tanto attesa e completamente inopportuna, che ruppe il delicato equilibrio che si era creato, la fragile bolla che li aveva inglobati.
"Luke" sussurò lei "Luke è vivo"
Percy aprì la bocca, poi la richiuse.
"Non è possibile" disse.
Si sentiva la bocca impastata, come se non fosse più in grado di articolare alcun suono.
"È morto, io e te l'abbiamo visto" insistè, la voce ferma "lo abbiamo visto mentre si pugnalava il suo tallone d'Achille, noi... la profezia... l'orrida lama, l'anima dell'eroe strapperà"
Annabeth scosse la testa.
"Era lui, Percy" ribattè "ne sono sicura. Era al Mercato delle Ombre, credimi"
Percy la guardò, studiandola.
"Abbamo visto le Parche che bruciavano il suo drappo funebre, Ermes che lo baciava e gli diceva addio, non è possibile... Crono non può tornare, lui..."
"Percy" bibsbigliò infine lei, interrompendolo "aveva gli occhi azzurri"
Una volta, a dodici anni, si era gettato dall'Arco di St. Luis fin dentro il fiume Mississipi.
Ricordava la sensazione del vento che gli sferazava la faccia, facendogli credere che la pelle gli si sarebbe staccata prima ancora dell'impatto.
Provò più o meno la stessa cosa, in quel momento.
Era difficile da spiegare, ma se proprio Luke doveva essere tornato in vita in qualche strano ed assurdo modo, per lo meno avrebbe dovuto essere ancora sotto il controllo di Crono.
Invece, se aveva gli occhi azzurri, significava che era solamente lui.
E Percy era geloso.
E se Annabeth si fosse innamorata di nuovo di Luke?
Se lo avesse abbandonato?
Si sforzò di togliersi quegli assurdi pensieri dalla testa: Luke non poteva essere vivo.
"Ti prego credimi" mormorò ancora la figlia di Atena.
Percy la guardò.
"Dobbiamo contattare Chirone" rispose "preghiamo gli dei che i messaggi-Iride riescano a metterci in contatto con quello del nostro tempo. Forse la magia non si crea problemi con il tempo"
Annabeth riuscì ad annuire ed estrasse qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
Una dracma.
Percy coprì la mano di lei con la sua, stringendola.
Si accorse che non tremava più e sospirò di sollievo.
"D'accordo" disse lei, la voce più ferma "ci serve..."
Si guardò intorno, gli occhi grigi che parevano una nube temporalesca.
"La stregauce" disse "possiamo creare un arcobaleno con la sua luce"
Il figlio di Poseidone annuì.
"Hai un prisma?"
Annabeth fece un debole sorriso.
"Lo sai che ce l'ho"
Percy si chinò  e le diede un bacio sulla guancia, soffermandosi per un istante più del dovuto con le labbra premute sulla pelle morbida di lei.
I due si misero sotto la luce rosata della pietra runica e la figlia di Atena estrasse dalla tasca della giacca un piccolo oggetto di vetro.
Lo posizionò in modo tale che la luce lo colpisse, così da formare un arcobaleno.
"Oh dea dell'arcobaleno, mostrami Chirone al Campo Mezzosangue" declamò.
Percy incrociò le dita, pregando tutti gli dei di cui era a conoscenza affinchè il contatto magico li mettesse in contatto con il Chirone del loro secolo.
Se solo fossero stati così fortunati...
L'immagine tremolò, ma al posto di uno stallone bianco si ergava una ragazza minuta dai ricci rossi.
"Rachel?" esclamò lui, stupito.
La ragazza si voltò di scatto e sgranò gli cochi verdi.
"Percy Jackson!" gridò "Dove diavolo sei? E dov'è Annabeth? Stavamo morendo di paura qui al Campo, dovevate arrivare ieri sera, ma non vi siete fatti vedere!"
Annabeth entrò nella visuale, accanto a Percy.
"Sono qui" rispose.
Rachel la studiò per un istante e qualcosa nei suoi occhi solitamente allegri si spense.
"No" mormorò "si sta avverando"
"Che cosa, Rachel?" chiese lui.
Non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Fu in quel momento che entrò Chirone, al trotto.
"Percy! Annabeth!" esclamò, facendo un debole sorriso "Che sta succedendo?"
"Chirone deve aiutarci" iniziò immediatamente il figlio di Poseidone "Siamo bloccati nel..."
Venne interrotto dalla voce di Rachel che fissava intensamente il maestro d'eroi.
"Chirone" ripetè "è iniziata"
Gli occhi castani del centauro si rabbuiarono.
"Quindi il momento è arrivato" mormorò "speravo che almeno questa volta..."
"Cosa?!" ora Percy era davvero arrabbiato "Stateci a sentire! Siamo bloccati nel diciannovesimo secolo! Per Poseidone, tirateci fuori di qui!"
Annabeth, improvvisamente, come un leone che scatta all'inseguimento di una gazzella che si era attardata ad abbeverarsi troppo a lungo rimanendo da sola, afferrò la mano del ragazzo e la strinse.
"Percy" iniziò "ho paura che..."
Chirone si girò immediatamente verso di loro.
"Siete nel diciannovesimo secolo? Come è successo? Non... non avevo mai sentitio parlare di viaggi nel tempo, si insomma questo tipo di magia..."
"Ricorda quando le ho detto che a Los Angeles uno stregone ci aveva offerto un passaggio tramite portale? Qualcosa è andato storto e siamo finiti qui, insieme ai due Nephilim di Los Angeles. E non siamo più in America, siamo a Londra"
"E non è tutto" aggiunse Annabeth "io... ho visto Luke. È vivo, Chirone, ne sono certa"
Chirone rivolse il suo sguardo antico verso Rachel, che aveva le mani premute sulla bocca.
"La profezia è iniziata" mormorò.
"La profezia?" gli fece eco Percy, cominciando a scuotere la testa "Per favore, no, ditemi che non c'è un'ennesima profezia in cui siamo coinvolti. Prima Crono, poi Gea, non ne voglio più sapere di profezie. Prima o poi scambierò due paroline con Apollo"
Rachel si fece avanti, raddrizzando le spalle.
Sembrava stanca, come se non dormisse da molto, gli occhi cerchiati di blu scuro e le guance scavate.
Percy notò che non indossava più le sue vivaci magliette colorate, nè ì suoi jeans disegnati, ma un semplice abito bianco.
Come se fosse diventata improvvisamente un'adulta con le sue responsabilità.
"Qualche giorno fa l'oracolo è tornato" spiegò "e credo di aver enunciato la prossima grande profezia, e temo parli proprio di voi due"
Il figlio di Poseidone sentì chiaramente accanto a sè Annabeth trattenere il respiro, stringendogli la mano più forte.
Non poteva accadere di nuovo, pensò, non dopo tutto quello che avevano passato.
"Devono saperla" la incoraggiò Chirone "digliela, Rachel"
La ragazza fece un respiro profondo, come se fosse Atlante e stesse per reggere il peso dell'intera volta celeste sulle sue spalle esili.
Percy l'aveva fatto, anni prima, e sapeva quanto fosse difficile.
"Un antico nemico si desterà
e i serafini alati in cielo cader farà
La figlia della saggezza e il figlio del mare
la maledizione dovran spezzare
I ricordi perduti riottenere
I figli dell'angelo alleati dovranno avere
L'incontro dei due mondi salvezza porterà
oppure distruzione senza pietà"
"Un antico nemico si desterà" ripetè Annabeth, mentre la voce le si incrinava "è Luke, è tornato. Lui..."
Un singhiozzo sfuggì al suo controllo, mentre gli occhi le si facevano lucidi.
Dal canto suo, il mondo di Percy crollò.
Era già accaduto troppe volte nel corso della sua breve vita.
Ogni volta che credeva di poter finalmente vivere in pace, mettendo la vita da semidio in secondo piano, per quanto possibile, ecco che tutto tornava a bussare alla sua porta come un parente non voluto.
Prima con la Profezia dei Sette ed ora con questa nuova Grande Profezia.
Luke era tornato e non era migliore di prima, anche se non più sotto l'influenza di Crono.
E poi c'era la questione della maledizione.
La profezia parlava del figlio del mare – cioè lui – e della figlia della saggezza – cioè Annabeth.
Di cosa si trattava?
Era troppo anche per loro, che avevano attraversato l'Inferno a piedi ed erano sopravvissuti.
Avrebbe tanto voluto arrendersi, ma doveva essere forte.
Per Annabeth.
Perciò l'attirò a sè, stringendola tra le sue braccia come se solo così la profezia sarebbe potuta rimanere fuori dalla loro piccola bolla di protezione.
Perchè ormai non era più certo di nulla, se non di una cosa.
La più piccola, ma essenziale.
Sarebbe rimasto con Annabeth, perchè sapeva che ciò che loro due avevano nessuna maledizione o profezia avrebbe potuto spezzarlo.

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