XIV. Aggiustare un cuore spezzato

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Emma aprì gli occhi.
Le ci volle qualche secondo perchè ciò che la circondava fosse messo di nuovo a fuoco.
Non ricordava nulla di quello che era successo la sera prima.
Come se qualcuno le avesse rubato i ricordi.
Ricordava solamente di essere entrata nell'enorme villa dove si era tenuto il ballo, insieme a Julian e agli altri.
Ricordava di aver ballato con lui, poi il vuoto.
Aveva riaperto gli occhi nella sua camera all'Istituto.
Si passò una mano sul viso, cercando di riprendersi dallo stordimento.
Si mise a sedere, i capelli biondi che le ricadevano arruffati sulle spalle come una cascata dorata.
Sentì un mugolio accanto a lei e si voltò di scatto.
Poi sorrise dolcemente nel constatare che seduto su una poltrona a bordo del letto c'era Julian che dormiva.
Si prese qualche istante per ammirare il suo volto, rilassato e pacifico come sempre mentre dormiva.
Non lo vedeva dormire da un mucchio di tempo.
Era strano vedere lo spazio tra le sue sopracciglia liscio, senza nessuna increspatura.
Di solito quello spazio era la dimora di una piccola rughetta che lo accompagnava tutta la giornata, come se fosse costantemente preoccupato.
E considerando che, ad appena diciassette anni, doveva fare da padre a quattro fratelli più piccoli.
E nell'ultimo mese la rughetta era diventata più marcata, dopo il ritorno di Mark e tutto il disastro con Malcom Fade ed Annabel.
Emma sapeva che Julian invidiava Mark, perchè lui poteva essere il fratello maggiore che doveva essere, mentre Julian doveva fare da padre.
Era uno dei motivi per cui aveva scelto Mark come suo fidanzato, perchè sapeva che avrebbe dato fastidio al parabatai più di chiunque altro.
E se gli avesse dato fastidio si sarebbe imposto di non amarla più e così la maledizione non si sarebbe mai avverata.
Eppure, c'era qualcosa che le diceva che la maledizione si era già attivata, per pochi istanti.
Quella notte aveva fatto un sogno, nel quale dopo tanto tempo, finalmente, Julian la baciava.
Le era sembrato talmente reale che, una volta sveglia, il suo cuore aveva perso un battito.
Si voltò verso la finestra, osservando il sole non ancora molto alto nel cielo nuvoloso che sovrastava Londra.
"Jules" gli disse, tornando a guardarlo.
Il ragazzo mugugnò qualcosa.
"Julian" ripetè lei, a voce un po' più alta.
Lui rimase addormentato.
Emma scivolò giù dal letto, posizionandosi davanti al parabatai.
"Svegliati, ragazzo meraviglia!" esclamò.
Julian aprì gli occhi di scatto.
"Per l'Angelo!" esclamò "Mi hai fatto prendere un colpo"
Lei scrollò le spalle, mettendosi poi le braccia sotto il seno.
"Non è colpa mia se hai il sonno pesante" disse, in tono innocente.
Il giovane Blackthorn si stiracchiò gli arti indolenziti, guardandosi intorno.
"Dove siamo?" chiese.
Emma corrugò la fronte, lasciandosi cadere di peso sul bordo del suo letto a baldacchino per essere alla sua stessa altezza.
"In camera mia" rispose.
"E come ci sono arrivato io in camera tua?" Julian si guardò intorno "E come mai ho dormito su una poltrona?"
"Questo è strano"
Emma agguantò il vestito turchese che Magnus le aveva dato tempo prima e si recò dietro il separè.
"Ricordi qulcosa di ieri sera?" chiese, mentre si toglieva la camicia da notte "Del ballo?"
Lui rimase in silenzio qualche secondo, rimuginando.
"No" ammise "niente di niente. Come se la mia mente avesse cancellato quelle ore"
"Idem"
Emma uscì vestita per la giornata e posò la camicia da notte sulla cassettiera davanti al letto.
"Non è un caso" ragionò "qualcuno deve averci fatto un incantesimo per fare in modo che dimenticassimo ciò che è successo ieri. Dovremmo chiedere a Percy, Annabeth, Will e Tessa, vedere se loro ricordano qualcosa"
Julian annuì, mentre si alzava.
"Il punto è" disse, mentre incatenava i loro sguardi "cos'è successo ieri sera di così importante?"

***

Percy era seduto sul pavimento dell'armeria, con la sua penna stilografica in mano.
Ricordò quando Nico Di Angelo gli aveva chiesto se per caso l'avesse mai usata per scrivere e lui aveva risposto che non ci aveva mai provato.
E nonostante fossero passato alcuni anni, ancora non ne aveva avuto l'occasione.
Le tolse il cappuccio e Vortice si materializzò tra le sue mani, perfettamente calibrata come sempre.
Per un istante, la lama di bronzo celeste brillò.
Fece scorrere gli occhi verdi sulla base dell'elsa, dove c'era il nome Anaklusmos, tracciando il contorno delle lettere greche con le dita.
Guardando quella spada, non poteva fare a meno di pensare a Zoe Nightshade, la Cacciatrice di Artemide, che l'aveva donata millenni prima ad Ercole che poi però l'aveva tradita.
Ora, era una costellazione nel cielo notturno.
"Percy Jackson?" esclamò una voce "Da quanto tempo ti aspettavo!"
Percy alzò gli occhi di scatto, la spada già puntata e i riflessi pronti.
Sbattè un paio di volte le palpebre, osservando il ragazzo sui diciotto anni che gli era comparso di fronte, i capelli biondi spettinati e gli occhi azzurri divertiti.
"Apollo?" esclamò, sbigottito.
Apollo sorrise in modo smagliante.
"Tu cosa ci fai qui?" chiese ancora il figlio di Poseidone "Come hai fatto ad arrivare in un Istituto di Shadowhunters?"
Il dio fece un gesto con la mano per bloccarlo, concentrandosi.
"Aspetta" gli intimò "mi sta venendo un haiku"
Grandioso, pensò Percy, ovviamente Apollo doveva essere andato in Giappone prima del diciannovesimo secolo e quindi ora ha già la fissa per la poesia giapponese.
"Sono Apollo/ la città mi acclama/ io brillo sempre"
Lo guardò con aspettativa.
"Che te ne è parso?" chiese.
"Si... ehm davvero bello, Apollo" balbettò il figlio di Poseidone, grattandosi la testa "ma ehm potremmo arrivare al punto? Come mi hai trovato?"
Il dio si rimirò le unghie, con fare noncurante.
"Sai com'è, sono il dio delle profezie, un po' di cosucce dovrei saperle" disse "come faccio a sapere che vieni dal futuro? Ripeto, sono un dio. Queste cose si sanno, o meglio, io le so perchè io so tutto"
Percy inarcò un sopracciglio.
"C'è stata una profezia, non è vero?"
Apollo arrossì.
"Può darsi" ammise "ma sta di fatto che le profezie sono di mia competenza perciò è come se io sapessi tutto lo stesso"
"Ma certo"
"Ecco! Comunque, stavo dicendo, per rispondere alla tua seconda domanda" continuò recandosi nella parte dell'armeria dove venivano riposti gli archi "ti sorprenderebbe sapere che ci sono tanti mondi che coincidono con il nostro, costellati da infinite realtà. Negli Stati Uniti non ci sono solamente gli dei dell'Antica Grecia, lo sai? – Che arco stupendo! – Ci sono anche altre creature che non appartengono alla nostra cultura. Shadowhunters, ad esempio, che fanno parte della cultura cristiana. È come se il mondo fosse coperto da un velo che separa queste due realtà, che a volte si incontrano"
Il figlio di Poseidone annuì.
"Quanto al motivo per cui sono qui, Percy Jackson" continuò l'altro "è per avvisarti. Una vecchia minaccia – in realtà nuova per me, ma vecchia per te, dipende dai punti di vista e di tempo – è sorta e ha un piano ben congegnato. Dovrai sacrificare molto per sconfiggerla"
Non sapeva esattamente perchè, ma aveva il terribile sospetto che il sacrificio l'avesse già compiuto.
Avrebbe dovuto parlarne con Annabeth, dopotutto a sua migliore amica era la migliore in quanto a intuito.
"Lo sappiamo" rispose "Luke Castellan, figlio di Ermes, è tornato. Non sappiamo cosa voglia fare, ma pensiamo che voglia rovesciare l'Olimpo come ha tentato di fare l'estate scorsa"
"Fermo! Non dire una parola di più!" Apollo si voltò di scatto verso di lui, brillando di una leggere aura dorata "Anche per gli dei non è un bene sapere tutto il loro futuro"
Percy si accigliò.
"Ma hai detto che essendo il dio della profezia tu sai tutto" replicò, confuso.
"Si, ma non proprio tutto tutto, e non ciò che succederà tra due secoli! Essere a conoscenza del proprio futuro mi permetterà di cambiarlo, e non è una buona cosa nemmeno per un dio incredibile come me"
"Perciò cosa devo fare? Io e Annabeth abbiamo incontrato Luke ieri sera e..."
Si bloccò.
Cos'era successo la sera prima?
"Non ricordo più" commentò il semidio, perplesso.
"Si, la profezia parlava anche di una cosa del genere che riguardava te e la figlia di Atena" osservò Apollo, con lo sguardo divertito, come se trovasse quella parte dell'oracolo alquanto divertente "il mio consiglio è fare di tutto per fermare Luke Castellan e salvare l'Olimpo"
Percy incrociò le braccia.
"Ed esattamente perchè, per una volta, non vi mettete voi dei all'opera invece di lasciare il lavoro sporco agli eroi?"
Il dio scrollò le spalle.
"Perchè è sempre stato così" spiegò "e proprio per questo, dovrete essere tu e Annabeth a venire sull'Olimpo e convincere gli dei a riportarvi nella vostra epoca"
"Quindi un modo per tornare c'è?"
Apollo annuì.
"Si" rispose "ma ve lo concederemo solamente se sconfiggerete Luke. Abbiamo un patto, Percy Jackson?"

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