CAPITOLO 23 - UNA NOTTE INSONNE

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                                                                          Noa


Era ancora notte, ma mi ero svegliato e non riuscivo a riprendere sonno. Continuavo a girarmi e a rigirarmi nel letto. Avevo sentito dei rumori provenire dalla porta di ingresso.

Tendevo l'orecchio per capire cosa fosse quel baccano, poi mi ricordai del giornale. Erano le 6, l'orario in cui Vincenzo, il proprietario del bar, mi infilava il giornale sotto la porta.

Un giorno quando ero nel suo locale Vincenzo mi guardò e mi disse "Dotto' non c'è bisogno che compri il giornale. Qui al bar ne arrivano due e uno ci basta". Da quel giorno prima di iniziare il lavoro passava sopra e lasciava il Gazzettino del Mezzogiorno. Così era nata la nostra amicizia, con un piccolo gesto, per me di grande valore.

Di solito ritiravo il giornale appena sveglio e lo sfogliavo con tranquillità durante la colazione. Ora però era inutile stare a letto. Decisi di recuperarlo subito e mi sdraiai sulla poltrona in soggiorno per leggerlo.

Lo sfogliavo alacremente, finché una notizia di cronaca mi destò come una doccia fredda e prese tutta la mia attenzione.

"Amore, vieni a letto! Sai che non so stare senza di te".  Arrivava dalla camera da letto la voce di Lara.

Bella quella sera se ne era andata senza salutarmi. La mattina mi ero presentato in ufficio con i ricci arruffati e le occhiaie per il mancato sonno. Non avevo fatto che pensare a lei tutta la notte. Avevo trovato Lara vestita in modo molto appariscente: una gonna di pelle corta, che evidenziava le sue lunghe gambe e portava i tacchi alti. Un abbigliamento decisamente poco indicato per il terreno ghiaioso della Valle dei Templi.

Era più davanti alla mia scrivania che di fronte al suo computer.  Io non me ne sarei neanche accorto se non me lo avesse fatto notare Fabio. Aveva anche iniziato a trattenersi fino a tardi, oltre il suo orario. Una sera che eravamo rimasti da soli, era venuta da me con una scusa. 

"Noa, sai vorrei cambiare un turno. Quello di mercoledì sera. Preferirei venire la mattina. Fabio mi ha detto che possiamo scambiarci."

Alzai lo sguardo dal pc "Perfetto. Se per Fabio va bene, ok!" e ritornai al lavoro sul pc.

Riprese lei "E' che ho una cena ..., ma lui ancora non lo sa."

Finsi attenzione, distogliendomi di nuovo dal battere i tasti "Ah davvero? E cosa aspetti a dirglielo?" la guardai sorridendo.

 "E' che sei tu Noa la persona che voglio invitare a cena. Sai voglio sdebitarmi di quel pranzo che mi hai offerto e mercoledì è la sera giusta anche per mia zia. Non puoi dirmi di no."

Avevo delle urgenze e volevo finire quella lettera quanto prima. La mia vita non era molto emozionante tra lavoro e casa. Bella era sparita. Fabio, pur essendo il mio coinquilino, non era di grande compagnia. Decisi di accettare, anche perché mi sarebbe dispiaciuto deluderla.

Lara viveva in un alto palazzone bianco. Sapevo che viveva nella casa dei cugini e già immaginavo che quella sera ci sarebbe stato un andirivieni di persone a casa. Credevo che ad aprirmi sarebbe stata la zia  e che avrei trovato dentro casa la tipica famiglia allargata siciliana, con cui passare una serata chiassosa e divertente.

Invece fu Lara a rispondermi al citofono e ad accogliermi alla porta. La tavola  era apparecchiata finemente. Notai subito che i piatti erano decorati a mano e la tovaglia era ricamata all'uncinetto. In mezzo al tavolo era disposto elegantemente un centrotavola di fiori freschi con una grande candela profumata che creava un'accennata penombra.

Lara non era di tante parole, ma si era rivelata una brillante padrona di casa. Le pietanze erano ottime e tutte tipicamente siciliane: zuppa di pesce e di secondo pesce spada alla Siciliana. Pasteggiavamo con un Falanghina del Sannio, uno dei vini bianchi che più adoravo e che lei aveva cercato e comprato per me. 

Avevo terminato il secondo quando Lara prese il suo calice e mi chiese "Facciamo un brindisi?"

"A cosa brindiamo?" risposi. 

"Brindiamo a noi" e così dicendo si avvicinò e si sedette su di me, portando il suo bicchiere verso il mio. Aveva un tubino nero stretto, che metteva in evidenza le sue gambe e le sue curve.

Appoggiai il bicchiere e Lara si avvinghiò a me.  La sua lingua danzava dentro la mia bocca in un bacio passionale. 

Sentivo il suo corpo caldo su di me. Stava risvegliando i miei sensi e i miei istinti. Iniziai ad accarezzarla su tutto il corpo e lei me lo permise. Cercavo di capire fino a dove voleva arrivare per non metterla a disagio. Ma fu lei che a un certo punto mi prese la mano e mi portò nella stanza accanto, la camera da letto. Fu così che iniziò la nostra storia.

Lara mi chiamava, ma io non l'ascoltavo. Ero sempre più immerso nella lettura di quella notizia. A Cefalù era accaduto un incendio proprio nella casa della persona che non riuscivo a dimenticare: Bella Ricciardo. Accanto alla notizia una piccola foto di lei, probabilmente scattata senza autorizzazione. Ritraeva Bella mentre parlava con una poliziotta. Aveva un'espressione affranta, ma era sempre bellissima.

Leggevo del lascito della prozia: quella casa che era stata incendiata, probabilmente dolosamente, leggevo della sua famiglia: la figlia e il marito. Più leggevo e più mi rendevo conto di quanto non sapevo di lei  e di quanto non avrei voluto sapere.

Il Segreto del MedaglioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora