14. Flashback

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Si era alzato a notte fonda, in automatico si diresse in cucina e aprì il cassetto delle posate, sfilando da esso un coltello.

Era stanco. Non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Stanco degli abusi, delle grida, dei "no" detti al vento, del dolore.
Stanco di dover sopportare tutto questo.
Non poteva più andare avanti così.

Le gambe ancora una volta lo portarono in camera da letto. La camera dei suoi genitori.

Alzò il braccio che teneva il coltello, lo strinse forte tra le dita e cominciò a tremare, a singhiozzare.

Ecco, di nuovo, si stava comportando da femminuccia.
Non sapeva essere un vero uomo.
Non sapeva essere cattivo, crudele, nonostante vedesse il male che ognuno di loro faceva, che gli faceva.

Nessuno della sua famiglia lo capiva.
Nessuno lo confortava mai quando gli succedeva qualcosa di brutto fuori di casa.
Nessuno si era mai accorto di quello che suo padre gli faceva di nascosto.

E lui non osava dirlo a nessuno, per non mettere suo fratello in mezzo.
Perché suo padre non aveva mai smesso di ricattarlo e, sapendo quanto ci tenesse a Mikey, ogni volta premeva su quel tasto debole.

Forse fece rumore, perché sua madre adesso era accanto a lui e gli stava facendo abbassare lentamente il braccio.

Suo marito non era mai stato un uomo affidabile, premuroso o simpatico.
Lui e sua moglie, la madre di Gerard, litigavano quasi ogni giorno e l'unica cosa che probabilmente teneva insieme quella famiglia era il loro secondo figlio Mikey.

Ma era all'oscuro di quello che faceva al suo primo, di figlio.

Non si era mai preoccupata troppo per Gerard.

Ecco perché lui li odiava. Perché provava disgusto a stare seduto alla stessa tavola di quelle persone.

Suo fratello nemmeno lo calcolava, era affezionato a loro madre e l'unica cosa che probabilmente avevano in comune era l'odio per il padre.
Però gli voleva bene; era l'unico con cui poteva scambiare qualche parola quando non era indaffarato con le pulizie che lo obbligavano a fare.

Il giorno seguente a questo evento, la donna non riusciva a smettere di piangere.
Ripeteva "Gerard ha qualcosa di sbagliato, sì, lui ha qualcosa di sbagliato" in presenza di Mikey e Gerard stesso.

Il marito era a lavoro, e da quel momento lei si sentiva più tranquilla, ma non riusciva a dimenticare quello che aveva visto la sera prima: Gerard stava per uccidere il suo stesso padre.

Non era una cosa che poteva accettare.

Ma lei non conosceva abbastanza il figlio da sapere che non ci sarebbe mai riuscito realmente.
Gerard non aveva il coraggio né la forza adatta ad uccidere qualcuno al primo colpo, e nemmeno al secondo.

Era stata solo la disperazione a portarlo a fare quel gesto.
E lui si sentiva terribilmente in colpa, sentiva gli organi contorcersi morbosamente, come se gli dicessero che era sbagliato, come se la sua stessa anima lo disprezzasse.

Se ce l'aveva un'anima, dopo tutto quello che aveva dovuto subire.

«Mamma, portiamolo in un centro di recupero. Si riprenderà»

Gerard guardava Mikey e sua madre totalmente scioccato, gli occhi e le orecchie ben aperte, a cercare di analizzare le parole uscire dalla bocca del fratello.

Come poteva proporre una cosa del genere?

Come poteva tradire il fratello che lo aveva visto nascere e che lo aveva cresciuto più di quanto avessero fatto quei due genitori totalmente assenti e privi di amore?

Ma Gerard era talmente tanto scioccato che non riusciva a pensare e nemmeno a parlare.

Si lasciò semplicemente trascinare in quel posto.

Ma varcata la soglia, era già una persona diversa.

Patient 102   |   FrerardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora