capitolo 22 ~ мємσяιєѕ.

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HARRY'S POV

Non avrei mai pensato che Mia fosse così. Davvero, é terribilmente mostruosa la sua storia. É un fottuto casino. Quanto mi piacerebbe aiutarla, o almeno averla conosciuta prima... quando faceva ancora la troia.

Prostituta Harry, prostituta.

Per una volta la mia fottuta coscienza ha ragione.

Appena finisce la sua storia, senza volerlo ho gli occhi lucidicci(?) e le guance rossine(?).

La cosa che mi stranizza é che lei non esprime emozioni. Non ha rimpianti, rimorsi, orrore, niente. Non piange, non ride, non sorride. Parla come se fosse tutto scontato. É strano. Lei é strana. In senso buono, ma comunque lo é.

"Scusa se sono stata un po' lunga..."

Si scusa distraendomi dai miei pensieri.

"Non dirlo nemmeno Mia!"

"Ok ma adesso tocca a te!"

"Okok..."

E adesso? Beh, lei mi ha raccontato tutto di lei, almeno credo. Non so se é davvero la verità, ma io le credo. Anche se lo raccontava senza emozioni so che lei é sincera.

Comunque ora dovrei raccontarle... di me. Bene... da cosa comincio?

Dal principio -.-"

Stupida fottuta coscienza.

"Allora?" Ero talmente preso dai miei pensieri che mi ero dimenticata che devo parlarle.

"Ecco...

Va bene. Io sono nato qua, in questa casa. Mio padre... no, anzi, mia madre era sola. Si, aveva già una figlia ma aveva solo 4 anni quando nacqui io. Sono nato in anticipo e dato che non abbiamo nessuno qui, come te in Italia, ha dovuti arrangiarsi. Non ce l'ha fatta ad arrivare in ospedale, ma é riuscuta a chiamare l'ambulanza. Ma quando l'ambulanza arrivò, era troppo tardi. Ero già nato e mamma stava per perdere la vita. Fortunatamente l'hanno salvata. Beh, tutto andava bene. Io e mia sorella avevamo lo stesso padre. Lei lo conobbe, io no. Ci abbandonò dopo aver messo incinta mia madre, per poi tornare quando avevo 11 anni. Mia sorella ne aveva 15. Gli anni prima erano trascorsi bene. Non ci mancava niente, a parte una figura paterna. Io e mia sorella andavamo sempre d'accordo, eravamo degli angioletti e amavamo mamma. Pure mamma ci amava. Io in particolare ero un bimbo tranquillo, non amavo mettermi nelle risse ed ero molto timido e introverso. Non avevo molto da dire o da confessare comunque. Ero timido fuori casa, ma quando ci sedevamo a tavola la sera, non si aveva un minutino di pace. Dovevo parlare e dire tutto ciò che avevo fatto durante la giornata. E se non lo dicevo perché litigavo con mamma o perché vedevo che mamma era triste, lo sognavo di notte. Sognavo tutto ciò che avevo fatto durante il giorno e parlavo nel sonno. Io e Gemma dormivamo nel lettone con mamma. Io stavo in mezzo, ma poi mamma disse che le tiravo i calci e per non cacciarci entrambi fece mettere in mezzo Gemma. Io accettai subito perché in qualche modo sentivo il dovere di proteggerle.

Dicevo, un giorno, quando avevo 11 anni, un uomo bussò alla porta. Era arrabbiato, molto arrabbiato. Aprii io e vidi un uomo che non avevo mai visto prima irrompere in casa mia senza curarsi del ragazzino che aveva davanti. Corse di sopra, dove trovò mia madre con mia sorella. Io lo seguii non capendo cosa succedeva. Lo vidi prendere mia madre per un braccio e dirigerla bruscamente sul letto. Ma nel momento in cui mia madre urlò, io corsì a chiamare Gemma. Lei stava studiando nella sua camera e non sembrava essersi accorta di ciò che stava accadendo in questa casa. Lei mi disse di chiamare la polizia, e lo feci. Nel momento in cui tornai di sopra, l'uomo stava scappando via e mia madre era per terra in lacrime. Quando vidi dove stava fissando e dove cadevano le lacrime, il mondo mi crollò addosso. Mia sorella, la mia bellissima sorellina era lì per terra, in una pozza di sangue. E l'uomo era scappato. Ma la polizia non arrivò abbastanza in tempo. Chiamammo l'ambulanza. Riuscirono a tenerla in vita, anche se in coma. Da quel coma non si svegliò mai. Le staccammo le macchinette due anni fa. Praticamente fino a due anni fa vivevamo in ospedale. Non tornavamo mai a casa, mai. Solo a volte per vestirci. Dormivamo lì, mangiavamo lì... tutto lì. E adesso... lei apparecchia per tre. Né io né lei siamo riusciti ad accettarlo. Lei in particolar modo si sentiva la colpevole di tutto. Se mio padre la violentava, finiva lì. Ma invece mia sorella é dovuta andare in soccorso di mamma e gli ha tagliato il braccio. Lui l'ha dovuta uccidere per difendersi. Io ho un odio respresso nei miei confronti, oltre che nei confronti di quell'uomo che dovrebbe essere mio padre. Se ci fossi stato io lì, mi sarei difeso. Che poi é quello che dovevo fare. Ero io il maschio, io dovevo rischiare la mia vita per loro. Non Gemma...

E per questo sono aggressivo. Io tendo a difendere mia madre. Soprattutto perché lei si sente in colpa. Ti ho trattata male perché lei ricordava tutto. Da quel giorno io la notte sogno mia sorella in una pozza di sangue. E nessuno può levarmi la sua immagine dalla testa. Nessuno."

Ora piange. Sta piangendo.

Ma... perché? Non lo ha vissuto lei. Perché dovrebbe piangere per questo ma non per la sua storia? Non la capisco.

"Mia, perché piangi? Voglio dire, non lo hai fatto quando hai parlato della tua vita che hai vissuto in prima persona, ma lo stai facendo adesso sentendo la mia che potrebbe essere una cazzata per te dato che nemmeno c'eri tu. Non sto dicendo che ti ho mentito eh..."

Lei mi guarda e resta in silenzio.

"Harry, io la mia storia l'ho dimenticata. Sono venuta qui apposta. Ma a sentire la tua... avrei tanto voluto conoscere tua sorella. Chissà com'era bella... e povera Anne!"

Risponde dopo qualche secondo. Appena dice 'povera Anne' inizia a piangere più forte. Io mi trattengo, non posso piangere davanti a lei.

Ci abbracciamo.

"Anche io avrei voluto che la conoscessi... era proprio bella."

Dico tra i suoi capelli.

"Come il fratello d'altronde."

Cerco di sdrammatizzare. Fa male vederla piangere.

"Come la madre vorrete dire"

Appare mia madre da dietro il divano e subito ci stacchiamo dall'abbraccio.

"Mamma... hai già finito di lavorare? Da quanto sei qui? Hai per caso sentito ciò che dicevamo...?

dico preoccupato.

Mia sorride.

"Mia, sai, Harry non ti ha mentito quando ti ha detto che era un grandissimo chiacchierone in casa. Ma ha tralasciato un grandissimo e fondamemtale particolare. É un grandissimo curiosone e ne hai appena avuto la conferma!"

Dice mentre si siede tra noi. Noto la piccola lacrima che ha cercato di asciugare, brillare sotto il suo naso.

Con questo commento mi ha fatto capire che é qui da molto e la lacrima mi indica che gli ha fatto male sentire la storia di nuovo.

Mia si avvicina di più ad Anne e la abbraccia.

"Sa signora Styles, lei é una donna davvero forte. Vorrei tanto avere la sua forza."

Dice Mia nella spalla di mia madre.

"Cara, chiamami Anne. E comunque, sei più forte di quanto credi."

Dice sciogliendo l'abbraccio.

"Oh, quindi lei ha sentito anche la mia storia...?"

Sussurra Mia.

"*tu!

E comunque si, ho sentito tutto io. Sono arrivata quando Harry ha portato le patatine e mi sono nascosta in cucina mentre sentivo tutto e mi godevo le storie."

"Oh..."

Diciamo io e Mia nel frattempo.

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