XXI. Con il tuo scudo o sopra di esso

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Il sole stava lentamente procedendo nella sua discesa, mentre il cielo si tingeva d'oro.
Annabeth sospirò, mentre si stringeva meglio gli schinieri.
Di solito, prima di una battaglia, sentiva dentro di sè una sorta di eccitazione, l'adrenalina che saliva.
Solitamente, non vedeva l'ora di scendere in battaglia.
Quella volta no.
Si sentiva spenta.
Forse il termine più corretto era triste.
Si, proprio così.
Ma cosa poteva farci?
Era la seconda volta che doveva combattere contro colui che era stato come un fratello per lei, per la maggior parte della sua vita.
Non era cosa facile.
"Tutto okay?" le chiese Percy, mentre si passava tra le mani l'elsa di Vortice.
Annabeth sfiorò l'elsa della sua spada d'adamas che era posta a lato della cintura.
Il nemico era lo stesso, ma l'arma era diversa.
Le mancava il pugnale che Luke le aveva regalato anni prima e che era andato perduto nel Tartaro l'estate scorsa.
"Diciamo di sì" gli rispose.
Poi inclinò la testa, socchiudendo gli occhi.
Si lasciò sfuggire un sorriso, mentre il figlio di Poseidone la osservava confuso.
"Tutti questi anni" lo rimproverò con affetto, mentre gli si avvicinava e gli sistemava un pezzo dell'armatura "e non hai ancora imparato come metterti un'armatura, Testa d'Alghe"
"Ehi!" ribattè lui, offeso "Guarda che la prima volta che sono arrivato al Campo Giove e dovevamo fare i ludi di guerra, Frank si è congratulato con me per aver messo l'armatura in modo giusto!"
"Frank ha mentito"
Lei riuscì a ridere, gli occhi che riprendevano colore.
Il sole era a metà della sua discesa e ora il cielo stava diventato color corallo.
Mancava poco.
Il cuore di Annabeth batteva forte e non solo per l'imminente battaglia di lì a poco.
" Ἤ τὰν ἢ ἐπὶ τᾶς" disse.
Percy aggrottò le sopracciglia e gli si formò un'adorabile rughetta tra di esse.
"Sai che sono un po' indietro con le lezioni sul greco antico..." si giustificò "traduzione?"
Lei alzò gli occhi al cielo, poi però si fece seria.
Gli tese una mano.
"Torna con il tuo scudo" gli disse, solennemente "o torna sopra di esso"
Lui le rivolse un sorriso ironico.
"E se io lo perdessi, il mio scudo?"
Annabeth gli scompigliò i capelli neri.
Percy poi afferrò la sua mano e la strinse.
Si guardarono negli occhi per un istante.
Il grigio tempestoso del cielo contro il verde acqua del mare.
Fu allora che il figlio di Poseidone attirò a sè la figlia di Atena, abbracciandola.
"Supereremo anche questo" le disse all'orecchio.
Annabeth annuì.
"Insieme" disse "come ai vecchi tempi"
All'improvviso si voltarono di scatto, per colpa di un suono rimbombante.
L'orologio del campanile dell'Istituto suonò un rintocco.
Il sole aveva compiuto la sua discesa.
Corsero alla finestra, i cuori che battevano forte.
Videro Luke, con il pugnale che un tempo aveva donato ad Annabeth in marcia, a capo di un esercito di automi.
"È ora" disse Percy mentre Vortice diventava una spada.
Anche l'altra sguainò la sua.
"Come ai vecchi tempi" ripetè.
Corsero fuori dall'Istituto e si ritrovarono insieme agli altri abitanti di esso, in attesa, oltre il portone d'ingresso.
"Bentrovati, amici" disse Luke, con un sorriso gelido al di là del cancello "Annabeth"
Percy si mosse istintivamente un po' più verso di lei, come a proteggerla dalla vista del figlio di Ermes.
"Veramente io non ti avevo mai visto" precisò Emma.
Lei – con Cortana tesa in avanti che brillava alla luce rosata del tramonto – e Julian erano vestiti con la tenuta da combattimento degli Shadowhunters, come anche Henry, Charlotte, Will, Jem, Cecily e Gideon Lightwood.
Tessa era leggermente in disparte, vestita di nero, ma aveva un'aria determinata.
"Nemmeno io avevo mai avuto il piacere" replicò Luke, affabile, allargando le braccia "bel modo per incontrarsi, non trovi?"
"Vattene Luke" intimò Percy "prima che sia troppo tardi"
Il figlio di Ermes lo guardò con odio.
"Credi di farmi paura, Percy?" ribattè "Non hai più la benedizione di Achille, non sei più invincibile. Sono sempre stato uno spadaccino migliore di te"
Il figlio di Poseidone strinse la mano sull'elsa di Vortice.
"Ti ricordo che ti ho confitto già una volta, quando Crono era in te. Posso farlo di nuovo"
"Percy non è solo, Luke" disse Annabeth "è circondato da persone che gli vogliono bene. Tu, invece? Il tuo esercito è formato da macchine"
"E non potete entrare all'Istituto" aggiunse Julian "il cancello è protetto: solo chi ha sangue Nephilim può..."
"Entrare?"  Luke sorrise "Perchè si da il caso che qualcuno dei miei automi abbia del sangue di Cacciatore"
Annabeth sentì Jem fare un verso soffocato.
Cosa stava succedendo?
Un automa si mosse in avanti e poggiò la sua mano di metallo, macchiata di qualcosa che pareva ruggine, sul cancello.
Esso si spalancò.
In perfetta sincronia, tutti i cacciatori e semidei puntarono le loro armi.
E la battaglia cominciò.
Gli automi si riversarono nel cortile dell'Istituto, mentre Luke sorrideva compiaciuto rimanendo indietro.
Percy e Annabeth si lanciarono uno sguardo e partirono all'attacco.
Avrebbero affrontato Luke, mentre gli altri si occupavano dei congegni infernali.
La figlia di Atena colpì un automa che le si parò davanti.
L'impatto della lama lo graffiò soltanto.
"Percy!" urlò "Prova con il bronzo celeste!"
Il figlio di Poseidone fece una capriola per evitare il braccio artigliato del nemico e si alzò in piedi, menando un fendente con Vortice.
La lama tagliò via un braccio all'automa, che non ne sembrò particolarmente colpito.
Annabeth non si aspettava certo che gli automi si disintegrassero come i mostri greci, ma ci aveva sperato.
Imprecò, tuffandosi di lato per evitare l'unico braccio artigliato rimasto e ritrovandosi in ginocchio accanto a Percy,
"Come facciamo?" chiese lui, con il fiatone.
"Dobbiamo arrivare a Luke in qualche modo" rispose lei "se uccidiamo lui, uccidiamo loro"
"Ne sei sicura?
"Non del tutto"
"Meglio del solito direi"
Stava per rispondergli, ma dovettero entrambi gettarsi nuovamente ai lati per evitare l'ennesimo colpo della macchina.
Non seppero mai come, eppure successe.
La forza dell'impatto della mano artigliata dell'automa fu tale che si creò una crepa nel cortile dell'Istituto, che pian piano si aprì.
La mente di Annabeth fu travolta dall'immagine dei sotterranei di Roma e della voragine che portava al Tartaro.
Rimase bloccata, completamente immobile e pallida.
"Annabeth!" gridò Percy "Attenta!"
Ma l'unica voce che le orecchie della figlia di Atena udirono furono quella di Aracne.
Se cado, tu cadi con me.
L'automa la colpì.
Annabeth rimase senza fiato mentre volava dall'altro lato del cortile.
Si rialzò a fatica, tossendo.
Vide che una serie di automi l'avevano accerchiata.
"Ehi!" gridò una voce tra il frastuono di armi che si scontravano "Ho detto che la voglio viva! Lei e la mutaforma!"
La figlia di Atena fece il punto della situazione, cercando di rimanere lucida.
Vide Emma e Julian che combattevano l'uno accanto all'altro, illuminati da una lieve aura dorata.
Vide poi Jem e Will che stavano aiutando Tessa contro un automa particolarmente alto, schiena contro schiena e muovendosi come se combattere insieme fosse quello che facevano da una vita.
"Mi volete viva, quindi? Così vi è stato ordinato?" chiese, gridando "Bene. Provate a prendermi!"
Fece un salto e schivò due automi che le stavano venendo incontro, menando fendenti con la spada.
Si tuffò di lato, rotolandosi nella terra.
Si alzò subito, incontrando gli occhi di Percy.
"Corri!" gridò.
Annabeth obbedì, capendo il piano del figlio di Poseidone.
Cominciò a correre mentre si rendeva conto che anche gli altri avevano avuto in mente la stessa idea dell'amico.
Avrebbero dovuto fare in modo che tutti gli automi, che erano in qualche modo legati alla forza vitale di Luke, rimanessero da un lato della voragine che si stava aprendo sempre di più.
Poi avrebbero pensato a come uccidere Luke, che pareva scomparso nel nulla.
Corse più veloce che potè, mentre gli automi la inseguivano con uno sferragliare di metallo.
"Manca poco!" Percy aprì le braccia come ad accoglierla, ma Annabeth sapeva che la voragine era troppo grossa.
Non ce l'avrebbe mai fatta.
Ma saltò lo stesso.
Avrebbe tentato, pur di fallire.
Per qualche istante si sentì leggera come se non avesse peso e quasi credette di riuscire ad arrivare sull'altra sponda.
Ma si sbagliò.
Allungò una mano per afferrare la sporgenza e chiuse gli occhi, pregando gli dei.
Ma la sua mano fu stretta in una presa salda.
Annabeth aprì gli occhi e li fissò in quelli verde mare di Percy, che era piegato verso di lei, il volto contratto per lo sforzo.
Ma c'era qulcosa nei suoi occhi.
Non era solo il terrore e la determinazione di non farla cadere.
Vi scorse qualcos'altro.
Anche se nessuno dei due lo ricordava, in quel momento, erano ciò che erano sempre stati ed erano destinati ad essere, perchè forse le tre Parche avevano fatto qualcosa di giusto facendoli incontrare.
Perchè Percy c'era sempre stato per lei.
Perchè era l'unica persona che non l'aveva mai abbandonata.
Quando era stata rapita e costretta a sostenere la volta celeste, lui l'aveva salvata.
Quando aveva deciso di partire nell'impresa all'interno del Labirinto di Dedalo, lui l'aveva seguita.
Quando era convinta che lui fosse morto, in seguito all'esplosione sul Monte sant'Elena, lui era tornato da lei rinunciando a Calipso.
Quando aveva scelto di andare nei sotterranei di Roma, per seguire il Marchio di Atena, lui l'aveva lasciata andare perchè sapeva che ce l'avrebbe fatta.
Quando stava per cadere nella voragine più buia degli Inferi, nel Tartaro, lui era caduto con lei.
Percy era l'unica persona che ci sarebbe sempre stata per lei.
"Percy, lasciami andare" sussurrò quidi, con un filo di voce, mentre la presa cominciava a cederle "non puoi tirarmi su"
Gli occhi del figlio di Poseidone brillarono, mentre la presa si faceva più salda.
"Mai" ribattè, con il fiato corto "rimarremo insieme. Non te ne andrai via da me. Mai più"
Qualcosa, nel cuore di entrambi, si mosse.
Percy, con un incredibile sforzo, la tirò su.
Annabeth crollò sul corpo del ragazzo, mentre i ricordi le si infrangevano addosso come un'onda creata dallo stesso Poseidone.
Guardò Percy negli occhi, la bocca dischiusa.
Bastò un solo sguardo.
Capì che anche lui stava provando ciò che provava lei.
Amore.
E mentre la battaglia infuriava intorno a loro, come suoni indistinti uditi solo in lontananza, le loro bocche si unirono come quelle di due amanti.
Per quel bellissimo istante, tutto sembrò infinito.
Ricordarono ogni cosa, stringendosi a sè come per diventare una sola persona.
La maledizione dovran spezzare
I ricordi perduti riottenere.
Ricordarono l'urgenza del loro primo bacio, ricordarono la dolcezza di quello nel lago delle canoe.
Ricordarono la notte passata abbracciati nella stiva  dell'Argo II e quella piena di vita e amore nell'Istituto di Londra.
Ricordarono ogni più piccolo frammento, ogni più piccolo dettaglio di ciò che provavano da quando si erano conosciuti.
Nemmeno l'acqua del fiume Lete, il fiume dell'oblio, poteva farti dimenticare qualcosa che non stava nella tua mente, ma nel tuo cuore.
E il loro amore, negli ultimi giorni, era sempre stato presente, solo nascosto nelle profondità della loro anima.
Quando si staccarono, le lacrime scorrevano lungo le guance sporche di terra di Annabeth.
"Percy..." sussurrò, la voce spezzata "per tutti questi giorni..."
"Non dire niente" anche gli occhi di Percy erano lucidi, mentre si alzavano, rimanendo abbracciati "te l'avevo promesso, no? L'avevo giurato sullo Stige. Sono tornato da te"
Lei lo guardò negli occhi, posandolgi una mano sulla guancia per carezzargliela.
Forse fu qullo l'errore fatale della figlia di Atena e del figlio di Poseidone.
L'incontro dei due mondi salvezza porterà
oppure distruzione senza pietà.
Si distrassero, permettendo alle emozioni di prendere il sopravvento.
Forse era per questo che amore e guerra andavano a braccetto.
Forse era per questo che Afrodite ed Ares erano amanti.
Non può esserci l'uno, senza l'altra.
Luke comparve dietro Percy e lo pugnalò sulla schiena, dove un tempo c'era il suo tallone d'Achille.
Percy emise un gemito, facendo un passo in avanti.
"NO!" gridò Annabeth, con quanto fiato aveva in gola.
Emma corse in avanti, prendendo Percy tra le braccia mentre la semidea si scagliava contro Luke.
Annabeth sembrava un vortice di bronzo e argento, mentre menava fendenti che il figlio di Ermes prontamente parava.
"Smettila di combattere, Annabeth" le diceva, in tono persuasivo "unisciti a me"
"Come hai potuto?" gridò, la voce rotta dalla paura per Percy.
Ora che si era ricordata tutto, come avrebbe potuto perderlo?
"Percy ti impedisce di vedere le cose per come sono davvero" riprese l'altro "lui è un ostacolo per noi. La pozione non è riuscita a farti dimenticare ciò che provi per lui. La sua morte ti obbligherà a farlo"
"Percy non morirà! Lui non può morire! Lui non..."
Annabeth barcollò per un istante.
Luke le si avvicinò lentamente.
"Annabeth, presto capirai..."
"Eri cambiato, Luke" sussurrò lei, la voce bassisima, il volto sempre chino "avevi promesso"
Il figlio di Ermes realizzò cosa sarebbe accaduto troppo tardi.
Annabeth incontrò il suo sguardo.
E lo abbracciò.
"Avevi promesso" sussurrò.
Ma era pur sempre la figlia della dea della strategia.
Gli occhi di Luke Castellan divennero vitrei.
Annabeth emise un singhiozzo, mentre lasciava cadere con mani tremanti il pugnale che un tempo le era stato regalato ora macchiato di sangue fresco.
Luke cadde a terra con un tonfo, così come i suoi automi.
"Annabeth"
Annabeth si voltò di scatto, incontrando gli occhi verdi di Percy.
Pareva che non la mettessero a fuoco.
Corse da lui e si inginocchiò al suo fianco, posandogli la testa sulle sue ginocchia.
"Percy..." sussurrò, mentre le lacrime le appannavano la vista "Dell'ambrosia, qualcuno ha dell'ambrosia oppure..."
Erano già stati in quella posizione, in quel frangente, nel Tartaro.
Stavolta ci sarebbero stati un altro Bob e un altro Damaseno che avrebbero potuto aiutarli?
"Andrà tutto bene" bisbigliò lei "Starai bene, Testa d'Alghe, te lo prometto"
Percy tossì.
"Alla fine qualcuno ha scoperto il mio tallone d'Achille" mormorò "sei tu"
"Non parlare così, ti prego. Ce la farai. Sei forte. Qualcuno ci aiuterà... Dobbiamo portarti vicino a dell'acqua, subito... qualcuno ci aiuterà..."
Guardò ogni singolo abitante dell'Istituto negli occhi e li vide malconci e tristi, che si sostenevano a vicenda come per impedirsi di cadere a pezzi.
"Non lasciarmi di nuovo, Percy"
Le parve di scorgere sua madre Atena, tra le macerie, che le sorrise rassicurante.
Poi, una nube di fumo argenteo l'avvolse.

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