Il tour procede alla grande e in giro di due settimane abbiamo visitato Orlando, Houston, Texas e san Diego. Oltre che ad essere città memorabili, anche qua i concerti sono stati travolgenti. In questo momento siamo diretti verso la New York. A differenze delle altre, questa città l'ha visitata grazie a mio padre che mi ci portava.
Ormai, non serve più che io confermi la disponibilità di due stanze singole e una doppia. All'albergo già ce la fanno trovare.
Una sera abbiamo deciso di andare a berci una birra in un pub poco distante l'hotel, ma Joe non stava bene, anche se diceva il contrario. «Fratello, sei pallido», dice Nick
«Sto bene. Sarà solo la stanchezza di questi giorni, ho solo bisogno di dormire qualche ora più», mentre si alza. «Ritorno in hotel», ed esce.
‹Non sta bene secondo me› fa Kevin.
Cerco di mostrare poco interesse sull'argomento ma poi mi trovo le loro facce a fissarmi. Poi senza neanche parlare, indicano la porta dietro di me. «Scordatevelo, io non ci vado›, dico
Loro non sanno cosa sta succedendo tra me e Joe. L'ultima notte mi sono ritrovata a sognarlo e non era per niente un sogno normale, bensì era un sogno erotico.
‹Ti prego, Julia› dicono, supplicandomi
Ma infondo vigilare sulla loro salute è anche il mio compito. «Va bene», dico, «però mi pagate da bere», mentre gli indico il bicchiere di birra, ormai completamente vuoto.
‹Considerarlo già pagato».
Esco dal pub e cerco di raggiungere Joe, ma probabilmente è già in hotel. Una volta in hotel, raggiungo la camera di Joe. Gli busso e dopo qualche secondo mi viene ad aprire.
‹I tuoi fratelli mi mandano a vedere come stai vedendoti non stai messo bene›, dico. Gli vado vicino e gli tocco la fronte. «Ahia sei bollente›. Torno velocemente nella mia stanza per prendere il termometro e poi torno da Joe. Gli misuro la febbre. Aveva quasi 39 di febbre.
Joe non riusciva neanche a parlare, meglio così. Non mi sono salvata per stasera dalle sue frecciatine. L'unico modo per abbassargli la febbre è quello di metterlo sotto la doccia fredda, come faceva mia nonna. «Joe, dobbiamo andare in bagno. Mi serve il tuo aiuto per alzarti».
Lui mugola qualcosa e non nego che questo suo gesto mi ha fatto fremere.
«Lo so, ma è necessario».
In bagno, gli sfilo i pantaloni e la maglia. Era rimasto solo in boxer ma non potevo toglierlo, così decido di farglieli tenere. Aiutandolo per farlo entrare in doccia, alla fine, mi ci trovo anch'io. Giro la manopola della doccia e l'acqua ci colpisce entrambi. Lo getto d'acqua mi fa rabbrividire. Jeo geme, non gradendo molto il trattamento ma necessario per abbassargli la febbre. La sua pelle è calda al tatto, e non posso fare a meno di sentire un brivido lungo la schiena.
Dopo diversi minuti, comincio a notare che la febbre diminuisce. «Come ti senti?»,
Joe solleva lo sguardo verso di me e mi sorride. «Un po' meglio, grazie», risponde.
Mentre cerco di distogliere lo sguardo dal suo fisico, noto che Joe si sta avvicinando sempre di più fino a bloccarmi al muro della doccia. Il suo corpo caldo è a pochi centimetri dal mio. Mi sfiora le labbra con un dito e io tremo sotto il suo tocco. Posso sentire i battiti del mio cuore, mentre cerco di dare la colpa all'acqua gelida, ma dentro di me, so che la vera causa è la vicinanza di Joe che risveglia in me sensazione che avevo a lungo cercato di nascondere e reprimere.
«Joe...», sussurro
«Mmm...»
«Forse è meglio andare prima che la tua febbre ritorni a peggiorare», dico mentre cerco di uscire dalla doccia e mettere una distanza tra me e lui. Gli consegno l'asciugamano poi ne trovo anche uno per me. «Ci sono delle mie magliette nell'armadio, se vuoi»
Non ho altra scelta, visto che i miei vestiti sono completamenti fradici. Così, dopo aver messo Joe e a letto, io prendo una maglietta a caso dal suo armadio e mi cambio in bagno.
«Riposati un po'», dico, mentre gli tocco la fronte. Scotta ancora, ma molto di meno rispetto alla prima volta. Faccio per allontanarmi se non Joe mi trattiene la mano. «Resta».
Non mi sono resa conto di essermi addormentata accanto a lui fino all'indomani mattina. Joe mi è praticamente addosso e mi abbracciava stretta a lui. «Joe...», faccio per chiamarlo ma inutilmente, così cerco di divincolarmi dalla sua stretta e alzarmi, solo che per sbaglio mi trovo ad urtare il comodino e il suo cellulare cade per terra. A questo rumore Joe apre gli occhi. «Cosa?»
«È solo caduto il cellulare», dico mentre lo raccolgo. «Hai cinque chiamate da Kevin e altre da Nick›. Anche nel mio telefono avevo le stesse chiamate. Mi alzo e gli tocco la fronte per vedere come sta. La febbre gli è abbassata, così chiamo Kevin perché Nick starà ancora dormendo.
‹Julia, allora?› dice
«Tutto bene, sembra che la febbre gli sia calata› dico
«Dici che dobbiamo rimandare il concerto?»
«No. Entro stasera si rimetterà a breve».
«Perfetto. A più tardi».
Una volta che chiudo la chiamata, Joe mi viene vicino. «Allora? Come sto?», dice mentre mi sfiora il braccio
«Devi solo riposarti per metterti in forza stasera», dico mentre cerco di ignorare i miei battiti accelerati. Non posso credere che un solo gesto così banale posso farmi vibrare il mio essere.
‹Grazie per esserti presa cura di me›
‹Fa parte anche del mio ruolo da manager, prendimi cura dei miei assistiti› dico.
Anche se probabilmente aiutare Nick o Kevin sarebbe stato meno imbarazzante.
‹Vado a darmi una lavata. Non ti muovere e riposati› dico e prendo la mia chiave, e quella sua.
Solo il tragitto da camera sua a camera mia avrò starnuto un paio di volte, ma ho deciso di badarci. I starnutii però aumentarono fino all'inizio del concerto e sentivo freddo, anche se avevo una felpa. Avevo anche mal di testa. ‹Stai bene, Julia?› domanda Nick, una volta terminato il concerto
«Io...», non riuscivo neanche a parlare. Mi sentivo le gambe molli, pronte a cedermi in qualunque momento. È poi Joe quello che mi afferra al volo prima che io cadessi per terra. «Fammi scendere› mi lamento
‹Sei troppo debole e pallida› dice
Mi sentivo le palpebre degli occhi pesanti. Mi addormento fino a svegliarmi direttamente il giorno dopo in camera con Joe sempre al mio fianco.
‹Tu stai bene?› dice
‹Si, meglio di ieri. Grazie per esserti preso cura di me›
‹Ora siamo pari. Tu ti sei preso cura di me e io di te› dice.
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Strangers [Jonas Brothers]
Random* IN REVISIONE* Julia ha venticinque anni e si è appena laureata in Scienze della Comunicazione nell'università del New Jersey. Le viene data l'opportunità di essere la manager sostituta dei Jonas Brothers. * #1 #JoeJonas 9-02-2020, 11-06-2020 #3 #...