Chapter 17.

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Rientro in hotel ancora troppo scossa per tornare subito in camera. Il mio cuore batte forte, e l'idea di stare sola in quelle quattro mura mi soffoca. Mi dirigo allora bar dell'hotel e ordino una birra. Il bicchiere freddo tra le mani è una piccola ancora di salvezza, un sollievo temporaneo. Il primo sorso riesce a calmare il nodo che stringe la mia gola.

Mentre fisso il liquidò ambrato, lo vedo: Joe entra nel hotel. Il mio cuore si alleggerisce. Si avvicina e si siede accanto a me. «Ehi,» dice dolcemente. «Come stai?»

«Non molto bene» ammetto. «Tua madre mi odia», confesso, cercando di trattenere le lacrime.

Joe mi prende la mano e mi guarda negli occhi. «Mi dispiace per come ti ha trattata stasera. Non te lo meritavi, non è stato giusto. Le ho detto che avevi ragione tu».

Scuoto la testa. «Non voglio che litighiate per colpa mia» mormoro, il cuore pesante di preoccupazione.

Joe scuote la testa. «Non sei tu a creare problemi. Lei si è comportata male, e capisco perchè ti sei sentita ferita. Voglio che tu ti senta a tuo agio, parte della mia famiglia. Le ho detto che deve chiederti scusa domani,» dice con determinazione.

Lo guardo negli occhi e vedo quanto ci tiene a me. «Grazie, Joe. Non è facile... ma sapere che sei dalla mia parte significa tanto».

Joe stringe la mia mano. «Passerà. Vedrai, le cose miglioreranno,» dice rassicurante.

Mi alzo dal bancone del bar, e mano nella mano torniamo verso la nostra camera. La serata ha lasciato il segno, ma il suo sostengo accede in me una scintilla di speranza.

«Io non ti merito per niente», sussurro, senza nemmeno pensarci.

Joe si ferma, tirandomi leggermente a sé. Mi fissa. «Sì che mi meriti, tanto quanto io merito te. Ci siamo trovati. Tu mi hai salvato da me stesso».

Mi giro verso di lui, stupida dalle sue parole, ma anche felice. «Ho sempre pensato che tu venissi da un altro pianeta», scherzo.

Joe ride e mi bacia.

La mattina dopo, decido di fare colazione da sola. Voglio prendere un po' di tempo per riflettere. Appena arrivo nella hall, però, il mio sguardo incrocia quello di Margareth. Mi fermo, aspettando che sia lei a fare il primo passo.

Margareth si avvicina con un'espressione meno dura di ieri sera. Si ferma a pochi passa da me. «Mi dispiace per ieri sera. Ho esagerato e mi sono comportata male nei tuoi confronti. Non ti ho dato una vera possibilità. Ho subito pensato che fossi una ragazzina infatuata di una pop star, ma non ho considerato una cosa importante: Joe ti ama davvero»

Le sue parole mi sorprendono, e le accolgo con gratitudine. «Grazie, accetto le sue scuse», dico

Proprio in quel momento il mio cellulare vibra. È un e- mail. «Mi scusi. È lavoro», dico a Margareth, che annuisce allontanandosi, scomparendo fuori dall'hotel. Apro la mail del mio editore: mi ha inviato tre liberatorie da far firmare ai ragazzi per la pubblicazione del libro. Sta accadendo tutto troppo velocemente, e non ho ancora detto nulla a Joe. Vado alla reception e chiedo al tizio se può stamparmele.

Mentre aspetto, vedo scendere Nick. Lo raggiungo e gli porgo uno dei fogli. «È la liberatoria del libro», spiego.

Nick prende il foglio, lo legge velocemente poi la firma. «Joe lo sa? Gli è piaciuto?»

Ignora la sua domanda. «Sai dov'è Kevin?», gli chiedo

«In camera. Ma ignorare la mia domanda significa che Joe non sa nulla»

«Nick, non ho avuto tempo di dirglielo. Ci sono state troppe cose, tra Sophie e vostra madre».

Lui scuote la testa. «Si incazzerà quando lo verrà a sapere da solo»

«Lo so. Me ne occuperò al momento opportuno».

Dopo aver fatto firmare anche Kevin, torno in camera. Joe è in piedi accanto alla finestra, con le mani in tasca. Lo vedo osservare il panorama. Sembra pensieroso. Mi avvicino per baciarlo, cercando conforto, ma lui si scosta, andando dall'altra parte della stanza e dandomi le spalle. Un gesto che mi lascia interdetta.

«Cosa c'è che non va?», chiedo, raggiungendolo, e gli sfioro il braccio.

Lui si scosta di nuovo, come se anche il contatto con me gli fosse insopportabile. Cammina avanti e indietro nella stanza, in silenzio, senza guardarmi.

«Joe, mi dici che ti prende?», gli chiedo di nuovo, ma la mia voce trema

Lui si ferma e, quando si volta verso di me, i suoi occhi freddi sono gelidi. «Ho scoperto che ho una fidanzata bugiarda», dice, e ogni parola è come una lama.

Il fiato mi si blocca. «Perché dici questo?» dico

Lui estrae il telefono dalla tasca e mi mostra un messaggio. «Questo è il motivo», dice, la voce carica di rabbia. Guardo lo schermo e vedo una conversazione tra lui e un amico. Parlano del mio romanzo.

Il mio cuore batte forte. «Non è come sembra. Te lo avrei detto», cerco di spiegare.

Ma lui scuote la testa, con disprezzo. «Quando? Il giorno della pubblicazione? Non posso crederci. Pensavo di potermi fidare di te».

Le sue parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco. «Joe, lasciami spiegare, ti prego», imploro.

Lui si volta verso la finestra, chiudendosi in un silenzio ostinato, ma subito dopo esplode: «Sai chi lo sapeva? I miei fratelli. E io? Io ero l'unico scemo a non sapere che stavi scrivendo un libro su di noi»

«Te lo avrei detto», insisto

«Ho trovato il manoscritto sul tuo iPad. L'ho letto. È la nostra storia, usata per il tuo libro»

Il nodo in gola si stringe. «Avrei parlato anche di questo con te»

Lui ride amaramente. «Parlato di cosa? Che mi stavi usando per il tuo libro? Che tutto quello che abbiamo vissuto per te non significava nulla, se non materiale per la tua trama?»

«No, Joe. Non è così! Non ho mai approfittato di noi. Io ti amo», dico, come le lacrime che mi rigano il viso.

Provo ad avvicinarmi, ma lui si scosta bruscamente. «Non ti credo. Per te non ero altro che un personaggio. Niente di più. E sai una cosa? Pensavo che ricevere un biglietto dopo una proposta di matrimonio fosse il dolore più grande che potessi provare. Ma tu hai superato anche quello»

«Ti prego, non dire così. Io non pubblicherò più libro, lo giuro, se questo significa perderti»

«No», replica lui, implacabile. «Adesso lo pubblicherai. Ma io non voglio più avere niente a che fare con te. Non voglio vederti mai più».

Un dolore sordo mi invade, e le lacrime cadono senza sosta. Joe si avvicina alla porta, l'apre, e con voce glaciale, dice: «Fuori. Vattene dalla mia stanza»

Lo guardo un'ultima volta, il cuore a pezzi, ma lui non vacilla. La porta si chiude con un colpo secco, e io mi ritrovo sola nel corridoio.

Corro in camera, con il volto rigato di lacrime. Appena chiudo la porta, mi lascio cadere sul letto, singhiozzando senza controllo. Sento qualcosa spezzarsi dentro di me, qualcosa che non si può riparare.

Il mio cuore.

Strangers [Jonas Brothers]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora