1. Like Every Other Day

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In quell'ospedale psichiatrico tutti i pazienti, eccetto quelli considerati pericolosi per gli altri, potevano uscire dalle proprie stanze e girare per la struttura.
Ma erano comunque controllati dalle videocamere, sparse ovunque.
Potevano anche domandare di fare una passeggiata all'aperto, e sarebbero stati accompagnati da uno degli assistenti disponibili in quell'ora.
Cercavano di affiancare sempre la stessa persona allo stesso paziente, per farli stare a loro agio.
Ovviamente accontentavano solo quelli buoni, non quelli che facevano casino, non quelli che parlavano troppo, che a loro non piacevano.

Gerard non chiedeva mai di uscire.
O almeno non lo aveva fatto in quelle due settimane.
La terza settimana era soltanto uscito dalla stanza per fare colazione e per sentire qualcuno suonare il piano la sera.
Non pranzava, non cenava.
Non gli andava di farlo, e presto l'uomo che lo visitava il martedì e il venerdì lo riferì ai responsabili della struttura.

Questi ultimi avevano quindi deciso di mandare un assistente da Gerard, per spronarlo a mangiare o ad uscire fuori, almeno soltanto dalla stanza.

«Si può, Way?»

Nessuna risposta.
L'assistente entrò e sorrise a Gerard in modo forzato, sollevando il braccio con cui teneva un vassoio.

«Questo è per te. Pranzo a letto, mh?»

Lasciò il vassoio sul comodino vicino al letto e Gerard lo guardò con un'espressione quasi disgustata.

«Non lo voglio»

Disse, facendo un gesto con la mano, come a dire di riprenderselo.

«Dai, Gerard, dovrai pur mangiare qualcosa. Non puoi andare avanti con i cereali che mangi alle otto del mattino.»

«Saranno pure affari miei»

Gerard mise un broncio che risultò alquanto buffo agli occhi dell'assistente, infatti rise.
Solo a quel punto il giovane alzò lo sguardo sul ragazzo e lo squadrò.

«Ti lascio da solo. Però mangia, d'accordo?»

Gerard si limitò ad annuire.
Non appena il ragazzo lasciò la stanza, Way sbuffò e spinse il vassoio contro il muro, facendone rovesciare il contenuto.
Restò a guardarlo per un po'.
Gli avrebbero fatto la ramanzina, forse, però lui non aveva intenzione di raccogliere.
Scosse la testa, no, assolutamente non lo avrebbe fatto.

***

Passarono altri due giorni, Gerard non dava segni di miglioramento.
Erano andati a dirgli "Se non migliori siamo costretti ad affiancarti una persona che ti seguirà tutto il giorno".

Gerard un po' si era preoccupato.

Non avrebbe più avuto i suoi momenti delicati, privati, dove si sedeva a pensare e lo faceva fino al nuovo giorno.
Forse non avrebbe nemmeno potuto appiccicare le gomme da masticare sotto le asse del letto.

Sforziamoci, pensò.

Ma solo una parte di sè pensava quello, ed era una parte non piccola ma di breve durata.
Gerard poteva cambiare abbastanza spesso umore.
La cartella con i suoi documenti e le malattie che gli avevano attribuito ce l'avevano quelli.
La cosa lo faceva arrabbiare.
Ecco, si era già dimenticato di voler cambiare un po' le cose, e un attimo dopo ancora la porta della sua stanza si aprì ed entrò un uomo.
Doveva avere una ventina d'anni, i capelli erano molto scuri e corti e non era molto alto.
Gerard si accigliò un po'; gli sembrava di averlo già visto, ma non ricordava quando.

«Ciao, Gerard.»

Lui restò a guardarlo con la stessa faccia, che cambiò in un'espressione seccata quando ricordò chi fosse.
O almeno ricordò di averlo visto appena era entrato nella sua "nuova casa".
Sarà stato uno degli altri assistenti.
Gerard quindi scrollò le spalle spostando il suo sguardo in basso, non interessato ad ascoltare altri inviti ad uscire.

Patient 102   |   FrerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora