Capitolo 8 -IL MEDAGLIONE, BELLA E NOA

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BELLA

Ero seduta all'ingresso, giusto prima del tornello di uscita, curiosa di conoscere l'indizio di Noa.

Mi chiedevo se quella traccia avrebbe potuto risolvere il mistero o sarebbe stato solo uno dei tanti tasselli di un complicato puzzle.

Pensavo a quelle scatole da più di 1000 pezzi. Avevo sempre stimato chi le comprava e si dilettava a mettere assieme le tessere a seconda della sfumatura e della luce, divertendosi a completare pazientemente il puzzle in settimane, se non mesi.

Per carattere non sono una persona calma e paziente, sono irrequieta, mossa e appassionata e questo mio carattere non sopporterebbe un indizio che diventasse un frammento di tanti altri.

Una mano sulla spalla. Era Noa. Sentivo il suo calore, ma esitavo a girarmi, cercando di nascondere il compiacimento e manifestare solo lo stupore.

Mi voltai e dissi un velocissimo "Ciao", abbassando lo sguardo. Mentre lo facevo mi accorgevo, che proprio come succede quando cerchi di mentire, il mio corpo manifestava segnali contrari, inequivocabili e tremendamente evidenti. Sentivo le guance arrossarsi e diventare fuoco, mentre il sangue sembrava che si stesse concentrando tutto verso il viso.

Iniziai a parlare così velocemente e così intensamente, a creare una distanza tra lui e il mio imbarazzo.

Raccontai del medaglione, di mamma, dell'incisione, di Cefalù. Ero quasi in apnea quando terminai. Lo avevo ubriacato di parole, ma lui non sembrava essersene infastidito.

Mi guardò con un'espressione rassicurante e abbassò il capo come ad annuire, per poi rialzarlo in un largo sorriso e proseguì a guardarmi sorridendomi, a lungo.

Fino a quando, con la voce più dolce che avessi mai sentito, mi disse: "Non mi stancherei mai di guardare nei tuoi occhi ci si vede il mare. Si percepisce la tua dolcezza, ma anche l'irrequietezza delle onde."

Quelle parole inaspettate avevano il sapore dell'arcobaleno dopo la pioggia, quella sorpresa che sa di meraviglia e i miei occhi non riuscivano a nasconderla, insieme ad un imbarazzo che nel silenzio si faceva sempre più evidente.

"Dobbiamo sbrigarci, sta venendo buio. Qual è l'indizio che volevi darmi?" Gli chiesi fingendomi insensibile al suo sguardo e alle sue parole.

"Dobbiamo tornare al tempio di Giunone" rispose lui, voltandosi verso l'interno della valle e iniziando a camminare a passo veloce.

Lo seguivo. Cercavo di star dietro al suo camminare svelto, ma mi sentivo in subbuglio. Per la prima volta sentivo le farfalle allo stomaco e un disagio, seppur bello, che non sapevo definire, mi stringeva il petto.

Nonostante fosse già pomeriggio la fame mi era completamente passata e aveva lasciato spazio a una dolce stretta al cuore.

Arrivati di fronte al tempio osservavo il palazzo in cerca di qualche particolare, ma la mia mente continuava a ritornare alle sue dolci parole.

Lui, intanto, si arrampicava fino a raggiungere la parte antistante l'ingresso del tempio.

Potevo vederlo bene nella sua interezza, senza essere vista. Era alto, ma non eccessivamente, aveva le spalle larghe e i muscoli delle braccia definivano nuovi contorni alla sua maglietta.

Ero come rapita da lui e non mi accorsi di quello che accadeva attorno. La luna era apparsa in cielo, nonostante il sole non fosse ancora completamente scomparso. Era tardi. Mancava poco alle 8 di sera.

Presa nei miei pensieri, non mi accorsi che Noa era tornato ed ora era in piedi accanto a me, finché guardammo entrambi verso quel fascio di luce.

L'origine della luce: era il medaglione.

Il riflesso della luna si diffondeva sul medaglione che indossavo e il riverbero della luce si proiettava sulla parete del tempio riproducendo una mappa.

Il Segreto del MedaglioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora