Capitolo 20 - LA CASA DELLA PROZIA

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Bella

Quella mattina ci eravamo alzati presto per andare a vedere la nostra nuova casa a Cefalù.  Solo l'idea mi rendeva entusiasta e mi distraeva, ma mentre facevo le trecce ad Asia, il mio pensiero tornava dritto a lui.

Gliele avrei fatte e disfatte dieci, cento, mille volte, come Penelope tesseva la tela di giorno e la disfaceva di notte per non appartenere a nessuno dei Proci, allo stesso modo io gliele avrei fatte e disfatte per avere il tempo di pensare a lui.

Avevo bisogno di far vagare la mia mente sulle sensazioni vissute e ritrovare quel brivido che mi aveva attraversato da cima a fondo nel suo abbraccio, nel suo bacio. Lui era lontano, ma nella mia immaginazione era ancora lì, che mi stringeva a sé.

Asia mi parlava mentre io mi dimostravo assente, voleva il codino rosa e io le stavo mettendo quello nero, ma il mio gesto era automatico e il mio pensiero altrove fino a quando con tutta la determinazione possibile non si aggrappò al mio braccio facendomi ritornare alla realtà.

"Mamma, non mi piace questo"
"Sì, vado a prendere il fermaglio rosa. "

Mi risvegliai da quel torpore, che la mia mente stessa aveva creato, recuperai il codino rosa e le legai le trecce.

Il viaggio durò meno di quel che avessi creduto. Avevo sintonizzato la radio su frequenze locali, ma non trasmettevano nulla che ci piacesse. Decisi allora di mettere la mia playlist. La feci partire, confermando l'ordine di scelta casuale e la prima canzone fu proprio "Momenti Perfetti". Pensavo tra me e me "E sbaam, eccola a non volermelo proprio far dimenticare" .

John in macchina parlava della vita in Sicilia e della nuova casa, l'idea di avere una nostra casa in Sicilia emozionava anche lui.

Eravamo arrivati nella via. Era l'ultima casa d'angolo, in una via stretta stretta con ciottoli di pietra, dove le macchine più grosse faticavano a passare. Fortunatamente l'auto dei genitori di John era piccola: una vecchia Ford Fiesta, che gli serviva per i piccoli spostamenti nell'isola.

La casa era situata nel cuore della città medievale,a circa 30 metri dal Duomo di Cefalù. Era una piccola palazzina su due piani. Il giardino era poco curato, ma la scalinata all'ingresso era realizzata nella meravigliosa pietra estratta dalla Rocca di Cefalù. Era davvero bella, spaziosa e grande più di quanto l'avessimo immaginata.

Avevamo appena messo piede nell'appartamento quando Asia mi raggiuse e con il suo fare deciso richiamò la mia attenzione.  Ero in soggiorno e stavo pensando a come sistemare gli arredi antichi, ma lei non mi lasciava pace.
Mi chiamava e richiamava senza indugio affascinata da quella nuova casa, voleva mostrarmi ogni spazio che non avevo ancora scoperto.

"Mamma vieni, mamma dai". Io ero troppo occupata per darle retta, ma lei non si dava per vinta e mi tirava per la gonna. Voleva che la seguissi su per le scale. Ora mi diceva: "Mamma bambole". Non capivo, ma Asia non mollava la presa e io mi arrendevo al suo volere.

Il piano superiore era prevalentemente un accatastamento di scatoloni e oggetti. Probabilmente la zia, essendo da sola, non utilizzava gran parte del piano e, oltre la camera da letto e il bagno attiguo, tutto il resto era destinato a cantina. C'erano vari cimeli inscatolati e appoggiata alla parete una bicicletta e una libreria, sui cui scaffali erano poggiate diverse cianfrusaglie.

La zia doveva essere un'accumulatrice seriale e non osava buttare quelli che probabilmente erano stati dei regali. Seguivo Asia spaesata, senza capirne la destinazione.

In un antro dietro ad una sedia c'era un baule. Era ben tenuto, Asia me lo indicava dicendo "Bambole qui" con lo sguardo felice ed entusiasta di chi ha trovato un tesoro.

Non stava più nella pelle, voleva aprirlo.  Io ero ancora ferma impalata, meravigliata della sua scoperta. Sul baule c'era uno strato di polvere. Presi un fazzoletto di carta, lo strofinai ed il baule mi mostrò il suo vero colore, un verde lucido, tra il verde militare e il verde acceso, era chiuso con dei ganci, li aprì, le molle scattarono ed io pian piano alzai il coperchio, quasi incerta, se azzardare a vederne il contenuto.

Era un baule da corredo, con lenzuola e federe. La zia non si era sposata e con tutta probabilità era il corredo che la mamma le aveva preparato per il grande evento e che purtroppo non era mai stato utilizzato.

Asia era rimasta molto delusa, ora si sporgeva dentro con la testa a cercare le sue desiderate bambole, senza rassegnarsi.
Allora iniziai a tirar fuori le lenzuola per farle vedere che non c'erano bambole lì dentro. Le riposi ordinatamente e nel piegarle rimasi colpita da un incavo con una forma tonda, aveva la stessa grandezza del mio medaglione.

Provai ad inserire il medaglione, che avevo al collo, all'interno della fessura, un'intercapedine si aprì e all'interno ci trovai una pergamena arrotolata su se stessa. Mentre l'aprivo la carta  cricchiava, numerose lettere era contenute dentro la pergamena e tenute assieme da uno spago. Ne aprì una, iniziava con "Adorato Zorba", la  zia, che a tutta la famiglia era sempre apparsa come l'eterna zitella, aveva un compagno in Grecia.

Il Segreto del MedaglioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora